Il presidente della Regione Toscana è
ancora Enrico Rossi. È uscito dal partito che gli aveva garantito la
vittoria alle ultime elezioni, ma non ci pensa neanche a dimettersi
dalla carica, come sarebbe doveroso. Al PD del resto sta
benissimo così. Andare a nuove elezioni ora sarebbe un salto nel buio,
per cui meglio fargli finire il secondo mandato, mancano ancora tre anni
e tante cose possono accadere. Prima ci saranno le elezioni politiche e
tante altre scadenze che creeranno nuovi equilibri. Tanto ormai Rossi è
un “dead man walking” e l’assessorato alla sanità, quello che
controlla quasi l’80% delle risorse regionali, è saldamente in mano ai
renziani nella persona della democristiana Stefania Saccardi. E
i prossimi saranno tre anni di guerra per bande anche all’interno dello
stesso campo renziano, che non sembra affatto granitico come qualche
tempo fa. E si dice che i transfughi di MDP stiano già inciuciando con
il loro vecchio partito nonostante le polemiche che tanto piacciono al
telespettatore medio.
Nel 2015, lo ricordiamo, il PD raccolse il 48% dei voti
ma una legge truffaldina evitò il ballottaggio, che era previsto nel
caso che nessun candidato raggiungesse il 40% e non come accade di
solito il 50%. Appena rieletto, Rossi si impegnò subito
nell’impresa di disinnescare il referendum che decine di migliaia di
cittadini avevano chiesto per abrogare la sua controriforma della sanità,
un obbrobrio di cui ora, dopo quasi due anni di attuazione, sono ancora
più evidenti a tutti gli errori e i veri obiettivi. Lo fece sostituendo
il collegio di garanzia e approvando in fretta e furia una legge che
abrogava quella sottoposta a referendum, ma ne lasciava inalterati i
principali contenuti. Uno scippo vero e proprio insomma.
Rossi prima delle sue disavventure con i renziani è stato il padrone assoluto della sanità toscana per quindici anni.
Da quando cioè nel 2000 fu nominato assessore regionale al ramo durante
la presidenza Martini. E in questi anni la sua gestione si è
caratterizzata per estremo autoritarismo, scarsa trasparenza, sprechi,
tagli, ma tramite un marketing politico martellante è stato inventato un
inesistente “modello toscano” efficiente ed egualitario.
La futura moglie nominata
direttore generale a Siena e poi inquisita per abuso d’ufficio, il buco
di 400 milioni all’ASL di Massa Carrara, la creazione di carrozzoni come
l’ESTAR o le Società della Salute, ticket tra i più alti d’Italia e
liste d’attesa infinite che impongono ai cittadini il ricorso al
privato, la costruzione di nuovi ospedali con il meccanismo del project
financing, anche questo pensato come cavallo di troia del
privato, sono solo alcuni dei grandi risultati ottenuti da Rossi alla
guida della sanità. E poi il colpo di genio finale, con le ASL smantellate e accorpate in enti dalle dimensioni tanto mostruose da paralizzarne il funzionamento,
come in questo momento stanno sperimentando sulla propria pelle
lavoratori e cittadini. Una manovra giustificata in modo demagogico con
la riduzione delle cariche dirigenziali, quando si sapeva bene che i
direttori generali, amministrativi e sanitari in stragrande maggioranza
sarebbero rientrati nel loro ruolo di dirigenti guadagnando forse più di
prima.
Questo lungo excursus sulle imprese di Rossi ci serve a introdurre un commento all’intervista
che il reuccio di Bientina ha rilasciato alla Stampa, intitolata
“Rossi: sulla sanità abbiamo tagliato troppo. Ormai vicini al punto di
rottura”. Il contenuto è davvero curioso. Rossi sottolinea che “la spesa nazionale è pari a quella del 2011, siamo sotto la media europea e questo non era mai accaduto”. Che “i
reparti sono organizzati al limite: basta una malattia improvvisa, un
cambio nei piani ferie all’ultimo momento per precipitare
nell’emergenza” e che “bisogna tornare a fare assunzioni mirate, rinnovare i contratti bloccati da sei anni”. Che “i piani di rientro sono stati spesso delle cure da cavallo che hanno ucciso il paziente”.
Non sappiamo se davvero Rossi spera
ancora, sparando questi proclami sulle colonne di un quotidiano
nazionale, di lanciarsi nel firmamento della politica romana o europea.
Le voci che ci arrivano non sono molto incoraggianti per lui, che ormai sembra sia stato scaricato da tutti.
C’è anche un’altra ipotesi e cioè che queste dichiarazioni derivino da
qualche terribile disturbo della personalità, una vera e propria
schizofrenia che peraltro non stupirebbe nessuno, visti i continui eccessi di rabbia a cui Rossi ci ha abituato in tutti questi anni (e
anche qui il marketing politico ha avuto successo costruendo il
personaggio del politico tutto d’un pezzo, “decisionista” e
intransigente).
Comunque sia, le dichiarazioni
di Rossi suonano veramente come una beffa per milioni di cittadini
toscani di cui è ancora il presidente. Se vuole cambiare rotta, sa come
fare. Se non ha le mani libere e si sente solo un pupazzo nelle
mani di poteri più forti di lui, si dimetta e vada a fare
qualcos’altro. Tanto per male che gli vada gli daranno qualche incarico
secondario e di sicuro non dovrà preoccuparsi, per la prima volta in
vita sua, di cercarsi un lavoro fuori dalla politica.
Noi da parte nostra non ne sentiremo la mancanza.
Redazione, 14 agosto 2017
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