di Michele Giorgio
Da Varsavia il vice presidente americano Mike Pence e il Segretario di stato Mike Pompeo ripartono con il bicchiere mezzo vuoto.
L’Europa, o gran parte di essa, non è disposta, per ora, ad accogliere
l’appello statunitense a isolare l’Iran e ad uscire dall’accordo
internazionale sul nucleare del 2015. E la “Nato araba” concepita da
americani e sauditi per contrastare Tehran, anche con la guerra, resta
solo un'ipotesi. Dal vertice di Sochi sulla Siria, il presidente
iraniano Hassan Rohani non ha tardato a commentare con sarcasmo l’esito
della conferenza: «Non è accaduto nulla, è il vuoto». Al contrario il bicchiere di Benyamin Netanyahu è mezzo pieno.
Pence e Pompeo hanno sottolineato a più riprese l’importanza dei
colloqui tra il premier israeliano e i rappresentanti arabi. Ed è
evidente che a Varsavia gli americani hanno scelto di privilegiare
questo aspetto e non più l’obiettivo dichiarato alla vigilia, la
costituzione di fronte “globale” occidentale-arabo contro l’Iran.
Il premier israeliano ieri non riusciva a contenere l’entusiasmo e parlava di «svolta storica».
Spiegava che nella capitale polacca, Israele e importanti paesi arabi
si sono seduti insieme e hanno discusso della minaccia iraniana. «Quando gli arabi e gli israeliani sono d’accordo con tanto vigore altri dovrebbero ascoltare»,
ha affermato Netanyahu. A suo dire le dichiarazioni fatte da diversi
rappresentanti arabi sono volte a fare accettare alle loro popolazioni
la prossima apertura di relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele. Non è facile valutare quanto sia concreta questa “svolta”.
Certo è che mercoledì Netanyahu ha incontrato il ministro degli esteri
dell’Oman Bin Alawi e qualche ora dopo si è seduto allo stesso tavolo
con rappresentanti di Stati arabi che non hanno relazioni ufficiali con
lo Stato ebraico. Ieri alla plenaria della conferenza, Netanyahu
e il ministro degli esteri yemenita Abdullah, del governo sostenuto
dalla Coalizione araba sunnita a guida saudita, si sono ritrovati seduti
l’uno al fianco dell’altro. E il Bahrain ha fatto sapere che potrebbe avviare rapporti diplomatici con Israele.
Chi ha fatto gli onori di casa, il ministro degli esteri polacco, Jacek
Chaputovichk si è premurato di affermare che la presenza a Varsavia di
ministri dei paesi arabi e di Netanyahu «apre un nuovo capitolo» ed è la
precondizione per mantenere la pace e la sicurezza in Medio Oriente.
Certo Chaputovichk ha voluto ingraziarsi Israele dopo le
polemiche dello scorso anno tra i due Paesi per la legge approvata dal
Parlamento di Varsavia che esonera la Polonia dai crimini del nazismo.
Ma i palestinesi temono il significato politico delle parole del
ministro polacco, ossia la normalizzazione dei rapporti tra Israele e
paesi arabi vista come elemento essenziale della stabilità e della pace
in Medio oriente in sostituzione della realizzazione del loro diritto
alla libertà e all’indipendenza.
Per quello che può valere in un mondo
in cui la loro voce è ascoltata sempre di meno, i palestinesi hanno
denunciato con forza e ripetutamente il progetto Usa di promuovere tra
gli arabi la normalizzazione dell’occupazione israeliana di
Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est. «Prendendo totalmente le
parti del governo israeliano, (l’amministrazione Trump) nega
sistematicamente il diritto palestinese all’autodeterminazione. La
conferenza di Varsavia si inserisce in questo contesto», ha scritto sul
quotidiano Haaretz l’ex ministro degli esteri Nabil Shaath. E non convince per nulla i palestinesi il passo fatto dall’ex potente capo dell’intelligence saudita,
Turki bin Faisal Al Saud, che in un’intervista alla tv israeliana ha
ribadito che la soluzione della questione palestinese resta centrale per
le relazioni future tra Israele e Stati arabi.
Il principe ha
anche accusato Netanyahu di ingannare la sua opinione pubblica perché
sostiene che Israele in tempi stretti avrà rapporti diplomatici con gran
parte dei Paesi arabi. Non ha mandato segnali rassicuranti ai
palestinesi l’entusiasmo di Netanyahu che ha detto «Non vedo l’ora di
vedere il piano di pace (degli Stati Uniti)». Una proposta, nota
come “Accordo del secolo”, che i palestinesi hanno già respinto perché,
stando alle indiscrezioni, è fortemente sbilanciata a favore di
Israele.
Sulla chiusura della conferenza di Varsavia grava l’ombra delle dichiarazioni bellicose di Mike Pompeo. «Non è possibile arrivare a pace e stabilità senza affrontare l’Iran», ha detto il Segretario di stato con a fianco Netanyahu. Da
parte sua, prima di partire per Varsavia, il premier israeliano, in un
video messaggio, aveva parlato di un interesse comune con gli arabi per
la «guerra» all’Iran (milhama b’Iran, le sue parole in ebraico). Una
frase poi cambiata dall’ufficio del premier in «interesse comune di
combattere l’Iran».
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