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21/02/2019

Discutendo di "unità della sinistra" nella metropoli milanese

Lo scorso venerdì 15 febbraio si è tenuta a Milano la prima iniziativa della Rete dei Comunisti sul tema “Unità della sinistra? Un falso problema”, che la nostra organizzazione sta preparando in diverse città, per discutere un tema antico quanto dirimente a sinistra e fra i comunisti.

Quella dell’unità della sinistra è infatti una parola d’ordine che si ripropone periodicamente, specie con l’avvicinarsi di scadenze elettorali, ma che paradossalmente produce risultati diametralmente opposti agli obiettivi e all’intensità con la quale viene proposta. In sintesi, in questi anni più si è parlato di “unità dei comunisti” e più ci sono state scissioni e nascita di “partiti comunisti”; più si parla di “unità della sinistra” e più si sono prodotte divisioni nella sinistra, così come abbiamo scritto nel documento di convocazione del ciclo di iniziative e confronti (http://contropiano.org/fattore-k/2019/02/04/112052-0112052).

Per completezza di cronaca, al dibattito sono intervenuti, oltre a Michele Franco della RdC, Vlarimiro Merlin segretario cittadino del Partito Comunista Italiano, Matteo Prencipe segretario di Rinfondazione Comunista di Milano, Giovanna Baracchi e Nico Vox del coordinamento nazionale di Potere al popolo. Hanno portato il loro contributo diversi attivisti politici, delegati sindacali, simpatizzanti. I compagni intervenuti hanno evidenziato diversi aspetti, fatto alcune puntualizzazioni e integrazioni, a volte messo in discussione questa nostra impostazione ma sempre entrando nel merito dei temi che abbiamo portato all’attenzione pubblica.

Nel merito delle questioni la RdC ha cercato di evidenziare come sia una questione dirimente per i comunisti, interrogarsi su obiettivi e contenuti, sulla lettura della realtà politica e sociale, della loro contestualizzazione nell’attuale fase del capitalismo, sugli strumenti a disposizione, senza anteporre a questi interrogativi la seppur doverosa ricerca dell’unità.

Si è verificato infatti in questi decenni quella che è a nostro avviso un’inversione della tattica con la strategia, in cui la ricerca dell’unità (specie elettorale) è stata proposta come soluzione ad una crisi della rappresentanza e del ruolo dei comunisti nella società. Si è affermato, invece, un fattore di ulteriore estraniamento dalla realtà del blocco sociale e tanto più della sua rappresentanza politica, elettorale ma non solo, così come l’abbandono di una prospettiva di costruzione e radicamento di un processo di classe autonomo ed indipendente.

Un estraniamento e una perdita di funzione, dovuta non a fraintendimenti linguistici o culturali con il blocco sociale, ma ad una oggettiva e conseguente subalternità de facto al centro-sinistra europeista, che ha posto la “sinistra” e i comunisti nell’arco dei problemi e non delle soluzioni per le classi lavoratrici, colpite da decenni di ristrutturazione capitalistica e dalla controffensiva neoliberista nella crisi che veniva da lontano ma è esplosa con tutta la sua forza nel 2008, e che nel caso italiano ed europeo ha trovato nell’Unione Europea il proprio strumento “principe”.

Occorre quindi a nostro avviso – ed è il motivo alla base del confronto che abbiamo organizzato – entrare nel vivo dei nodi politici che le forze che hanno la pretesa di intervenire nella realtà per modificarla hanno di fronte oggi. Non si tratta di mera “speculazione filosofica” quindi ma una guida per l’azione interrogarsi sulla natura del governo giallo-verde, sulla sua base sociale e “ragion d’essere”, sui suoi rapporti con la Unione Europea e la relazione che ha con le precedenti classi dirigenti; la natura della Unione Europea, i suoi obiettivi dai quali derivano le politiche portate avanti sul piano interno ed esterno dei precedenti e dell’attuale governo; in questo senso inquadrare il processo di regionalizzazione di aree come la Lombardia e gli obiettivi che si pongono città come Milano all’interno di un quadro più generale, come agganciamento e costruzione reale di un nucleo duro della UE, in un’Europa (e un’Italia) a due velocità.

Interrogativi questi necessari per ragionare sugli strumenti di cui ci dotiamo per poter incidere concretamente nella realtà, ma che ci aprono anche un altro piano di ragionamento sulla funzione dei comunisti oggi, nel XXI secolo; sugli strumenti di rapporto con la classe, di quello che storicamente è stato chiamato partito e delle diverse forme che ha assunto nel passato.

A questi interrogativi crediamo sia più che mai necessario dare risposta, specialmente in un territorio come il nostro. Un territorio, quello del Nord Italia e in particolare della Lombardia, che vede un inesorabile tramonto delle ipotesi comuniste e della “sinistra radicale”, così come la sempre maggiore difficoltà da parte del variegato mondo del “movimento” di trovare spazi per rilanciare una conflittualità di classe, e dove allo stesso tempo si esprime con forza la spinta alla cosiddetta unità della sinistra. Una Regione la nostra che ha fatto da base materiale, sociale e politica all’affermazione della Lega Nord, e che ha come capitale (non paradossalmente a nostro avviso) “vicina all’Europa” la città di Milano, caposaldo della finanza e roccaforte europeista.

Una città e una regione che vedono nel diventare “Baviera del sud” la possibilità di continuare ad avere un ruolo di primo piano nel contesto nazionale ed europeo, di non perdere le posizioni acquisite in termini di benessere e di posizionamento economico. Certo, un processo basato sull’aumento delle diseguaglianze sociali non solo fra Nord e Sud, ma anche all’interno delle classi lavoratrici “padane”.

Non possiamo, quindi, pensare di invertire la rotta con richiami etici alla solidarietà, o a una condanna dell’“ignoranza” di chi, schiacciato dalla crisi e ammutolito spera di mantenere ciò che ha faticosamente accumulato nel periodo alle nostre spalle.

In questo senso riteniamo che il manifestarsi proprio a Milano di fortissime spinte alla “unità della sinistra” sotto varie forme e bandiere (purtroppo anche agitando temi come l’antirazzismo e l’antifascismo), siano una trappola tesa a impedire la mancata riaffermazione di quelle classi dirigenti che si sono fatte paladine della costruzione della Unione Europea, che hanno applicato le ricette di “guerra ai poveri” dentro e fuori i propri confini, con le bombe, con le riforme e la repressione, creando le basi materiali al successo del governo giallo-verde.

Crediamo, invece, che occorra alzare il livello del dibattito e della analisi, per dotarsi di strumenti concreti d’organizzazione su quelli che abbiamo chiamato “i tre fronti della lotta di classe”, per quanto complesso possa essere.

Siamo coscienti della nostra insufficienza, ed è per noi una novità intervenire in una città come Milano, ma pensiamo sia questa l’altezza delle sfide che dobbiamo porci.

Abbiamo affermato infatti che la coscienza di classe, in una fase storica profondamente controrivoluzionaria, non possa che essere frutto di processi organizzativi coerenti, autonomi e indipendenti e sempre più radicati nel blocco sociale.

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