La tempesta perfetta continua a sballottare navigatori e relitti del quadro politico nel nostro paese.
A un mese e mezzo dalle ultime elezioni, le classi dominanti e i blocchi politici stentano ancora a trovare la quadra, né sembra delinearsi nel breve periodo un equilibrio sufficiente per mettere fine ad una ingovernabilità che però – è bene sottolinearlo – non è ancora instabilità a causa del “pilota automatico” costituito dalla troika Bce-Ue-Fmi.
Provare a sfoltire la ridda di ipotesi, congetture e operazioni “prenditempo” come i Saggi al Quirinale non è un lavoro semplicissimo. Non lo è sicuramente per gli attori in campo, non lo è neanche per chi non si accontenta dei “vaffanculo a tutti”, sintesi di una certa efficacia ma, come abbiamo visto, non adeguata a fornire alternative credibili.
In primo luogo possiamo affermare che la partita sulla formazione di un nuovo governo non è più quella principale. Da un lato il “pilota automatico” di Bruxelles e Francoforte consente di far gestire al governo Monti l'ordinaria amministrazione; dall'altro gli equilibri/squilibri in campo non consentono – per ora – soluzioni di una qualche solidità. La partita decisiva che ormai si è aperta riguarda la Presidenza della Repubblica.
Se questo è vero, siamo dentro un passaggio significativo. Grazie alle picconate impresse dalla presidenza di Napolitano, si è via via imposta una linea che vede il rafforzamento nella gestione del potere esecutivo da parte del Quirinale. Non siamo ancora ad una repubblica presidenziale (cosa non prevista dalla Costituzione) ma siamo ben dentro un presidenzialismo “de facto”. Dunque, anche se il governo può essere incerto, la Presidenza della Repubblica assicura quella stabilità richiesta dai mercati finanziari e la piena cooperazione con il pilota automatico europeo.
Ciò significa che il prossimo presidente della Repubblica dovrà corrispondere a questi parametri, magari mandando al Quirinale un ex presidente della Commissione europea come Romano Prodi, che offre garanzie ed è assai benvisto dai poteri forti di Bruxelles e Francoforte.
In secondo luogo, i principali partiti (o sarebbe meglio definirli blocchi elettorali vista la commistione degli interessi che vi convivono dentro) sono tutti e tre degli “anelli deboli”.
Berlusconi è ipotecato dal calendario giudiziario, Bersani è indebolito dalle serpi in seno rappresentate dai renziani/veltroniani, Grillo sta disattendendo molte delle aspettative create. A causa delle legge elettorale vigente, nessuno dei tre ha i numeri sufficienti per procedere da solo, nessuno dei tre può allearsi con un altro senza perdere credibilità e consensi, nessuno dei tre si sente sicuro di un risultato decisivo qualora si tornasse alle urne. L'empasse, al momento, è totale. Ragione per cui la partita si è spostata sull'elezione del Presidente della Repubblica e dal rimescolamento di carte che può innescare.
Infine, non certo per importanza, preoccupa e deve preoccupare la disgregazione sociale che continua a macerare strati sempre più ampi di società.
Tre milioni di giovani certificati come “Neet” ossia senza scuola, lavoro o formazione; stagnazione economica; disoccupazione strutturale; crollo di salari, consumi, potere d'acquisto, determinano le condizioni materiali di una frammentazione sociale che diventa anche vuoto politico. E se in natura il vuoto non esiste, in politica i vuoti si riempiono sempre, anche quando sembrano evanescenti.
Il problema è con che cosa e da cosa vengono riempiti. Non possiamo nasconderci che, almeno nella storia europea, le forze più reazionarie sono quelle più rapide nell'occupare il vuoto. Quelle rivoluzionarie – ad eccezione della Rivoluzione d'ottobre nel lontanissimo 1917 – molto spesso hanno drammaticamente stentato a cogliere le opportunità offerte dalla crisi di egemonia delle classi dominanti. Su questo, magari più che sulle alchimie istituzionali dell'avversario, occorrerebbe concentrare la discussione e l'azione politica nei prossimi mesi.
Per quanto ci riguarda intendiamo cominciare a farlo con la conferenza annuale della Rete dei Comunisti del prossimo 21 aprile a Roma, contiamo di non essere né di farlo da soli, sappiamo di non essere sufficienti per avviare una controtendenza efficace.
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