di Michele Giorgio - il Manifesto
Al Jazeera
qualche giorno fa aveva liquidato il vertice Ue-Lega araba come
«simbolico», senza sostanza. E in parte ha avuto ragione. «La nuova era
di cooperazione» di cui parlavano ieri i partecipanti alla fine della
due giorni di Sharm el Sheikh è solo uno slogan. Ciò nonostante sarebbe
un errore trascurare alcuni degli esiti, in qualche caso preoccupanti,
del primo summit tra capi di Stato e di governo dei paesi dell’Unione
europea e della Lega araba sui temi della sicurezza, migrazione, le
crisi e guerre regionali. Così come sarebbe un errore sottovalutare che il presidente egiziano Abdel Fattah el Sisi, a capo di un regime brutale, ha ricevuto sul Mar Rosso una piena legittimazione da parte dell’UE.
«Andando a Sharm el Sheikh (i leader europei) hanno approvato,
consapevolmente o meno, il peggior dittatore che l’Egitto abbia visto
nei tempi moderni... Tusk, Juncker e i 20 capi di Stato che hanno aderito
all’evento, non sono altro che gli utili idioti di el Sisi», ha scritto
senza peli sulla lingua David Hearst, giornalista di fama
internazionale. Hearst ha ricordato il recente emendamento alla
Costituzione egiziana che farà di el Sisi un faraone, al potere a tempo
indeterminato. Di fronte a ciò non si può non provare una profonda
amarezza leggendo le dichiarazioni di Conte. El Sisi, ha assicurato il
presidente del consiglio, rinnova l’impegno per arrivare alla verità sul
brutale assassinio di Giulio Regeni. Il governo italiano assegna credibilità a colui che agisce unicamente per insabbiare la vicenda di Regeni.
Conte piuttosto avrebbe dovuto indignarsi ascoltando il rais egiziano
che, nel suo discorso, ha chiesto all’UE di comprendere che «nei
paesi arabi la priorità è la stabilità ed evitare che cadano nella
distruzione, com’è avvenuto in diversi Stati dell’area». Una premessa
volta a giustificare le gravi violazioni dei diritti umani in Egitto.
«La pena di morte che viene decisa dai tribunali penali in Egitto è uno
strumento per tutelare i diritti delle vittime degli attacchi
terroristici ed è parte della cultura e dei valori della regione», ha
risposto el Sisi ai giornalisti che gli chiedevano delle esecuzioni in
Egitto (15 solo nel mese di febbraio).
El Sisi chiede mano libera contro oppositori e dissidenti e l’Italia e il resto dell’UE acconsentono.
L’Ue intende cooperare proprio con il regime egiziano nella sicurezza e «lotta al terrorismo» e il portale d’informazione mediorientale
Middle East Eye (Mee) ieri riferiva in esclusiva che funzionari europei
hanno avviato colloqui con le controparti al Cairo e in alcuni paesi
mediorientali – Algeria, Giordania, Libano, Marocco, Tunisia e Turchia
(con Israele già accade da anni) – per la condivisione con Europol di
informazioni personali tra cui i dati riguardanti la razza e l’origine
etnica di una persona, le sue opinioni politiche e credenze religiose,
l’affiliazione sindacale, i dati genetici, quelli relativi alla loro
salute e persino alla vita sessuale. Un portavoce della Commissione
europea ha rivelato a Mee che i negoziatori hanno tenuto tra novembre e
dicembre colloqui con la Turchia e rappresentanti egiziani e di vari
paesi arabi. Incontri che significano un’ulteriore normalizzazione della cooperazione con i servizi di sicurezza di el Sisi responsabili, come tutti gli elementi lasciano credere, dell’omicidio di Giulio Regeni oltre che di abusi, torture e violazioni a danno di migliaia di cittadini egiziani.
Nella dichiarazione finale del vertice a Sharm el Sheikh, divisa in
17 punti, Ue e Lega araba affermano inoltre la necessità di risolvere in
modo politico le crisi regionali, in conformità con il diritto
internazionale e il diritto umanitario. Ribadiscono il sostegno comune
alla soluzione a Due Stati (Israele e Palestina) in base ai confini del
1967 e Gerusalemme est come capitale del futuro Stato palestinese ed
esprimono preoccupazione per la situazione nella Striscia di Gaza.
Sostengono di voler preservare l’unità, la sovranità, l’integrità
territoriale e l’indipendenza di Siria e Yemen. Si stenta a crederlo
guardando a ciò che hanno deciso e fatto in quei due paesi dal 2011 in
poi.
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