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17/02/2019

Atto XIV: On Lâche Rien!


Con l’atto XIV la mobilitazione permanente iniziata il 17 novembre del 2018 giunge al suo terzo mese senza che si intravedano segnali di riflusso.

Questo “anniversario” è caratterizzato oltre che dalle manifestazioni di sabato a Parigi e in numerose altre città, anche da iniziative domenicali e da un ritorno della “marea gialla” sulle rotatorie, i luoghi che sono stati il centro gravitazionale della protesta e propulsori di iniziative “altre” a cui ha dato ben presto vita il movimento partendo da questi presidi.

Questo martedì, ma in realtà durante tutta la settimana, si sono svolte azioni congiunte di CGT e GJ all'insegna di una giornata dell’“emergenza sociale” che vuole essere un appuntamento settimanale fisso di mobilitazione e convergenza tra le giacche rosse del sindacato e quelle gialle.

Anche se sono solitamente ignorate dal cono di luce dei media, vi è un fiorire di vertenze sindacali specifiche che si affiancano ad iniziative sindacali più generali.

Ne vogliamo mettere in mostra in particolare due, perché danno conto del dinamismo sindacale nei confronti dei settori più vulnerabili della classe come i disoccupati e i lavoratori interinali.

I disoccupati sono interessati insieme ai lavoratori del corrispettivo francese dei “centri per l’impiego” dalle riforme in senso regressivo volute dalla maggioranza governativa tese ad sostituire il modello di sicurezza sociale transalpino con le forme del workfare anglosassone e a trasformare le figure che lavorano nei centri in controllori dei disoccupati più che elemento di cerniera tra l’offerta e la domanda di lavoro.

Questa prassi punitiva vuole trasformare l’indennità di disoccupazione – comunque recepita solo dalla metà dei disoccupati – in una sorta di premio garantito unicamente a chi ha una prassi di ricerca attiva del lavoro, stabilita da canoni sempre più restrittivi e la sua mancata elargizione una pena a chi si rifiuta di accettare qualsiasi lavoro a qualsiasi condizione.

I vari distaccamenti territoriali del Comité national CGT Chômeurs précaires hanno compiuto differenti azioni in particolare nei vari Pôle Emplois e non solo.

Durante una occupazione del 30 gennaio del centre régional de côntrole de la recherche d’emplois della Loira è stato sventolato uno striscione che sintetizza il senso della loro lotta: “Guerra alla disoccupazione! Non ai disoccupati!”.

Le riforma sull’indennità di disoccupazione voluta da Macron ha dato vita in piena marea gialla alle mobilitazioni delle “gilets roses” cioè delle assistenti materne (sono più di 100.00) – sostenute dal Comité – particolarmente colpite da questo provvedimento.

Un’altra importante iniziativa è stata quella in direzione dei lavoratori interinali, con l’“Atto II” delle “journées rouges des intérimaires”, una campagna di informazione – riporta NVO nell’articolo a questa dedicato – e di sensibilizzazione allo sfruttamento e alla precarizzazione dei lavoratori salariati interinali. È nelle grandi imprese che deve avvenire il Grand Dèbat. È la che si gioca tutto.

Si tratta di una campagna congiunta di lavoratori “fissi” del sindacato e interinali sindacalizzati tesa a chiedere miglioramenti per quest’ultimi: con lo svilupparsi del movimento dei GJ – riporta l’articolo – alcuni lavoratori interinali (2,5 milioni in Francia), anche se assunti settimanalmente, non hanno più paura di coinvolgersi per difendere i propri interessi.

La CGT intérim chiede tra l’altro l’assunzione immediata dei lavoratori interinali che lo richiedono, l’uguaglianza integrale di trattamento e l’aumento immediato dei salari.

Come abbiamo già avuto modo di scrivere, lo sciopero generale del 5 febbraio ha fatto entrare il movimento in una nuova fase.

Un comunicato congiunto emesso il 13 febbraio da tre sigle sindacali, di cui due già promotrici dello sciopero generale di febbraio (la CGT e Solidaires) insieme a FO e alle organizzazioni studentesche UNEF, UNEL e UNL SD si impegnano alla costruzione congiunta di una nuova giornata di sciopero generale il 19 marzo prossimo impegnandosi a perseguire un lavoro comune che dia delle prospettive alla mobilitazione sociale. Le organizzazioni coinvolte chiamano ad una possente giornata di azione, di mobilitazioni e di sciopero il 19 marzo.

Il comunicato non tocca solo i temi legati all’incremento del potere d’acquisto e della giustizia fiscale, ma della situazione delle fasce giovanili che incontrano le riforme altamente restrittive del diritto di studio, la minaccia dovuta alle leggi liberticide e la necessità della transizione ecologica, configurandosi come una piattaforma ampia, in grado di ricevere le istanze emerse dai vari movimenti che si sono espressi in questi mesi, che non hanno trovato ascolto nel governo e con una grossa responsabilità da parte del padronato.

