C’è qualcosa che ancora non quadra per la missione militare italiana nel Niger. I ritardi della missione “non sono dipesi da noi, ma dal fatto che il governo del Niger si è tirato indietro”. Ad affermarlo è stata la ministra della Difesa Elisabetta Trenta intervenendo alle Camere per illustrare le linee programmatiche del Ministero della Difesa.
“Stiamo parlando con il governo del Niger. Siamo disponibili, diteci che tipo di presenza volete. Non è detto che debbano esserci tantissime persone, si può andare con piccole unità formative di training, che possono fare quanto viene richiesto dal governo locale”, ha aggiunto Trenta. “Stiamo aspettando di capire quali sono le esigenze. Il Niger è strategico perché ci consente di fermare i flussi verso la Libia”, ha detto il ministro durante l’audizione alle Camere.
La controversa missione militare italiana in Niger, vede già la presenza di una quarantina di soldati del team di ricognizione italiano, accampato nella base americana della capitale Niamey, comandata dal generale di brigata Antonio Maggi (l’ex comandante del contingente militare posto “a protezione” dell’ospedale di Misurata, in Libia), ma prevedeva un primo dispiegamento già a giugno di altri 120 soldati fra la capitale e Agadez, la città principale a 700 km dal confine libico. L’intervento militare italiano in Niger era stato approvato dal Parlamento in gennaio dando il via libera all’invio di 470 soldati, 130 mezzi e 2 velivoli. Il mandato della missione “Minin” sarebbe quello di addestrare e rafforzare le forze nigerine “per l’incremento di capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza”, ma i soldati italiani, teoricamente, possono anche “concorrere alle attività di sorveglianza delle frontiere e del territorio”, si tratta del solito paravento per giustificare gli aspetti “combat” dell’operazione. In Niger oltre ai soldati francesi e un piccolo contingente militare tedesco sono presenti anche 800 militari americani.
Sarebbe stato utile però sapere dalla ministra Trenta qualcosa di più sulla missione militare italiana sul versante libico del confine nigerino, più precisamente a Ghat. Secondo fonti della stampa libica, alla fine di giugno una delegazione italiana di militari e di uomini della sicurezza guidata da Massimo Bontempo, capo della Direzione centrale per l’immigrazione al Viminale, era andata a fare un sopralluogo a Ghat “per creare una base italiana che ospiterà soldati e personale di sicurezza per controllare l’immigrazione”.
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