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22/07/2018

Italia - La pianificazione della subalternità. La spesa per l’istruzione è metà di quella tedesca

Un paese con 2,2 milioni di Neet (giovani che non studiano e non lavorano), con un tasso di analfabetismo funzionale tra gli adulti del 28%, con 30mila laureati che ne sono andati all’estero nell’ultimo anno, dovrebbe correre di corsa ai ripari se vuole mantenere un progetto sul suo futuro. Eppure i dati ci confermano il contrario.

L’Italia si è confermata infatti tra i fanalini di coda su scala europea per investimenti in formazione: solo il 4% del Pil, quasi un punto al di sotto media della Ue (4,9%), battuta solo da Romania (3,1) e Irlanda (3,7). Una quota di investimento nell’istruzione pari a poco più della metà di quanto investe la Danimarca (7%), la Svezia (6,5%) e il Belgio (6,4%). La Germania si ferma a quota 4,3, più dell’Italia ma non certo in vetta alla classifica. Ma se guardiamo ai numeri e non alle percentuali scopriamo che il governo tedesco investe sull’istruzione quasi il doppio dell’Italia, 127,4 miliardi di euro contro i 65,1 miliardi dell’Italia.

Gli stati dell’Unione Europea per l’istruzione pubblica spendono un totale di 716 miliardi di euro, una quota pari al 4,9% del Pil dell’intera Ue e quarta voce per la spesa sociale dopo protezione sociale (19,2%), salute (7,2%) e servizi pubblici (6,2%).

A certificarlo sono gli ultimi dati Eurostat, riferiti al 2015 e calcolati sul totale di risorse destinate al segmento “education” dai governi dell’Unione Europea.

L’Italia è inoltre tra i pochi paesi europei dove il titolo di studio non fa sempre da leva per l’impiego, con una quota di appena il 52,7% dei laureati occupati contro una media Ue dell’80,6%. Adesso si capisce perché la Confindustria – ma anche gli ambienti vicini alla Loggia P2 – abbiano sempre avuto tra i loro programmi l’abolizione del valore legale del titolo di studio.

Il basso tasso di scolarizzazione, non produce solo una elevatissima quota di analfabetismo funzionale tra gli adulti, ma produce anche flussi migratori (in uscita) di risorse ad alto tasso di qualifiche. Sui 114mila italiani che sono emigrati all’estero nel 2016, si stima che oltre 30mila siano in possesso di un titolo di laurea.

Ma se leggete ad esempio il capitolo sulla scuola scritto nel Mein Kampf dell’Assolombarda, si comprende benissimo come questa situazione sia stata coscientemente voluto e perseguita, sia in ambito europeo nel quadro della divisione scientifica del lavoro tra nucleo centrale (Germania e nord Europa) e paesi periferici, sia in ambito nazionale smantellando il sistema di istruzione pubblica passando dal sistema della conoscenza al dogma delle “competenze”, una follia destrutturante e un regalo al sistema e alla logica delle imprese. Risultati? Un disastro sociale oggi, una ipoteca sul futuro.

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