“In parallelo, il padronato, particolarmente quello dei grandi gruppi, porta lui stesso una grande responsabilità nell’esasperazione sociale – afferma l’appello – è nelle grandi imprese e nei servizi pubblici che i lavoratori salariati sono considerati come un costo e non per ciò che sono: una ricchezza. È lì che le condizioni di lavoro regrediscono. Ovunque si aggrava la precarietà”

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Se Tolosa, Marsiglia e Bordeaux sono stati tra i trampolini di lancio per la convergenza tra GJ e sindacati, una dinamica assolutamente interessante si sta producendo ne L’île-de-France (la regione parigina dove vive un quarto della popolazione francese), anche per il tentativo di far confluire con proprie rivendicazioni specifiche i quartieri popolari periferici nella mobilitazione. È in atto infatti un tentativo sistematico di coordinamento di una Assemblea Generale della Regione (la prima tenutasi il 24 gennaio la seconda il 14 febbraio) che ha faticato ad entrare nella marea gialla, se non per la confluenza nelle manifestazioni nella capitale.

Il Comité Adama e i GJ di Rungis hanno organizzato per domenica 17 febbraio un incontro alla Bourse de Travail di Saint-Denis nella periferia parigina dal titolo: Alliance Gilets Jaunes et Quartiers Populaires.

Un interessante articolo di “Mediapart” fa il punto su quelle che sono state le mobilitazioni a Rungis (ma non solo) importante polo logistico della regione dove si trova il più grande hub agro-alimentare continentale, bloccato da una massiccia azione notturna di GJ e militanti sindacali il giorno dello sciopero generale.

L’articolo firmato da Lucie Delaporte e Mathilde Goanec, Gilets jaunes d’Ile-de-France: “les quartiers populaires sont là”, dà voce a Moulud Sarahoui, delegato sindacale della CGT al magazzino di Gennevilliers di Geodis, una filiale privatizzata della SNCF e GJ e da uno spaccato delle lotte della logistica nella periferia parigina.

Per questo attivissimo delegato il movimento è stata una “grossa, grossa, boccata d’ossigeno”.

Questo posto di lavoro è paradigmatico di una condizione trasversale dei lavoratori della logistica anche nell’esagono: condizioni di lavoro molto dure, salari bassi e uso massiccio di lavoratori interinali.

Lo sciopero di un mese del 2015 non aveva permesso d’ottenere alcuna concessione da parte della direzione e ha lasciato un gusto amaro. «Allora che Geodis appartiene ad un gruppo che fa 8 miliardi di utili».

Con la marea gialla e le dichiarazioni di E. Macron sulla defiscalizzazione per le imprese del premio natalizio – comunque facoltativo – i lavoratori del magazzino si sono messi in sciopero il 26,27,28 dicembre e poi di nuovo il 2 e 3 gennaio. allo sciopero – dichiara il delegato – ha aderito il 90% del personale. È la prima volta che i quadri ci hanno sostenuto e si sono messi in sciopero. Subito dei gilets jaunes dell’Ile-de-France sono venuti a sostenerci. Abbiamo coalizzato le nostre forze.

L’azienda ha deciso di smistare “i colli” verso altri depositi a Bonneuel-en-France e a Bercy, dove i lavoratori si sono recati insieme ai GJ e ad un composito gruppo di sostenitori della lotta.

Quando Amazon ha deciso di licenziare dei lavoratori per il loro sostegno alla lotta dei GJ, i lavoratori della Geodis con degli altri GJ hanno deciso di invadere il sito di Bonneuil-sur-Marne del gigante mondiale della vendita on line per chiedere spiegazioni alla direzione:

“Abbiamo così bloccato 250 semi-rimorchi. Hanno mandato i CRS e la gendarmerie, ma quando abbiamo spiegato che ci battevamo per i salari, è filato tutto liscio. Anche gli autotrasportatori si sono schierati con noi. Anche loro hanno difficoltà a raggiungere la fine del mese”.

Dopo un primo tentativo di blocco di Rungis il 17 dicembre, insieme all’associazione dei VTC da cui si sono presto separati per l’atteggiamento razzista e l’orientamento di estrema destra della direzione di Jean-Claude Resnier, un secondo tentativo riuscito è stato fatto la giornata dello sciopero generale.

Nota David Gaborieau, sociologo che studia da vicino i conflitti nella logistica intervistato dagli autori dell’articolo: c’era una grande proporzione di persone racisées: dei coordinamenti di sans-papiers, degli operai della logistica, dei salariati della grande distribuzione.

