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25/07/2018

Grecia 2018, di austerità (e di Ue) si muore

Mentre ancora non si ferma la conta tristissima delle vittime, tra cui figurano tantissimi bambini, inizia ad emergere la responsabilità umana di una strage, come sempre, evitabile. E non ci riferiamo soltanto alla natura presuntamente dolosa degli incendi che hanno devastato la Grecia, ma a responsabilità politiche ben precise che partono da Atene per arrivare fino a Bruxelles e nelle principali capitali europee. Questa mattina le pagine dei quotidiani collegano inevitabilmente quasi tutte la tragedia di queste ore con quanto accadrà invece a fine agosto, ovvero l’uscita della Grecia dal terzo bailout (il “salvataggio” dalla bancarotta per mano dei Paesi dell’Eurozona) e il suo ritorno sui mercati internazionali. Il giorno in cui il “compagno” Tsipras tornerà finalmente ad indossare la cravatta.

Fra gli unioneuropeisti entusiasti non poteva mancare (ovviamente) la Repubblica, che a tal proposito ospita sulle sue pagine un editoriale delirante e discretamente cinico di Ettore Livini. Secondo il giornalista “nessuna scenografia scritta a tavolino avrebbe potuto inventare  un copione migliore di questo per resuscitare, almeno per 24 ore, lo spirito di solidarietà su cui è stata costruita l’Unione. (...) Gli incendi di Atene, al di là del tragico bilancio in vite umane, potrebbero ora convincere anche i greci che la Ue non è soltanto un club di contabili”. E questo perchè “la Ue ha risposto a tempo di record: l’Italia ha inviato due Canadair. Altri aerei cisterna sono stati messi a disposizione da Croazia, Francia, Spagna, Cipro e Portogallo. La Germania – che per molti sotto il Partenone è ancora l’anima nera della Troika – ha mobilitato i suoi elicotteri, come Lituania e Norvegia. (...) Il Vecchio Continente ha messo in campo il cuore, recuperando un pezzo della sua anima. Dimostrando che essere europei, una boccata d’ossigeno in questa era di sovranismi, è qualcosa di più che far quadrare i conti e centrare gli obiettivi di Maastricht”. Sembra quasi di intuire che per Repubblica questa potrebbe essere addirittura l’occasione per i greci di superare tutti i loro pregiudizi nei confronti dei nordeuropei.

Ormai siamo al completo ribaltamento tra soggetto e oggetto, oltre che alla rimozione dolosa del rapporto di causa/effetto. Eh già, perché questa strage, cosi come i tanti disastri che ripetutamente si abbattono sui nostri paesi, come scrivevamo all’inizio, era evitabile. Basterebbe poter investire nella cura del territorio, basterebbe poter destinare risorse alla prevenzione, basterebbe poter porre un freno al consumo di suolo, tutte cose, però, che le regole economiche imposte proprio dall’Unione Europea impediscono di fare. E per ribadirlo questa volta non usiamo ragionamenti estratti dal testo di qualche economista eterodosso o in odore di marxismo, o da un volantino distribuito in piazza, ma un articolo pubblicato (stranamente) questa mattina sul Corriere della Sera. Insomma, non propriamente un foglio di lotta.

Scrive infatti il più avveduto Fubini: “Di fronte a catastrofi come quella di ieri in Attica, affrettarsi a dare giudizi e sentenze di colpevolezza non ha senso. Però, quando il fumo si sarà dissipato, i fatti conosciuti probabilmente susciteranno alcune domande. L’ultimo taglio al ministero della Protezione civile, dal quale dipendono i vigili del fuoco in Grecia, è arrivato con il quattordicesimo pacchetto di austerità a primavera dell’anno scorso. L’area della sorveglianza antincendio ha perso allora 34 milioni di euro, distribuiti fra il personale e i mezzi. E’ difficile dire se questa ennesima sforbiciata su un’infrastruttura civile del paese spieghi, almeno in parte, ciò che riferiscono alcuni testimoni dell’area più colpita dalle fiamme: a lungo  non si è visto nessun intervento, niente elicotteri o aerei antincendio, nessun piano di evacuazione. I vigili del fuoco sono arrivati molto dopo. A migliaia tra loro a febbraio del 2017 avevano manifestato ad Atene perché la fine dei contratti a termine stava riducendo il loro numero da 12 mila a 8 mila. Da allora sono stati riassunti circa la metà di coloro che sono stati fatti scadere. Ma quella di ieri è solo la più grave, non è la prima volta che le squadre si trovano senza mezzi né preparazione per gestire l’aggressione del fuoco intorno ad Atene. Era già successo nel luglio del 2015 e di nuovo 11 mesi fa. Proprio in quel momento tre ricercatori greci, guidati da Fotis Chaztzitheodoris, stavano pubblicando uno studio sui pompieri del loro Paese in una rivista internazionale di nutrizione. Risultati: il 79% fra gli addetti delle squadre antincendio risultava sovrappeso o obeso, due su tre confessavano di essere passati ad alimenti meno sani a causa dei tagli ai salari.”

Ecco, prima di vedere in questa tragedia un’occasione per magnificare il buon cuore dell’Ue, ci penseremmo bene. Soprattutto se si sta parlando di una Paese in cui la “cura” imposta dalla Troika ha bruciato un quarto dl Pil e ridotto in estrema povertà il 21% della popolazione.

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