Tra Siria e Iraq il fronte delle alleanze rivali si fa di giorno in
giorno più chiaro: mentre la coalizione continua con stanchi raid da una
parte all’altra del confine, incapaci di modificare gli equilibri di
forza sul terreno, a combattere faccia a faccia sono l’asse sciita e
quella islamista. Da una parte governo di Damasco, Hezbollah e milizie
sciite irachene sostenute direttamente dall’Iran; dall’altra la vasta
compagine delle milizie jihadiste, riunite in alleanze di fortuna o
divise da interessi avversari.
I fronti sono due e l’obiettivo è condiviso: il controllo
dello stesso territorio. Così, dopo Aleppo in cui infuria la battaglia
tra esercito di Damasco da una parte e Ansar al-Sharia (neonata
coalizione di 13 gruppi islamisti guidata dai qaedisti di al-Nusra) e
l’alleanza delle opposizioni moderate locali dall’altra, sabato il
presidente Assad ha riaperto un campo di battaglia mai chiuso: la
regione di Qalamoun, al confine con il Libano. Da due giorni
truppe siriane, miliziani sciiti iracheni e combattenti di Hezbollah
stringono l’assedio sulla città di Zabadani, comunità a soli 12 km dalla
frontiera (lungo l’autostrada Damasco-Beirut) e principale via di
transito verso il poroso confine libanese. La città, che dista 50 km
dalla capitale, è dal 2012 in mano alle opposizioni di Damasco, prima
occupata da quelle moderate e oggi dal Fronte al-Nusra.
Stamattina siriani e sciiti libanesi si sono ulteriormente avvicinati
al centro di Zabadani, stringendo l’assedio sui miliziani di al-Nusra:
la città è circondata da montagne e l’isolamento in cui l’esercito di
Damasco sta costringendo il nemico impedisce l’arrivo di rinforzi. La
preda è succosa: la presa di Zabadani (da tempo via di rifornimento di
Hezbollah di armi provenienti dall’Iran) garantirebbe il controllo quasi
totale del confine siriano-libanese e indebolirebbe l’avanzata di
al-Nusra i cui sforzi di conquista ad Aleppo e alla frontiera sono
dettati dalla volontà di scalzare l’Isis e sopravvivere ai tentativi del
califfo di fagocitarne milizie alleate e uomini. Lo si è visto
bene sabato quando un presunto attacco dell’Isis ha ucciso 30 miliziani
di al-Nusra (tra cui un leader militare) riuniti in preghiera in una
moschea di Idlib, da maggio in mano al gruppo qaedista.
Centrale resta la provincia, grande e strategica, di Homs, tuttora
campo di battaglia tra tutti gli attori coinvolti nel conflitto siriano:
al centro del paese, lo attraversa, andando a toccare con i suoi
confini le frontiere con l’Iraq a est, con la Giordania a sud e con il
Libano a ovest. Attualmente divisa tra il controllo di Isis, al-Nusra e
Damasco, la provincia di Homs sarà ago della bilancia perché da Aleppo o
dal confine libanese – nella regione di Qalamoun in cui oggi si
combatte – o da Palmira (distretto provinciale in mano al califfo)
potrebbe partire l’offensiva decisiva verso il cuore della Siria.
Nelle stesse ore, mentre infuriava la battaglia in Siria, a
sfidare l’asse sciita in Iraq era lo Stato Islamico: il teatro resta la
strategica raffineria di Baiji, contesa da oltre un anno tra esercito di
Baghdad e Isis. Nella notte tra sabato e domenica un gruppo di
kamikaze ha preso d’assalto la città che la ospita, costringendo le
milizie sciite (che, mosse dalla longa manus iraniana, conducono la
controffensiva contro il califfo) ad arretrare e lasciare il centro di
Baiji. Secondo l’esercito iracheno però le unità di mobilitazione
popolare sciite stanno già preparando una risposta: rinforzi sono in
arrivo e i tre quartieri della città dove mantengono salde le posizioni
sono al sicuro.
Target degli estremisti tornava ad essere anche Baghdad: tra sabato
sera e ieri sera una serie di esplosioni ha colpito la capitale, in
particolare ristoranti e cafè in quartieri a maggioranza sciita, nelle
ore affollate della fine del Ramadan. Quindici i morti totali, decine i
feriti.
AGGIORNAMENTO ore 13.20 – L’ISIS PRENDE LA CITTA’ DI AIN ISSA, STRAPPANDOLA AI KURDI
Oggi lo Stato Islamico ha occupato la città di Ain Issa, vicino
Raqqa, strappandola al controllo delle unità di protezione popolare
kurde Ypg e Ypj. L’offensiva ha avuto successo nonostante due giorni di
intensi raid della coalizione guidata dagli Stati Uniti. L’Isis ha preso
Ain Issa, che era stata liberata solo due settimane fa dalle Ypg.
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