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16/04/2016

Egitto - Opposizioni in piazza contro Al-Sisi

di Chiara Cruciati – Il Manifesto

Dalla rete alla piazza il passo è breve: il Movimento 6 Aprile, leader della rivoluzione del 2011 (dichiarato organizzazione terroristica, i suoi esponenti tutti in carcere), ha annunciato per oggi una manifestazione in Piazza Tahrir e in altre province egiziane contro la cessione delle isole del Mar Rosso, Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita. Sotto lo slogan «Sopra i nostri cadaveri», i sostenitori del movimento si ritroveranno a Tahrir dopo essere partiti da 30 diverse moschee del Cairo. Hanno già aderito molti movimenti di base, i socialisti rivoluzionari, il partito al-Dustour (fondato dal premio Nobel al-Baradei), il nasseriano Popular Current Party e i Fratelli Musulmani, considerati terroristi dal governo. Gli organizzatori puntano ad un milione di manifestanti.

Manifestazione, ovviamente, non autorizzata dal Ministero degli Interni che dichiara all’agenzia al-Bawaba di non aver ricevuto alcuna richiesta: la legge promossa da al-Sisi vieta proteste senza via libera del governo. Poco dopo viene pubblicato un avvertimento ufficiale: non scendete in piazza, scrive il Ministero degli Interni. «Facciamo appello ai cittadini: vi mettiamo in guardia contro ogni tentativo di violare la legge o saranno prese le misure necessarie a garantire la sicurezza».

Il rischio è che la protesta dia l’opportunità alla polizia di intervenire con la violenza, come spesso accaduto dal luglio 2013 ad oggi. Massacri e arresti di massa che mercoledì un rapporto di Human Rights Watch ha in parte fotografato: dall’ottobre 2014 almeno 7.420 civili sono stati giudicati da corti militari, spesso in processi di massa che – dice l’organizzazione – «violano il diritto fondamentale ad un giudizio equo» e «accelerano la repressione degli oppositori».

Fondato sui dati raccolti dall’associazione indipendente Egyptian Coordination for Rights and Freedom, l’Hrw riporta di confessioni strappate sotto tortura e di 86 minorenni in giudizio, grazie all’autorità regalata da al-Sisi alla sicurezza interna con la legge anti-terrorismo che pone ogni proprietà pubblica – comprese strade e piazza – sotto giurisdizione militare.

Solo un giorno prima il presidente aveva assicurato: «Il problema più grave dell’Egitto non è la libertà di espressione». Ieri i media hanno risposto al presidente e all’accusa di propaganda. Nel mirino della stampa, molto più del caso Regeni, c’è la cessione delle due isole a Riyadh. Per al-Sisi l’ancora di salvataggio dalla crisi economica, per l’opinione pubblica una vergognosa violazione della sovranità. Tra i più critici c’è il quotidiano del governo al-Ahram che in un editoriale di Osama al-Ghazaly Harb rigira la questione: «La colpa non è dei media, ma del governo».

Sul Daily News Egypt le reazioni sono lasciate agli analisti: «Il presidente getta le responsabilità sui media, senza guardare ai fallimenti dovuti alla sua cattiva gestione e alla mancanza di esperienza – dice il commentatore politico Ammar Ali Hassan – Temo che la prossima volta manderà un messaggio più diretto, misure contro gli oppositori».

Ma è sui social network che il popolo egiziano si prende gioco del presidente-golpista: vignette che ritraggono il monarca saudita portarsi via le due isole su un tappeto volante a forma di dollaro e tweet sui regali di Riyadh al presidente e ai ministri egiziani. Orologi Rolex da 150mila e 300mila dollari, riporta il sito Middle East Observer, e Tissot da 1.500 dollari a oltre 500 membri del parlamento. Intanto una petizione online contro la cessione ha già raggiunto quasi 20mila firme.

Eppure Il Cairo del golpe gode ancora di protezione internazionale. Così si comprende l’ostinata spavalderia di al-Sisi nei confronti di un alleato come l’Italia: ha salvagenti a cui aggrapparsi. Ha l’Arabia Saudita e i suoi 20 miliardi di dollari in investimenti; ha la Francia pronta a sostituire Roma come primo partner europeo nel settore commerciale e militare (basta buttare un occhio alle ambizioni belliche di Parigi nella vicina Libia); ha la Banca Mondiale che ieri ha dato il via libera al primo di tre miliardi di dollari di prestito per sostenere la traballante economia egiziana.

E ha l’Unione Europea che, pur condannando l’omicidio di Giulio, non discute le relazioni con il principale partner nel Mediterraneo del Sud: dal 2004 ad oggi il commercio bilaterale è raddoppiato, con un apice di 24 miliardi di euro nel 2012. Tra le importazioni crescono carburante, tessile e prodotti chimici; nell’export servizi di terziario e macchinari.

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