Questa dinamica intrapresa dell’azione collettiva dimostra come la “marea gialla” abbia stimolato la conflittualità sindacale anche dove stentava ad ottenere risultati e smentisce le interpretazioni tendenti a negare una partecipazione diretta degli abitanti dei quartieri popolari nel movimento.

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Il 10 febbraio la maison du peuple di Saint-Nazaire con un video-appello – esattamente come era stato fatto dall’Assemblea Generale di Commercy per la proposta della prima “assemblea delle assemblee” dei gilets jaunes – ha annunciato il proseguimento di questo tentativo di confronto e di coordinamento lanciando un appuntamento di tre giorni per il 5, 6 e 7 aprile per la Seconda Assemblee delle Assemblee dei GJ.

“Vogliamo farne un momento forte di incontro e di coesione tra gilets jaunes, un momento esemplare per la democrazia e un momento storico per il movimento, dichiara il terzo intervento di presentazione video.

Invitano tutte le realtà intervenute al primo appuntamento a fare conoscere questa seconda tappa, terminando l’appello cantando in coro il ritornello della famosa canzone degli HK e dei Saltimbanks, On lâche rien, che ancora oggi ritma le principali mobilitazioni in Francia.

Un particolare non da poco, erano uno dei gruppi che hanno suonato all’ultimo festival dell’Alta Felicità in Val Susa questa estate, tanto per capire...

Basterebbe leggersi il report del primo incontro di Commercy e il video-appello finale che ne è scaturito – a cui hanno partecipato circa 200 GJ con delegazioni da 75 realtà di GJ – per rendersi conto di come sia surreale l’avere accreditato come leader dei GJ una mentecatto mitomane come Chalençon, marginale e marginalizzato in patria, incontrato da Di Maio nei giorni scorsi. Questa supposto “capo”, insieme a tanti altri personaggi creati dalle emittenti televisive senza alcun seguito, sono solo utili idioti di Macron e di coloro che vogliono screditare il movimento facendolo passare come eterodiretto da pseudo-golpisti che ricordano in versione ancora più caricaturale i protagonisti del film di Mario Monicelli: “Vogliamo i colonnelli”.

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Anche questo sabato Parigi, Marsiglia, Lione, Tolosa, Bordeaux sono stati epicentri della mobilitazione insieme a Montpellier, Rouen, Le Mans, Valence, Lille, Bourg-en-Bresse, Nantes...

Come sempre il Ministero dell’Interno fornisce cifre al ribasso, parlando di 41.000 persone che avrebbero manifestato in tutta la Francia, smentite dalle cifre fornite dalla stampa locale e dai media indipendenti, oltre alle fonti di informazioni dirette che mostrano la marea gialla sfilare per i centri cittadini delle varie città, dove non sono mancati, soprattutto a fine manifestazioni, sgomberi violenti da parte delle forze dell’ordine e scontri con i manifestanti.

Questa settimana sono stati condannati Christophe Dettinger, “il pugile del popolo” colpevole di avere fatto arretrare la polizia a mani nude sulla passarella di Solferino, il 5 gennaio, per difendere i manifestanti, ad una pena di un anno di prigione da scontare in carcere e 18 “avec surcis”, ed Eric Drouet, figura di spicco del movimento, con pene di un mese di carcere “avec surcis” e 500 Euro di multa per due manifestazioni “non dichiarate”.

Per il ministero dell’Interno si contano 8.000 arresti, 1.800 condanne e 1.500 casi che devono essere ancora giudicati dall’inizio del movimento, mentre secondo una scrupolosa inchiesta giornalistica “in progress” di David Dufresnes la polizia ha provocato un decesso, le mani di 5 manifestanti – tra cui una la settimana scorsa a Parigi – sono state disintegrate, 20 persone sono state amputate e 189 ferite alla testa, senza che nessun membro delle forze dell’ordine sia stato ancora messo sotto processo!

Tre membri dell’ONU incaricati di monitorare la situazione francese si sono preoccupati della violenza poliziesca e giudiziaria contro il movimento dei gilets jaunes ed invitano esplicitamente la Francia a ripensare le sue politiche in materia di mantenimento dell’ordine, mentre il 14 febbraio gli Eurodeputati hanno adottato una risoluzione di condanna al ricorso a interventi violenti e sproporzionati da parte dell’autorità pubblica.

L’Esecutivo continua ad essere sordo alle richieste sociali e politiche dei Gilets Jaunes che alcune forze politiche hanno tentato di portare anche all’interno degli ambiti della rappresentanza politica istituzionale, e agita lo spettro di una giustizia esemplare contro i manifestanti e di una sostanziale impunità per le violenze delle forze dell’ordine che sono pervicacemente negate dall’entourage macroniano.

Per riprendere un vecchio slogan adatto al clima temperato e alla giornata soleggiata del sabato francese di mobilitazione: vogliono fermare le stagioni, ma è già primavera!

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