Il Corriere della Sera dello scorso 7 febbraio svela, con un semplice quanto immediato titolo, il senso della vicenda Trump, con buona pace di chi, in buona fede, porta
acqua al mulino di quello stesso populismo che vorrebbe combattere. “97
giganti sfidano Trump”, per poi specificare poche righe più in basso: “è
nato un imponente fronte economico, politico e giuridico contro di lui
destinato a creargli grossi problemi. Mettendo insieme rivalità e
interessi divergenti, 97 aziende tecnologiche sono scese in campo
compatte contro una misura che ostacola l’assunzione di “cervelli”
stranieri, linfa vitale della loro attività. Tutti i big – da Apple a
Facebook, da Google a Microsoft – hanno firmato la petizione a supporto
della causa all’esame dei giudici di San Francisco [contro il cosiddetto “Muslim Ban”, N.d.A.]: il decreto Trump danneggia loro e tutta l’economia americana”.
Questa vicenda chiarisce alcuni caratteri dello scontro politico di questi anni:
1) i flussi migratori sono funzionali al capitale, e non contro di esso, e quando questi vengono limitati i primi a
preoccuparsene sono quegli agenti economici che prosperano sui migranti
stessi. Questo è un fatto centrale della nostra epoca, e implica il
fatto che “esaltare” i suddetti flussi, come se corrispondessero a
libere scelte di vita, significa supportare ideologicamente gli
obiettivi del capitalismo, che si basa proprio su quei flussi. Il
razzismo inerente al fenomeno migratorio non serve a
stroncarlo, ma a ridurre i diritti sociali dei migranti, così da
garantire condizioni di produttività migliore.
2) L’opposizione al
populismo trumpista mette oggi immediatamente contro gli interessi del
grande capitale (rappresentato politicamente dalle forze “democratiche”)
a quelli delle popolazioni impoverite da tali interessi (rappresentate
politicamente dalle varie sfumature del populismo). In questo scontro
ogni soggetto minimamente antagonista o rivoluzionario non può in alcun
modo assecondare gli interessi del grande capitale, pena, da un lato,
l’avversione di quei settori popolari che pure si vorrebbero
rappresentare, e dall’altro assumere il ruolo di servo sciocco di un
sistema che sfrutta la santa alleanza democratica in funzione della
pervasività dei processi liberistici.
3) Oggi questa santa alleanza è un
dato di fatto, come rilevato persino dal Corriere (“è nato un
imponente fronte economico, politico e giuridico...), e non saranno
cavillosi distinguo, d’altronde comprensibili solo a ristrettissime
cerchie di addetti ai lavori, a metterla in crisi o a cambiarla di
segno. E’ una santa alleanza che veicola gli interessi capitalistici
attraverso retoriche cosmopolitiche tipiche della sinistra europeista
post-moderna. Facciamocene una ragione.
4) Non esiste sinistra che non
proceda attraverso la demolizione di questa alleanza, e che nel concreto
affermi che Trump è un pericolo evidente, ma le élite liberiste sono peggiori del
populismo incarnato da Trump, perché dello stesso segno economico ma
molto più pervasive culturalmente. Ogni critica a Trump, per essere
credibile e “di sinistra”, deve partire dall’individuazione del
liberalismo capitalistico come principale problema per il progresso
dell’umanità. Non ci sono piazze insieme, minimi comun denominatori,
appelli condivisi o sinergie tattiche possibili col nemico principale, proprio perché principale.
Oggi in cui, invece, regna una confusione interessata, che agita la bandiera
dell’antirazzismo in maniera deviata e mistificata, abbiamo una
sinistra unita ai centri del potere capitalistico contrapposta al
rancore popolare tradotto nella sua forma reazionaria. Due sventure, ma
la seconda rimane in ogni caso il luogo dove la sinistra potrà
risorgere, sottraendo la bandiera dell’antirazzismo dalle mani dei ceti
liberal che la impugnano oggi. La prima descrive solo la traiettoria
della sinistra post-moderna da un trentennio a questa parte. I risultati
di questo trentennio sono sotto gli occhi di tutti. Non sono i concetti
di “sinistra” e “destra” ad essere entrati in crisi, ma i traduttori
politico-parlamentari di questi concetti: la “sinistra” parlamentare,
nella sua forma liberal-democratica o dirittocivilista, è diventata la
destra liberista. E con la destra liberista non è possibile nessuna
alleanza.
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