Il dibattito sulle elezioni europee entra sempre più nel vivo in Francia.
Alcuni avvenimenti marcano in maniera abbastanza netta lo scenario che si sta configurando da qui ai prossimi mesi ed avranno sicuri riflessi nel dibattito politico italiano.
Accenniamo qui in sequenza i fatti che andremo ad analizzare nel corso del contributo per dare subito un quadro di ciò che si sta determinando.
Il primo dato su cui ragionare è l’intervista a Alexis Tsipras, per il settimanale francese “Le Point”, all’interno di un ampio dossier che il giornale, nel numero uscito il 28 giugno, dedica alla Grecia dal titolo significativo: Grèce, la rennaissance, in cui viene affrontato l’operato del governo greco al suo secondo mandato.
Lo speciale del giornale francese e l’intervista al leader di Syriza avviene a tre anni dal referendum del 5 luglio del 2015 in cui il popolo greco, nonostante la pressione delle élites della UE, si espresse a maggioranza per rifiutare le condizioni dettate dalla “Troika” in cambio di un sostegno supplementare, bocciando il memorandum proposto da Bruxelles.
Nel corso di questo entretien vi è un attacco esplicito a Mélenchon e alla France Insoumise, in cui Tsipras ribadisce l’assoluta mancanza di relazioni con la formazione francese e incalza il giornalista ponendo questa domanda: “cosa pensate che avrebbe fatto se avesse vinto le elezioni presidenziali?”
In sostanza, Tsipras crede che il leader della FI non avrebbe avuto “voglia di governare”.
Bisogna ricordare, che la FI – alle presidenziali vinte da Macron – ha sfiorato il 20%, non è però riuscita ad andare al ballottaggio e non ha volutamente dato indicazioni di voto per la “sfida a due” in cui al leader di “En Marche” era contrapposta Marine Le Pen.
La risposta alle dichiarazioni di Tsipras non si sono fatte attendere.
In un tweet apparso il giorno stesso è direttamente Mélenchon che ribadisce:
“Alexis Tsipras, contrariamente a te noi vogliamo governare e non essere sottomessi. No, noi non vogliamo governare come te contro i pensionati, i dipendenti pubblici e l’indipendenza del paese”.
Qualche ora prima, come riporta il sito di informazione Regards.fr, era stato il deputato della FI Adien Quatennens a prendere pubblicamente parola: “Voglio rassicurare Alexis Tsipras. La logica e le tappe che noi raggiungiamo mirano a dare la dimostrazione concreta della nostra capacità di governare”.
L’ultimo giorno del Congresso del Partie de Gauche, i delegati della formazione creata da Mélenchon nel 2008, successivamente alla sua uscita dal partito socialista, avevano deciso con 208 voti contro 2 e 3 astenuti di uscire dal Partito della Sinistra Europea (SE-EL l’acronimo in italiano, PGE in francese) in cui era entrato nel 2010. Il Partito della SE era stato creato nel 2003 e raggruppa una trentina di formazioni comuniste, rosso-verdi, socialiste o democratiche di sinistra, di 17 stati membri dell’Unione Europea e 4 esterni.
Come riporta il sito d’informazione francese Politis.fr: alla fine del suo successivo congresso, rispetto all’adesione, il Partie de Gauche aveva temporaneamente sospeso la sua partecipazione al Partito della Sinistra Europea per protestare contro la conferma di Pierre Laurent, comunista francese, alla presidenza di questa formazione, in quanto quest’ultimo avrebbe fatto campagna “dietro il PS” alle elezioni amministrative a Parigi. Prima di raggiungerlo nuovamente per la campagna europea del 2014 di cui il candidato della Sinistra Europea alla presidenza della Commissione europea era proprio Alexis Tsipras. La dichiarazione adottata domenica ricorda che – come riporta Politis.fr – “Il Partie de Gauche ha interpellato l’esecutivo del Partito della Sinistra Europea sul mantenimento di Syriza all’interno del Partie de Gauche Europeenne (PGE)”.
