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10/02/2019

Torino - Qualcosa di più e di peggio di uno sgombero

Una giornata di repressione che a ventiquattro ore di distanza non è ancora terminata. È iniziata ieri prima dell’alba l’operazione con cui la forza pubblica si è dispiegata nel quartiere per operare lo sgombero del centro sociale Asilo, occupazione anarchica da 24 anni attiva in città e l’arresto di 8 militanti, con l’accusa di associazione sovversiva (270bis) per le lotte contro i centri di espulsione.

Un dispiegamento di forze abnorme, i ragazzi del quartiere parlano di circa 900 divise e decine di camionette coinvolte nell’arco della giornata, volto a intimidire e contenere ogni risposta che potesse venire dai solidali. Dalle 5 del mattino la polizia è entrata nello stabile, iniziando a devastare ogni cosa ma alcuni occupanti sono riusciti a salire sul tetto per opporsi allo sgombero e, a 24 ore di distanza e dopo una notte al gelo, ancora resistono lì.

Il presidio di solidali che si è raccolto poco dopo è stato caricato e disperso mentre la testa del corteo è stata schiacciata per ore contro un muro. La chiamata cittadina di solidarietà si è raccolta poi nel pomeriggio ed è sfilata per le vie del quartiere, subendo alcune cariche ed arresti.

In serata nel quartiere di Aurora si respirava aria da occupazione israeliana, le strade intorno all’Asilo sono state sigillate con griglie in ferro, stile zona rossa, e si poteva entrare solo dimostrando documenti alla mano che si viveva nell’area, nel frattempo pattugliamenti in tutte le vie adiacenti.

L’operazione contro l’Asilo ci porta brevemente a riflettere sulle dinamiche che mostra a due livelli. Da una parte una locale, l’occupazione è infatti in un quartiere che da anni fa gola a speculatori e grossi flussi di capitale e che è sottoposto con sempre maggiore sforzo ad un processo di trasformazione, espellendo la popolazione povera e incrementando il valore degli immobili.

Una città che ieri era completamente militarizzata anche in centro, a qualche quartiere di distanza da quello dell’Asilo, era infatti in corso l’Atto III di protesta contro l’invasione dei privati a Palazzo Nuovo, promosso da Noi Restiamo e studenti universitari. Il presidio, trasformatosi presto in corteo si è trovato di fronte un ingente schieramento di polizia in assetto antisommossa, che ha a più riprese impedito al corteo di sfilare liberamente per li vie intorno l’università. Alla terza settimana consecutiva, la protesta non sembra arrestarsi mentre la sola risposta che le istituzioni cittadine e universitarie sembrano dare è un dispiegamento di forze ogni volta maggiore.

A poche decine di metri infatti c’è la sede di una multinazionale come la Lavazza ed una scuola di design privata. Dall’altro un elemento di tendenza preoccupante e sempre più evidente nel nostro paese, che vede una repressione sia tramite forza pubblica violenta sia per via giudiziaria delle lotte sociali e di chi le porta avanti, anche con accuse gravi come quella di eversione e di terrorismo tramite il 270bis.

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