Mentre il mondo occidentale affila le armi contro il regime del
presidente siriano Bashar al-Assad, le Nazioni Unite accusano i
"ribelli" dell'utilizzo di gas nervino, la cosiddetta "linea rossa" per
la quale Damasco rischia l'intervento esterno.
Ieri la commissione di inchiesta sulla Siria dell'Onu ha presentato un rapporto nella quale una
serie di testimonianze raccolte tra lo staff medico siriano indicano
l'utilizzo di armi chimiche da parte dei gruppi di opposizione. Nessuna
prova, invece, che tali armi siano state usate anche dal governo
siriano.
A presentare il rapporto è stata Carla Del Ponte, ex procuratore del
Tribunale Internazionale per la ex Jugoslavia: "I nostri investigatori
sono stati nei Paesi vicini per intervistare vittime, medici e ospedali
da campo e, secondo i rapporti che hanno presentato la scorsa settimana,
ci sono sospetti concreti e forti - seppur non prove
incontrovertibili - dell'utilizzo di gas nervino. L'uso è avvenuto da
parte delle opposizioni, dei ribelli, e non del governo".
I giorni scorsi sono stati caratterizzati da una tensione latente, dopo
le deboli accuse mosse da Washington al presidente Assad: Obama aveva
più volte ripetuto di avere in mano elementi che facevano pensare
all'utilizzo di armi chimiche, senza però poter specificare chi, quando e
dove fossero state utilizzate. Un modo delicato, forse, per preparare un intervento esterno dopo due anni di guerra civile.
E se Obama non aveva ancora intenzione di lanciare un vero e proprio
intervento esterno, come al solito, Tel Aviv ha agito indisturbata. Due notti di attacchi quelle perpetrate dall'aviazione israeliana contro Damasco, sabato e domenica. Oggi i venti di guerra tacciono, ma
Israele si prepara: due batterie anti-missile Iron Dome sono state
posizionate al confine Nord del Paese, ad Haifa e a Safed. I voli civili
verso il Nord d'Israele sono stati temporaneamente cancellati, fino a
giovedì.
Un'azione-reazione seguita alle parole del ministro dell'Informazione
siriano, Omran Zoubi: "L'aggressione israeliana apre le porte ad ogni
possibilità e conferma l'organica correlazione tra i gruppi terroristi e
il nemico israeliano". Da parte sua il vice ministro degli Esteri ha definito l'aggressione al pari di una dichiarazione di guerra.
L'iniziativa israeliana, secondo fonti diplomatiche europee e
statunitensi, non era esplicitamente nota ai governi occidentali.
Israele aveva avvertito che avrebbe potuto agire in futuro per fermare
il trasferimento di missili ad Hezbollah, ma senza indicare quando né
come. Tel Aviv non aveva avvertito nessuno, tanto meno Washington,
dell'azione: un funzionario dell'intelligence Usa, in condizione di
anonimato, ha detto che gli Stati Uniti hanno saputo dei raid solo "dopo
il fatto".
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