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05/03/2018

Io sono soddisfatto, e vi spiego perché

Perché in soli tre mesi e mezzo siamo riusciti a convincere centinaia di migliaia di persone. Partendo dal nulla, senza soldi, senza contatti, con il boicottaggio dei media, osteggiati da fascisti, polizia, mafiosi...

Centinaia di migliaia di persone, di volti, di storie, che hanno votato per noi che non potevamo promettere nulla, nelle elezioni oggettivamente più a destra della storia della Repubblica – 18,30% la Lega, 1,3% i due partitini neonazisti, 4,5% Fratelli d’Italia... senza contare la valanga dei 5 Stelle che negli ultimi anni sulla retorica securitaria e anti-migranti hanno costruito la loro impalcatura.

Sono soddisfatto perché abbiamo tenuto nonostante ci abbiano fatto scomparire negli ultimi nove giorni decisivi di campagna elettorale, nonostante un’affluenza alta, nonostante i 5 Stelle che proprio dove noi eravamo più forti prendono delle cifre inaudite (54% a Napoli, 47% al Sud) e ci fanno campagna contro...

Sono soddisfatto perché non era umanamente possibile fare di più. Perché abbiamo dato il massimo, e non abbiamo alcun rimpianto. Perché se non ci fosse questo baluardo di centinaia di migliaia di voti a ricordarci che esiste chi non si è arreso alla barbarie, a guardare i risultati stamattina staremmo anche peggio, più depressi...

Non potevamo nel giro di un’elezione risolvere tutti i problemi che la sinistra ha lasciato insoluti per 40 anni. Ma potevamo – e dovevamo – cogliere l’occasione per iniziare a sperimentare e costruire qualcosa di nuovo.

Ora, fatto il primo passo – che era in controtendenza con quello che di solito ha fatto la sinistra, ovvero: riaggregare, lottare gomito a gomito –, dobbiamo fare il secondo: continuare, strutturare.

Lo scenario politico e sociale che si profila è uno scenario instabile, che quindi apre possibilità. Ma la lezione di questi 10 anni di crisi è che l’instabilità non la rendi produttiva se non hai radicamento sul territorio, prospettiva e organizzazione.

Con questo passaggio elettorale non solo abbiamo iniziato a far vivere temi diversi fra le masse, a far sentire un’altra voce, ma abbiamo iniziato a costruire lo strumento che ci permetterà di spingere la lotta di classe dove non c’è, di direzionarla efficacemente dove si manifesta, di farla sedimentare una volta terminata la fase acuta del conflitto.

In tre mesi e mezzo siamo passati dall’essere collettivi sparsi, comitati, associazioni, pezzi di partiti, a un embrione di organizzazione fatto da 10.000 militanti e conosciuto da qualche milione. Ci sarebbero voluti anni o una grande mobilitazione di piazza per ottenere lo stesso risultato...

Quindi bene così. Se siamo bravi, riusciremo in breve tempo a dare maggiore unità e forza ai nostri nodi territoriali; aumentare il livello di analisi e di dibattito culturale; aumentare il nostro impatto mediatico; far salire qualitativamente le nostre pratiche di mutualismo, sindacalismo sociale, controllo popolare; di metterci davvero al servizio delle masse ed essere riconosciuti da loro...

Non parliamo di anni, parliamo di un lavoro che, se portato avanti con lo stesso entusiasmo di questi mesi, può concretizzarsi entro settembre/ottobre.

Se vogliamo essere rivoluzionari non dobbiamo trasferirci in un mondo incantato, ma analizzare la situazione e cercare di creare, con il materiale che c’è, una sequenza di storia nuova.

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