Ma non è un’emergenza. Non è una caduta di stile. Non è correggibile con qualche ritocco umanitario la vita negata a un terzo della popolazione del pianeta. Nel grande ventre della bestia tutto convive: la Silicon Valley e gli slum.
I programmatori e i ragazzini con le mani deformate. I salotti buoni e la prostituzione minorile. Gli sniffatori dei Palazzi e gli ovuli inghiottiti. La finanza mondiale e gli infiniti rivoli dell’economia sommersa e illegale. Le firme dell’alta moda e gli stracci delle lavoranti minorenni. La prima non potrebbe esistere senza il finto scandalo della seconda. E’ la guerra tra nord e sud, quella che c’è sempre stata.
La città è là, a due passi, con le sue case di mattoni e cemento, le macchine, le luci, il benessere, la politica e il potere. Organizzata a gironi che più si allontanano dal centro più non sembrano appartenere allo stesso genere umano.
Non sono più i luoghi delle occasioni di incontro, di mescolanza, di scoperte, di riscatto. Sono fortini respingenti per i plebei che vi transitano solo per offrire servizi, che altro non è previsto possano fare. Che, scaduto il tempo, debbono rimettersi in marcia per i loro luoghi, oltrepassando i tanti muri alzati.
Muri di diffidenza, di diversità di andatura, di padronanza di spazi. Muri controllati dalla complicità di élite aggrappate ai brandelli del privilegio di somigliarsi. Gli uni hanno bisogno degli altri ma non si mischiano, non comunicano.
Sono tutte così le città. Dal primo al quarto mondo. Le differenze sono di grado non di modello. La tanto declamata universalità delle sorti progressive mostra la sua faccia decrepita e cattiva. E’ la povertà a creare la ricchezza, col prelievo forzato delle risorse e il trucco degli interessi di un debito inesauribile. Il passato e il futuro è scritto in tutta evidenza. L’ho sempre saputo.
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