Di sicuro con la disoccupazione, sotto ogni profilo: di massa, giovanile, dei laureati. E altrettanto con i salari, bassissimi, specie in un modello storico in cui gli stipendi dei dipendenti pubblici facevano da riferimento per le retribuzioni in tutti i settori, con scostamenti significativi, ma mai assurdi come oggi.
Soprattutto, la “smobilitazione del pubblico” – tanto nelle amministrazioni propriamente dette, sia centrali che periferiche, quanto nei “servizi pubblici essenziali” dove le privatizzazioni non sono ancora neppure completate secondo le indicazioni della UE – ha distrutto capacità di coprire settori che “i privati” non si sono mai sognati di coprire. Le infrastrutture, per esempio, dove “i privati” pretendono di fare le opere soltanto se è lo Stato a pagarne i costi, sovra costi, tangenti e rivalutazioni. La manutenzione del territorio, di cui ci si ricorda solo quando frane e alluvioni devastano e uccidono; oppure quando si cerca di farvi lavorare gratis disoccupati italiani e migranti.
Questo articolo di Scenari Economici, che riprende i dati pubblicati da Valori, spiega molto bene quel che le narrazioni tossiche dei vari Boeri, Alesina, Giavazzi, Ichino, ecc, vorrebbero occultare.
Naturalmente non siamo affatto d’accordo con le conclusioni di Scenari Economici, ma questo dovrebbe essere noto, almeno ai nostri lettori.
Se invece si guarda al settore pubblico-militare (le innumerevoli polizie), scopriamo che l’Italia è invece “all’avanguardia”, con un numero di agenti per abitante al terzo posto nell’Unione Europea, praticamente alla pari con Grecia e Portogallo. Dei costi esorbitanti sostenuti per mantenere questa macchina repressiva, nessuno sembra preoccuparsi, neanche l’occhiuta Commissione presieduta da Jean-Claude Juncker. Ma che strano...
E anche questo dato – i paesi più indebitati e deboli, della UE, quelli con il più alto debito e le più forti “attenzioni” da parte della Troika – sono anche quelli più militarizzati sul fronte interno. Forse perché hanno previsto di dover tenere a bada le proprie popolazioni, viste le politiche che sono obbligati ad attuare?
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Alcuni dati sorprendenti sulla pubblica amministrazione italiana: troppo piccola
Cari amici,
un sito si è preso la briga di parametrare effettivamente la dimensione della PA italiana rispetto ad alcune grandi economie mondiali. Il nome lo farò alla fine, e capirete il perché. Ora vi presento i dati ottenuti da elaborazioni sui dati OCSE. Iniziamo dalla parametrizzazione del numero di dipendenti pubblici sul numero degli abitanti per alcuni paesi, esclusi i militari.
Il numero di dipendenti pubblici per 1000 abitanti è il più basso fra i paesi parametro, molto inferiore a Francia e Germania, l’80% in meno degli USA, un terzo rispetto alla Svezia.
Forse questo fenomeno può essere spiegato dalle privatizzazioni nei servizi pubblici avvenute negli ultimi 30 anni: se i servizi essenziali sono privati, anche i dipendenti relativi sono privati. Vediamo quindi il numero dei dipendenti di settori parapubblici:
No, non è questo il caso, anche se l’Italia, in questo caso, non è più ultima, è penultima ed i dipendenti di tutti gli altri paesi, per 1000 abitanti la superano in numero, tranne per quanto riguarda la Grecia. L’osservazione sui settori para-pubblici è significativa solo per la Svezia.
Ora il pezzo forte: quale sarebbe la disoccupazione negli altri paesi se il numero dei loro dipendenti pubblici fosse proporzionalmente uguale all’Italia? Qui le sorprese: avrebbero una disoccupazione ben superiore a quella italiana!
Insomma l’Italia ha un numero di dipendenti pubblici troppo basso, e questo viene a ricadere sulla qualità dei servizi pubblici, oltre che sull’occupazione, soprattutto l’occupazione dei laureati. Il risultato è che l’Italia è fra i paesi con il maggior numero di disoccupati:
Tra l’altro non è vero che i laureati italiani sbagliano laurea, dato che se consideriamo le lauree STEM (scienze, tecnologia ingegneria e matematica) dal penultimo passiamo al terzultimo posto. Insomma anche gli ingegneri non trovano lavoro decente in Italia, come del resto mi riferiscono molti tecnici del settore. I vari detrattori della “Spesa pubblica improduttiva” ci rimarrebbero di sale...
Ora queste interessanti informazioni sono state pubblicate nel sito valori.it, che ringraziamo per i dati, ma di cui critichiamo le conclusioni. L’idea dei redattori dell’articolo è di creare un milione di posti pubblici. Come? Con un’imposta patrimoniale sulla ricchezza finanziaria, cioè quella mobile. L’idea è di fare un’imposta una tantum e con il risultato far partire le assunzioni che poi si auto manterrebbero con l’effetto moltiplicatore della spesa pubblica.
Peccato che ci siano una serie di fondamentali problemi concettuali:
- se la spesa viene finanziata dalla tassazione non vi è effetto di moltiplicazione, o meglio questo è molto ridotto. Non sarebbe una patrimoniale una tantum, ma una semper, sino ad esaurimento del bene da tassare;
- la ricchezza finanziaria si chiama, per sua natura, mobile. Se la tassa fosse di carattere “Personale” cioè colpendo le ricchezze mobili dei cittadini italiani, assisteremmo al più colossale fenomeno di spoliazione e di trasferimento all’estero della ricchezza mobiliare della storia, con la creazione di schermi societari etc, tutte forme difficilmente superabili. Se invece colpisse su base territoriale, cioè la ricchezza finanziaria generata dall’Italia, avremmo un’imposta patrimoniale essenzialmente fondata sul debito pubblico...
- ci sarebbero effetti distorsivi devastanti sulla ricchezza mobile;
La spesa non può essere finanziata con una tassa, se no non c’è moltiplicatore, inoltre ogni tassa patrimoniale comporta forti distorsioni nell’allocazione dei fattori produttivi. In realtà se veramente si vuole una crescita autosostenibile, considerato che le spese correnti hanno il moltiplicatore più alto, l’iniezione non può che essere con debito o liquidità. Qualsiasi altro metodo non porterà ad una crescita, ma solo ad un trasferimento di risorse.
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