Passate appena un paio di settimane dall’inaugurazione, nei saloni della Rada ucraina, della mostra dedicata al “risorto stato ucraino” e al suo “stretto contatto con la grande Germania nazionalsocialista”, ecco che anche il capo del patriarcato di Kiev, Filaret, salmodia di un Hitler mandato dalla provvidenza. “L’apostolo Paolo” ha recitato Filaret, ripreso dal sito ucraino vybor-news, “diceva che ogni potere proviene da dio. Da dio venne anche Hitler, attraverso cui dio punì i peccatori su tutta la terra”.
In verità, Filaret non ha mancato, nella più genuina tradizione liberale e per aprire all’Ucraina le porte del regno d’Europa, di associare il nome di Hitler a quello di Stalin e a malincuore ha dovuto concludere che anche il potere nazionalsocialista, come l’aborrito potere sovietico, non era “una buona cosa”. Ancora secondo Filaret e l’apostolo Paolo, Hitler e Stalin vennero “da dio; ma ciò non significa che il loro governo fosse cosa buona. Tale potere non agisce secondo la volontà di dio, ma con il consenso di dio, perché Hitler portò il fascismo in Europa, distruggendo milioni di persone innocenti, e Stalin ne mise a morte altrettante affamandole”, ha detto Filaret, ripercorrendo così la stantia favola nazista del “golodomor”, cui ormai non ricorre più nemmeno la propaganda liberal, di un potere sovietico che avrebbe causato scientemente la carestia all’inizio degli anni ’30, per eliminare fisicamente gli ucraini.
Dunque, ha lacrimato Filaret, quei poteri sono mandati da dio “per punire le persone per i peccati precedenti e portare il bene. Perciò, l’autorità che viene da dio è buona e quella che ha il consenso di dio è cattiva”. E così, conclude il pio uomo, il popolo merita il potere che si ritrova: perciò dio ha punito intellighenzia e clero russi attraverso Stalin, mentre l’Ucraina merita di entrare in Europa.
Queste “sacre omelie” rientrano nella tradizione del patriarcato ucraino, che nel tempo ha canonizzato i filonazisti di OUN-UPA di Bandera e Shukhevic, che parteciparono ai massacri della Volinja polacca durante l’occupazione hitleriana. Appena un anno fa, il metropolita di Lutsk e Volinja, Mikhail, aveva annoverato “i combattenti dell’UPA tra gli uomini dalla vita santa”, perché “immolarono quanto di più prezioso avessero, cioè la vita, per la loro terra, per la loro fede”. E siccome sembra che le sortite del clero filo-golpista abbiano tale rituale cadenza, l’anno ancora precedente lo stesso Filaret aveva dichiarato che la guerra nel sudest dell’Ucraina è la punizione divina contro i senzadio del Donbass; al contrario, la pia popolazione dell’ovest del paese, prospererebbe in pace. “Oggi le persone soffrono di più nell’est dell’Ucraina, perché là i senzadio sono in maggioranza. Se non si pentiranno, le loro sofferenze continueranno”. Così, secondo il buon uomo, dio permette di attaccare “l’aggressore dell’est”, con l’obiettivo di illuminare gli atei.
Per dovere di completezza spirituale, si deve dire che anche il patriarca della chiesa ortodossa russa, Kirill, officiando una liturgia a Ekaterinburg nella notte tra il 16 e il 17 luglio, nel centenario della fucilazione della famiglia zarista (santificata dalla chiesa), ha messo in guardia i fedeli dal desiderare una vita migliore. Tra le varie amenità dell’omelia, Kirill ha detto “che i più terribili e sanguinosi rivolgimenti si sono sempre verificati a causa della pretesa delle persone a vivere meglio e i capi di tali rivolgimenti persuadevano il popolo che non ci fosse altra alternativa che il sangue, i morti, la distruzione dell’ordine di vita dato; che non ci fosse assolutamente nessun’altra possibilità di viver meglio. Nessuna promessa di vita felice, nessuna speranza di aiuto dall’esterno, da parte di persone apparentemente istruite e avanzate, deve ammaliare il nostro popolo. Dobbiamo ricordare la tragedia del passato. Deve formarsi in noi un’immunità a qualunque richiamo a raggiungere la felicità attraverso la distruzione dell’esistente”.
Del resto, al pari del suo concorrente Filaret – considerato “scissionista” – anche Kirill era ricorso alle parole dell’apostolo Paolo allorché, il giorno precedente aveva santificato il monastero eretto a Alapaevsk, sul luogo in cui, il 18 luglio 1918, erano stati fucilati i membri del ramo dei Romanov discendenti da Nicola I: “Con la pazienza, si rafforza la speranza”.
Quindi, bisognerebbe cacciare ogni aspirazione a quell’esistenza senza sfruttati e sfruttatori cui credette il proletariato russo sotto l’influsso, parola di Kirill, “di ideali estranei, influenzati da teorie filosofiche e politiche che nulla avevano in comune con la cristianità, con la nostra tradizione nazionale, con la nostra cultura”.
Sopravvivere così come concede di vivere il potere che viene da dio, sia esso rappresentato dagli Hitler o dai Romanov. Parola di tutte le chiese.
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