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27/07/2018

Gaza - L'ONU prova a bloccare in extremis l'offensiva israeliana

di Michele Giorgio – Il Manifesto

Sono le ore dell’incertezza, quelle in cui si afferma tutto e il contrario di tutto e che gravano ‎come una cappa su Gaza. Oggi, quando migliaia di palestinesi raggiungeranno le linee di ‎separazione con Israele per il venerdì dei “bambini martiri” della Grande Marcia del ‎Ritorno, Gaza potrebbe trovare alle sue porte l’offensiva militare che il governo Netanyahu ‎minaccia da mesi. E comunque la guerra di attrito tra le due parti è in corso da tempo.

In ‎risposta all’uccisione, mercoledì sera, da parte di Israele di tre militanti dell’ala armata di ‎Hamas, Ezzedin al Qassam, i comandi militari del movimento islamico ieri mattina hanno ‎annunciato di essere ‎«in stato di massimo allarme‎» e hanno fatto appello alle altre ‎organizzazioni di Gaza ‎«ad agire allo stesso modo‎» e a far pagare a Israele ‎«un alto prezzo ‎di sangue per i suoi crimini».‎

Se questi annunci, abbinati a quelli del ministro israeliano per la sicurezza Gilad Erdan ‎che ha parlato di ‎«passi avanti verso un’ampia operazione militare‎»,‎ siano l’ultimo atto ‎prima del nuovo conflitto, l’abbiamo domandato ieri ad “Abu Samir” nome fittizio scelto ‎da un componente della “struttura di collegamento” tra l’ala armata e quella politica del ‎movimento islamico.

«L’intera struttura dei combattenti di Hamas, in ogni sua articolazione ‎e capacità bellica, è pronta ad attaccare il nemico o a rispondere a una sua aggressione‎. La ‎nostra linea è chiara: ad ogni assalto del nemico risponderemo con una reazione di pari ‎livello e non abbiamo paura di combattere», ci ha risposto “Abu Samir” ricordando che ‎Hamas può ‎«infliggere colpi molto dolorosi a Israele». Punti ribaditi da altri esponenti del ‎movimento islamico e di altre formazioni palestinesi ripresi dalle radio di Gaza.‎

‎I proclami di guerra, di israeliani e palestinesi, non hanno cambiato la routine di Gaza. ‎La popolazione ieri ha continuato le sue attività e nelle strade della Striscia ha regnato la ‎calma. Forse, come ci dice Munzer Taha, un commerciante di via Wahda, ‎«è solo ‎rassegnazione di fronte ad un quadro generale che continuerà a peggiorare sotto ogni punto ‎di vista».

Per alcuni l’allerta lanciata da Ezzedin al Qassam è stato una sorta di esortazione ‎per Nikolay Mladenov, il coordinatore speciale dell’Onu per il Medio Oriente, ritenuto ‎l’unico attore internazionale in grado di evitare la guerra, almeno in questa fase in cui gli ‎egiziani sembrano aver fatto un passo indietro. Mladenov ieri ha fatto la spola tra Israele e ‎Gaza. Al mattino è entrato nella Striscia e ha incontrato il leader di Hamas Ismail Haniyeh. ‎Poi è andato in Israele, quindi è tornato a Gaza per un nuovo incontro con Haniyeh.


«Da ‎quanto abbiamo saputo – ci spiegava ieri sera Aziz Kahlout, un giornalista di Gaza – ‎l’inviato dell’Onu ha spiegato agli israeliani che se (lo Stato ebraico) vuole la fine dei lanci ‎di “palloni incendiari” (‎da Gaza) Hamas da parte sua chiede misure immediate che allentino ‎l’assedio (israeliano) e migliorino le condizioni di vita della popolazione di Gaza, a ‎cominciare dalla riduzione della disoccupazione‎».

Secondo Kahlout, Mladenov ha ‎sottolineato ad Haniyeh la decisione della Banca mondiale di portare a 90 milioni di dollari ‎gli investimenti per Gaza e ha offerto aiuti umanitari urgenti e la costruzione di ‎infrastrutture civili per generare migliaia di posti di lavoro nella Striscia. Un’offerta che di ‎fatto scavalca il presidente dell’Anp Abu Mazen contrario alla attuazione di questi ‎programmi se prima Hamas non rinuncerà al controllo di Gaza e ad avere un’ala militare ‎alternativa alle forze di sicurezza dell’Anp. ‎

‎È difficile valutare la concretezza di queste indiscrezioni. Fatto sta che a queste voci se ‎ne sono aggiunte altre diffuse dalla radio militare israeliana secondo cui Abu Mazen sarebbe ‎pronto ora ad accettare il piano di aiuti umanitari per Gaza, che ha respinto sino ad oggi, ‎formulato dall’Amministrazione Trump in collaborazione con Israele e alcuni paesi arabi ‎durante una recente conferenza negli Usa. Allo stesso tempo non fa alcun passo in avanti la ‎riconciliazione tra Hamas e Fatah, il partito guidato da Abu Mazen. Uno dei dirigenti di ‎Fatah, Azzam al Ahmad, ha ribadito che per il momento il suo partito non avrà al Cairo ‎incontri bilaterali con i rappresentanti del movimento islamico.

Ieri sera un palestinese è stato ucciso in Cisgiordania dopo aver ferito a coltellate due coloni israeliani, uno è in gravi condizioni, nell’insediamento di Adam.

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