Mentre ancora non si ferma la conta tristissima delle vittime, tra cui
figurano tantissimi bambini, inizia ad emergere la responsabilità umana
di una strage, come sempre, evitabile. E non ci riferiamo soltanto alla
natura presuntamente dolosa degli incendi che hanno devastato la Grecia,
ma a responsabilità politiche ben precise che partono da Atene per
arrivare fino a Bruxelles e nelle principali capitali europee.
Questa mattina le pagine dei quotidiani collegano inevitabilmente quasi
tutte la tragedia di queste ore con quanto accadrà invece a fine
agosto, ovvero l’uscita della Grecia dal terzo bailout (il “salvataggio”
dalla bancarotta per mano dei Paesi dell’Eurozona) e il suo ritorno sui
mercati internazionali. Il giorno in cui il “compagno” Tsipras tornerà
finalmente ad indossare la cravatta.
Fra gli unioneuropeisti entusiasti
non poteva mancare (ovviamente) la Repubblica, che a tal proposito
ospita sulle sue pagine un editoriale delirante e discretamente cinico
di Ettore Livini. Secondo il giornalista “nessuna scenografia
scritta a tavolino avrebbe potuto inventare un copione migliore di
questo per resuscitare, almeno per 24 ore, lo spirito di solidarietà su
cui è stata costruita l’Unione. (...) Gli incendi di Atene, al di là del
tragico bilancio in vite umane, potrebbero ora convincere anche i greci
che la Ue non è soltanto un club di contabili”. E questo perchè
“la Ue ha risposto a tempo di record: l’Italia ha inviato due Canadair.
Altri aerei cisterna sono stati messi a disposizione da Croazia,
Francia, Spagna, Cipro e Portogallo. La Germania – che per molti sotto
il Partenone è ancora l’anima nera della Troika – ha mobilitato i suoi elicotteri, come Lituania e Norvegia. (...) Il Vecchio Continente ha
messo in campo il cuore, recuperando un pezzo della sua anima.
Dimostrando che essere europei, una boccata d’ossigeno in questa era di
sovranismi, è qualcosa di più che far quadrare i conti e centrare gli
obiettivi di Maastricht”. Sembra quasi di intuire che per
Repubblica questa potrebbe essere addirittura l’occasione per i greci di
superare tutti i loro pregiudizi nei confronti dei nordeuropei.
Ormai
siamo al completo ribaltamento tra soggetto e oggetto, oltre che alla
rimozione dolosa del rapporto di causa/effetto. Eh già, perché questa
strage, cosi come i tanti disastri che ripetutamente si abbattono sui
nostri paesi, come scrivevamo all’inizio, era evitabile. Basterebbe
poter investire nella cura del territorio, basterebbe poter destinare
risorse alla prevenzione, basterebbe poter porre un freno al consumo di
suolo, tutte cose, però, che le regole economiche imposte proprio
dall’Unione Europea impediscono di fare. E per ribadirlo questa volta
non usiamo ragionamenti estratti dal testo di qualche economista
eterodosso o in odore di marxismo, o da un volantino distribuito in
piazza, ma un articolo pubblicato (stranamente) questa mattina sul
Corriere della Sera. Insomma, non propriamente un foglio di lotta.
Scrive infatti il più avveduto Fubini: “Di fronte a catastrofi come
quella di ieri in Attica, affrettarsi a dare giudizi e sentenze di
colpevolezza non ha senso. Però, quando il fumo si sarà dissipato, i
fatti conosciuti probabilmente susciteranno alcune domande. L’ultimo
taglio al ministero della Protezione civile, dal quale dipendono i
vigili del fuoco in Grecia, è arrivato con il quattordicesimo pacchetto
di austerità a primavera dell’anno scorso. L’area della sorveglianza
antincendio ha perso allora 34 milioni di euro, distribuiti fra il
personale e i mezzi. E’ difficile dire se questa ennesima sforbiciata su
un’infrastruttura civile del paese spieghi, almeno in parte, ciò che
riferiscono alcuni testimoni dell’area più colpita dalle fiamme: a
lungo non si è visto nessun intervento, niente elicotteri o aerei
antincendio, nessun piano di evacuazione. I vigili del fuoco sono
arrivati molto dopo. A migliaia tra loro a febbraio del 2017 avevano
manifestato ad Atene perché la fine dei contratti a termine stava
riducendo il loro numero da 12 mila a 8 mila. Da allora sono stati
riassunti circa la metà di coloro che sono stati fatti scadere. Ma
quella di ieri è solo la più grave, non è la prima volta che le squadre si
trovano senza mezzi né preparazione per gestire l’aggressione del fuoco
intorno ad Atene. Era già successo nel luglio del 2015 e di nuovo 11
mesi fa. Proprio in quel momento tre ricercatori greci, guidati da Fotis
Chaztzitheodoris, stavano pubblicando uno studio sui pompieri del loro
Paese in una rivista internazionale di nutrizione. Risultati: il 79% fra
gli addetti delle squadre antincendio risultava sovrappeso o obeso, due
su tre confessavano di essere passati ad alimenti meno sani a causa dei
tagli ai salari.”
Ecco, prima di vedere in questa tragedia
un’occasione per magnificare il buon cuore dell’Ue, ci penseremmo bene.
Soprattutto se si sta parlando di una Paese in cui la “cura” imposta
dalla Troika ha bruciato un quarto dl Pil e ridotto in estrema povertà
il 21% della popolazione.
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