Prova e riprova, alla fine uno capace di diventare un assassino l’hanno trovato. Ad Aprilia, alle porte di Roma ma già in provincia di Latina, dove il centrodestra ha tirato su – alle ultime comunali – un robusto 40%.
Nella tarda serata di sabato, intorno alle due, alcuni “cittadini preoccupati” hanno messo in piedi una “ronda” improvvisata, girando per le strade di un quartiere che di recente era stato teatro di alcuni furti. Una di quelle sciocchezze che si fanno quando si è esasperati e che, mille volte su mille, si traducono in una camminata a vuoto nella sera afosa. Se anche i ladri si fanno vivi, vedono che c’è casino e se ne vanno...
Ieri, invece, alcuni di questi “cittadini inquieti” avvistano quella che viene individuata subito come “un’auto sospetta”.
C’è da chiedersi da quali caratteristiche, un normale cittadino che nella vita fa tutt’altro, possa arrivare a una simile conclusione, problematica spesso anche per agenti di polizia di provata esperienza. L’auto ha una targa straniera e i due a bordo hanno tratti somatici da “marocchino” e tanto basta per scatenare una mini-caccia all’uomo.
La “macchina sospetta” scappa via, i prodi “rondoni” improvvisati montano sulla propria auto e si gettano all’inseguimento. Qualcuno chiama il 112, ma i tre non aspettano. Pochi minuti di folle imitazione di un film americano e l’auto fuggitiva esce di strada. Dei due a bordo uno fugge, uno resta sul posto, forse stordito dall’incidente.
Dei tre inseguitori, uno certamente lo colpisce – una o più volte, non è stato ancora ufficialmente chiarito – con pugni e forse calci. Il fuggitivo muore. L’autista resta sul posto e chiama la polizia, mentre gli altri se ne vanno. Soltanto più tardi uno si presenterà dai carabinieri dopo aver saputo di essere “attenzionato”.
I carabinieri, di fronte a questa prima sommaria ricostruzione, denunciano i due per “omicidio preterintenzionale” e li rimandano a casa.
Parte la “narrazione minimizzante”, che vede tutti compatti – con accenti diversi – i media “liberal” e quelli forcaioli.
L’uomo ucciso è effettivamente un marocchino, “ha un precedente penale” enfatizzano tutti, ma solo per documenti falsi (cosa abbastanza frequente, nel primo periodo di permanenza, tra quanti sono costretti alla clandestinità). Troppo poco per giustificare un omicidio...
E allora ecco spuntare uno zainetto “contenente arnesi da scasso”. Definizione generica, che si può attagliare a un cacciavite, a un piede di porco, a un seghetto... Chissà.
Anche per l’“omicida preterintenzionale” scatta la difesa d’ufficio accettando senza problemi la sua versione: si è difeso quando «ha visto il marocchino infilare le mani nel marsupio».
Batte tutti il Corriere della Sera, che riferisce senza alcun dubbio: “L’unico elemento che finora sembra emergere con chiarezza è che dietro alla vicenda non ci sia alcun motivo razziale”. La targa straniera e il look mediorientale sono eliminati con un tratto di penna...
Non sappiamo chi siano i “tre italiani incensurati”, tutti quarantenni come il marocchino morto. E avanziamo qui le domande che non possiamo far loro.
Ipotizziamo pure che i due fuggitivi fossero davvero dei ladri (sappiamo bene che tra i tanti mestieri alcuni immigrati fanno anche questo, e non certo perché “gli italiani non vogliano più farlo”, anzi...).
Hai preso il numero della targa e hai chiamato la polizia, perché non lasciare che sia lo Stato – la sua parte che più viene invocata in questi mesi – ad occuparsene con la competenza professionale, la conoscenza delle leggi, le “regole di ingaggio” elaborate nel corso dei secoli?
Non sei un poliziotto o un carabiniere, non hai alcun titolo e tantomeno alcuna esperienza per stare lì, nella notte, a chilometri da casa, a cercare di fermare un uomo che è “sospetto” soltanto in base a un’impressione tua o, peggio ancora, per quelle autoconvinzioni collettive che generano da sempre i mostri peggiori.
C’è però l’ipotesi in molti sensi peggiore. Quei due uomini magari non erano dei ladri. E quando hanno visto un certo numero di persone arrabbiate dirigersi verso di loro sono scappati. Di questi tempi, con quante ne succedono in Italia, signora mia, prima mettersi in salvo e poi cercare di capire...
Non c’è nulla da minimizzare, ci sembra. Quando il ministro dell’interno e vicepresidente del consiglio auspica e sostiene l’uso della violenza privata dei cittadini in base alla “presunzione di colpevolezza” fondata sul colore della pelle, ogni zucca vuota si sentirà autorizzata a far-da-sé.
Le conseguenze possibili sono già sotto i nostri occhi. E ancora non si sono verificati gli episodi che faranno certamente cortocircuitare parecchi cervelli. Ci sono ormai alcuni milioni di cittadini italiani con il colore della pelle “non bianco padano”. Ne vediamo tanti nel calcio, nell’atletica leggera, nelle università e persino sull’altare a dire messa.
Ce n’erano già sotto il fascismo... Uno di loro diventò persino generale dell’aviazione!
Per non dire poi di quegli italiani da mille generazioni che però hanno il “piccolo difetto” di essere un po’ “scuretti”, come tanti calabresi, siciliani, pugliesi, sardi o persino di qualche piccola valle bergamasca.
Aizzare l’odio sociale verso chi si porta in giro questi “segni di riconoscimento” è come piazzare una bomba nella propria auto e poi mettersi a guidare. L’unica incognita è l’ora dell’esplosione...
p.s. Neanche il tempo di scrivere e uno degli episodi “temuti” – perché statisticamente inevitabili – è avvenuto, a Moncalieri. Un’atleta della nazionale italiana di atletica, Daisy Osakue, di origine sudafricana, è stata aggredita ieri sera da un gruppo di giovani. Stava semplicemente rientrando a casa sua...
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento