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11/05/2015

Yemen - Gli Houthi accettano la tregua. ONG: "l'Arabia Saudita affama il paese"

Il movimento ribelle sciita Houthi ha accettato la proposta di tregua mossa venerdì scorso dall’Arabia Saudita. Ad un mese e mezzo dal lancio dell’operazione militare contro lo Yemen, “Tempesta decisiva”, che ha già ucciso oltre 1.300 persone e ne ha rese 300mila rifugiate, Riyadh – insieme agli Stati Uniti – ha pensato fosse tempo di una tregua per portare aiuti umanitari alla popolazione civile. Un’operazione che non ha mai avuto l’avallo ufficiale dell’Onu, ma che è stata subito accettata come legittima dalla comunità internazionale.

Ieri pomeriggio gli Houthi, finora rimasti in silenzio, hanno fatto sapere di voler accettare la proposta di cessate il fuoco di cinque giorni, che dovrebbe iniziare domani: il colonnello Sharaf Lugman, portavoce del movimento, ha però chiarito che gli sciiti riprenderanno le armi se i fedelissimi del presidente Hadi o l’aviazione saudita romperanno la tregua.
“Ogni violazione militare del cessate il fuoco da parte di al-Qaeda e di quelli che la appoggiano riceverà una risposta”, si legge nel comunicato stampa emesso ieri dal movimento ribelle. L’annuncio è arrivato nelle stesse ore in cui i jet militari della coalizione anti-sciita bombardavano la casa dell’ex presidente Saleh, accusato da più parti di sostenere il movimento. Ieri lo stesso Saleh ha voluto confermare: “Non ero un alleato di Ansurallah [gli sciiti Houthi], ma oggi annuncio che gli yemeniti sosteranno tutti coloro che difendono le risorse della nazionale”, ha detto in un intervento in un canale televisivo a lui vicino. Saleh è apparso in tv, microfono alla mano, di fronte alle rovine della propria casa, distrutta poco prima in un raid saudita.

E mentre la popolazione civile yemenita attende l’entrata in vigore della tregua, proseguono le azioni militari, incessanti dal 26 marzo. Ai bombardamenti sauditi, che ancora ieri hanno colpito l’intero paese, si è aggiunta la notizia della scomparsa di un jet F16 del Marocco, tra i paesi che hanno aderito alla coalizione anti-Houthi guidata da Riyadh e Il Cairo. L’aereo non è rintracciabile da ieri, stamattina è giunta la conferma da parte delle forze armare marocchine: l’F16 è scomparso ieri pomeriggio alle 18, ma non è dato sapere cosa sia esattamente accaduto. L’agenzia di Stato Saba, occupata dai ribelli sciiti, non ne ha dato notizia.

Una guerra regionale con obiettivi che vanno ben al di là del mero controllo dello Yemen (strategico dal punto di vista politico e geografico) di cui paga le spese solo il popolo yemenita: “L’impatto sulle infrastrutture civili è devastante – ha detto sabato il coordinatore Onu per lo Yemen, Johannes Van Der Klauuw – Molti yemeniti oggi sono privati dell’accesso a servizi base, inclusi trattamenti medici, cibo, acqua” e sono oggetto “del bombardamento indiscriminato” da parte della coalizione.

Il blocco navale e aereo imposto da Riyadh ha fatto collassare del tutto il paese, il più povero del Medio Oriente, dipendente dalle esportazioni estere e dagli aiuti internazionali (il 60% del carburante utilizzato nel paese arriva dall’estero, insieme al 90% del grano e al 100% di riso). In Yemen manca tutto: acqua potabile, cibo, medicinali e carburante necessario al funzionamento delle rete elettrica. L’Arabia Saudita ha interrotto fin dall’inizio dell’operazione militare l’ingresso di carburante: le stazioni di benzina nella capitale Sana’a sono a secco e quel poco di carburante ancora disponibile nel nord del paese ha raggiunto prezzi inaccessibili per la popolazione.

La mancanza di benzina – denunciano le Nazioni Unite e Medici senza Frontiere – impedisce alle poche organizzazioni presenti nel paese di distribuire gli aiuti umanitari ai civili ed è tanto grave da far immaginare a breve un black out totale dell’energia elettrica. Impossibile anche far funzionare i sistemi di depurazione dell’acqua, seria minaccia alla diffusione repentina di malattie.

“Anche prima di questa guerra viziosa milioni di yemeniti andavano a dormire affamati – ha detto Grace Ommer, direttore dell’ong Oxfam in Yemen – Ora il rischio di morire è doppio: per le bombe e per l’embargo de facto imposto ad un paese che importa il 90% del cibo che consuma. Si sta svolgendo una catastrofe umanitaria”.

Riyadh, ovviamente, si difende: il blocco navale e aereo, dice, è la normale conseguenza dell’applicazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che ha votato a favore dell’embargo militare contro gli Houthi. Una chiave di lettura originale quella fornita dall’Arabia Saudita: per impedire l’arrivo di armi agli sciiti, affama la popolazione civile. Dietro resta il fallimento militare della coalizione anti-sciita che dopo un mese e mezzo di bombardamenti a tappeto non è riuscita a frenare l’avanzata del movimento ribelle.

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