Il PG ha dunque preso atto del rifiuto della sua richiesta e delibera la sua uscita dal Partito della SE, considerando che: “la fase chiama più che mai alla chiarificazione di fronte alla politica di austerità della UE” e che “la piena applicazione di questa politica per un membro del Partito della Sinistra Europea non considera la più completa presa di posizione contro l’austerità degli altri partiti membri”, permettendo così “all’estrema destra di apparire come la sola risposta al ‘sistema’”.
In una intervista a Regards.fr, Éric Coquerel, uno dei due coordinatori nazionali del Partie de Gauche, chiarisce le posizioni del Partito uscite dall’ultimo Congresso, il ruolo del PG, i rapporti del sul partito con France Insoumise (di cui è parte organica e uno degli assi portanti), e gli scenari che si aprono per le prossime europee.
Nell’intervista, dal titolo significativo: “la sovranità popolare è la nostra ossessione”, viene ribadita la necessità della “rottura dei trattati europei”, per il recupero della sovranità popolare effettiva da parte dei popoli del continente.
Riguardo all’uscita dal Partito della Sinistra Europea, e alle prospettive continentali di un polo politico alternativo in Europa, non potrebbe essere più chiaro:
“È una questione di coerenza politica. Il movimento di Alexis Tsipras, Syriza, membro del Partito della Sinistra Europea, ha deciso di allinearsi ad una logica di gestione dell’Europa così com’è. È un punto di rottura importante perché noi consideriamo che si deve uscire da questa logica di sostegno delle politiche liberali. E questo passa attraverso una uscita dei trattati esistenti in Europa. Questo non è negoziabile. È logico quindi, dentro questo quadro, di non appartenere alla stessa internazionale di Syriza. Maintenant le Peuple (E ora il popolo, secondo la dichiarazione di Lisbona sottoscritta da Fi, Podemos e Bloco de Isquierda, ndr) è l’alternativa per l’Europa”.
Più avanti nell’intervista, incalzato sulla strategia che prevede un Piano A e un Piano B, ribadisce:
“Noi dobbiamo essere la terza via: quella della rottura progressista con l’attuale Unione Europea al servizio di una vera cooperazione europea, di una Europa dei popoli”.
In un articolo apparso sul blog di Mélenchon, melenchon.fr, in cui lo stesso affronta gli esiti dell’ultimo G7 in Canada, Le monde change de base, la necessità di individuare una exit strategy all’attuale corso politico-economico viene sottolineata con forza:
“Questo momento, è quello delle soluzioni.
Al protezionismo imperialista, noi opponiamo il protezionismo solidale, cioè la cooperazione piuttosto che la competizione per organizzare la produzione e lo scambio tra le nazione e i popoli”.
Al centro delle riflessioni del leader di FI c’è la coscienza che “una nuova era geo-politica comincia”.
Sono state settimane molto movimentate sul “fronte europeo” per il progetto Maintenant le peuple che ha coinvolto inizialmente, oltre a Fi e Podemos, il Bloco portoghese, anche Potere al Popolo e una parte importante della Linke che stanno dando vita ad un progetto ispirato proprio alla France Insoumise (http://contropiano.org/news/internazionale-news/2018/06/01/la-tedesca-sahra-wagenknecht-rivela-i-contorni-del-suo-futuro-movimento-ispirato-agli-insoumise-0104573).
Il “fronte nord” di questa alleanza, iniziata con la firma il 12 aprile dell’Appello di Lisbona, si sta allargando comprendendo importanti realtà scandinave.
Mercoledì 27 giugno, Et Maintenant Le Peuple ha ufficializzato l’adesione dell’Alleanza rosso-verde danese, il Partito di Sinistra svedese e L’Alleanza di sinistra finlandese.
Queste formazioni portano un patrimonio importante per ciò che riguarda le questioni dell’eco-socialismo e dei diritti delle donne.
Come ha dichiarato Caterina Martins, presidente della formazione alternativa portoghese: “noi creiamo le maggioranze future nei nostri paesi, sviluppando soluzioni concrete ai problemi posti”.
