Il peggior crollo produttivo dell’industria italiana dal 2009, quando stramazzò “soltanto” del -5%...
Il fatturato totale diminuisce infatti “in termini tendenziali” (ossia considerando un anno) del -7,3%, con un calo del -7,5% sul mercato interno e del -7,0% su quello estero. Una conferma, oltretutto di due condizioni strutturali entrambe negative:
a) il mercato interno non è in grado di assorbire la produzione per via dei bassi salari e della elevata disoccupazione;
b) i mercati stranieri non “trainano” più, e quindi paghiamo pesantemente l’aver accettato di trasformare buona parte della nostra attività industriale in “produzione conto terzi” per le filiere tedesche, tutte orientate all’esportazione.
Filiere che oggi pagano anche loro l’austerità imposta tramite l’Unione Europea (tutto il mercato interno continentale soffre alla stessa maniera) e i primi danni della guerra commerciale di tutti contro tutti aperta con il passaggio – causato da una crisi ultradecennale – dalla “globalizzazione” alla competizione globale.
I dati Istat pubblicati stamattina dovrebbero costringere tutti a rivedere le proprie idee – pregiudizi indotti, in realtà – su come funziona l’economia sotto il segno dell’ordoliberismo mercantilista di matrice teutonica. Ma non avverrà. Più semplice prendersela con la coglionaggine del governo di turno (che in effetti non ci sta capendo molto) o, come in modo inaudito continua a fare Confindustria, con il “costo del lavoro troppo alto” (siamo già arrivati al lavoro gratuito, che cavolo voglio ancora?).
Più in dettaglio. A dicembre 2018 il fatturato dell’industria è diminuito “in termini congiunturali” (cioè rispetto al mese precedente) del 3,5%. Nel quarto trimestre l’indice complessivo ha registrato un calo dell’1,6% rispetto al trimestre precedente.
Ma la situazione non è affatto passeggera. Se guardiamo infatti agli ordinativi – la produzione dei prossimi mesi – si registra una diminuzione sia rispetto al mese precedente (-1,8%), sia nel complesso del quarto trimestre rispetto al precedente (-2,0%).
Anche qui, il calo mensile del fatturato riguarda sia il mercato interno (-2,7%) sia, in misura più accentuata, quello estero (-4,7%). Peggio ancora per l’immediato futuro: la flessione degli ordinativi è infatti la sintesi di un incremento delle commesse provenienti dal mercato interno (+2,5%) e di una fortissima contrazione di quelle provenienti dall’estero (-7,4%). Chi aveva puntato solo sulle esportazioni (tutto il sistema industriale italiano) si trova oggi sull’orlo dell’abisso.
Non c’è peraltro un solo settore in controtendenza. A dicembre tutti i raggruppamenti principali di industrie segnano una variazione mensile negativa: -1,8% i beni di consumo, -5,5% i beni strumentali, -1,7% i beni intermedi e addirittura -9,7% l’energia.
Sempre con riferimento al fatturato annuale, tutti i principali settori di attività economica registrano cali tendenziali drammatici. I più giganteschi riguardano i mezzi di trasporto (-23,6%), l’industria farmaceutica (-13,0%) e l’industria chimica (-8,5%). Una strage, diciamo pure...
E peggio ancora va se si guarda agli ordinativi: qui il calo su base annua è del 5,3%, derivante da diminuzioni per il mercato interno (-3,6%) e ancora più per quello estero (-7,6%). Solo il comparto dei macchinari e attrezzature segna una tendenza positiva (+5,4%), mentre la diminuzione più marcata si rileva per l’industria delle apparecchiature elettriche (-21,4%).
Avete voluto giocare a fare i contoterzisti dei tedeschi, con salari da fame e tutte le speranze legate alle esportazioni? Ecco il risultato. Spazzare via questa “classe dirigente” (sia imprenditoriale che politica, sia italiana che “europea”) è ormai questione di sopravvivenza.
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