Il sito heuredupeuple.fr riporta sinteticamente le campagne a venire del movimento politico: “giustizia fiscale, le garanzie sociali, il cambiamento climatico e l’ecologia e i diritti delle donne, il commercio internazionale, la questione migratoria così come la pace e il disarmo mondiale. Ogni delegazione coordinerà una campagna specifica. La France Insoumise si è impegnata sulla questione della militarizzazione dell’Unione Europea. Un nodo centrale per la Francia rispetto al suo contributo finanziario a questo progetto strettamente legato alla NATO”.
Intanto la FI ha lavorato da settimane per la selezione dei candidati e delle candidate delle prossime elezioni europee, un processo innovativo e trasparente che ha portato – anche attraverso l’interfaccia della piattaforma digitale – alla selezione di 66 tra candidate e candidati, lasciando “scoperta” la composizione di 13 candidature “d’apertura”.
Per una descrizione particolareggiata di come si è svolto questo processo conclusosi il 30 giugno rimandiamo al documento in cui si può comprendere la composizione del Comitato, i suoi criteri di selezione, le scelte che ha operato, la dialettica interna che ha suscitato, nonché i profili dei candidati e delle candidate.
L’incipit di questo documento: Rapport du comité électoral – Reunion du 30 Juin, che si può leggere su franceinsoumise.fr, dà il senso dell’intera iniziativa:
“Questo coinvolgimento collettivo intenso non ha avuto come unico obbiettivo altro che presentare la lista migliore, che rispecchiasse l’immagine del popolo francese e della diversità del movimento, per difendere il nostro programma europeo e mandare la più grande delegazione di insoumise possibile al Parlamento Europeo”.
Le altre formazioni – da Génération.es di B. Hamon al PCF, che ha scelto I. Brosard come capolista alle europee, così come “I Verdi”, di cui abbiamo relazionato in un contributo precedente, sembrano ancora sostanzialmente “al palo” rispetto all’elaborazione di una strategia convincente sulle Europee, dilaniati da conflitti interni sul gioco delle alleanze oppure “marginalizzati” rispetto ad una polarizzazione politica che contrappone nettamente, nell’opinione pubblica francese, due figure centrali negli ultimi mesi: Macron e Mélenchon, lasciando poco spazio (sopravvive, ma molto ridimensionata, l’ipotesi politica dell’ex Front Nationale).
Ritorniamo all’intervista su “Le Point”, citata ad inizio articolo, per comprendere meglio il percorso che il leader di Syriza ha intrapreso, consigliandone la lettura integrale, soprattutto a chi si ostina a collocare Tsipras “nel nostro campo”.
Traduciamo le due ultime domande, senza nascondere le difficoltà nel riuscire a metabolizzare questa operazione mediatica tesa a dare una immagine “vincente” del leader greco e a costruire una narrazione del paese ellenico che si distanza molto dalla realtà, se non per la sua appetibilità da parte delle classi agiate europee.
È. Gernelle e R.Gubert, autori dell’intervista, chiedono a Tsipras:
Sostenete il progetto di Emmanuel Macron di costituire un budget europeo per la zona Euro?
Certamente. È una direzione che dobbiamo intraprendere. Alcuni sono scettici, notoriamente i tedeschi. Ma l’Europa andrà meglio quando i nostri amici tedeschi si renderanno conto che ci sono altri parlamenti in Europa che possono esprimersi come il Bundestag! Certamente, il costo politico è significativo, ma la leadership necessita di accettare questo costo per il bene del popolo e dell’Europa.
Nel 2015, voi facevate paura all’Europa. Oggi è lei stesso preoccupato della progressione dei populismi in tutta l’Unione?
Alcuni dei nostri partner hanno commesso un errore nel 2015, al momento del referendum: la minaccia non veniva dalla sinistra che voleva una Europa migliore, ma dai nazionalisti che la combattevano in via di principio. Questo è una differenza enorme. Bisogna convincere che l’Europa è attrattiva. È necessario migliorarne il funzionamento, correggerne i difetti. Ma niente può essere peggio, per i popoli, che una Europa disintegrata.
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