A prima vista, la sproporzione tra i due spettacoli sembra enorme. Il Live Aid Venezuela, promosso dal businessman britannico Richard Branson, fondatore del Gruppo Virgin, si terrà sul lato colombiano del ponte Tienditas, che collega la città colombiana di Cúcuta con lo Stato venezuelano di Tachira.
A Cucuta sono state stoccate tonnellate di cibo e forniture mediche, gestite dalla famigerata agenzia statunitense USAID (da sempre strumento di ingerenza e spionaggio statunitense), in attesa del loro ingresso in Venezuela. Lo scopo è quello di utilizzare questi aiuti umanitari per sostenere il golpista Guaidó, riconosciuto come “presidente” da più di cinquanta paesi ma disconosciuto come tale da quasi il doppio dei paesi del mondo.
La scaletta di artisti internazionali che si prestano a questa operazione vede Alejandro Sanz e Miguel Bose, Juanes e Carlos Vives, Jose Luis Rodriguez El Puma, Nacho, Chyno Miranda e Carlos Baute, non è certa invece la partecipazione dei Manà. Ma il mondo della musica ha dovuto recepire anche appelli dal segno completamente diverso. “Questo concerto non ha niente a che vedere con gli aiuti umanitari”, ha denunciato il fondatore dei Pink Floyd Roger Waters in un video. “Ha a che vedere solo con Richard Branson... che si è fatto convincere che gli Stati Uniti potessero risolvere le cose in Venezuela, non so per quale ragione. Vogliamo davvero che il Venezuela diventi un altro Iraq, un’altra Siria o Libia? Io no, e credo che lo stesso valga per il popolo venezuelano”. L’appello di Roger Waters a non farsi strumentalizzare è stato raccolto ad esempio da Peter Gabriel (ex Genesis) che ha declinato l’invito di Branson dopo che era già stato infilato nel cartellone degli artisti che dovevano suonare a Cucuta.
Il governo bolivariano del Venezuela, ha risposto a questa sfida con l’annuncio di un concerto in parallelo di due giorni, il 22 e 23 febbraio, ma nella parte venezuelana del ponte Simón Bolívar, al confine principale con la Colombia.
“Abbiamo ricevuto la proposta di un gran numero di artisti venezuelani che hanno cercato di dare vita ad un evento culturale, un grande concerto per la pace e per la vita”, ha detto Jorge Rodriguez, Ministro delle Comunicazioni, annunciando l’evento con lo slogan “Giù le mani dal Venezuela” in una conferenza stampa. Decisamente innervositi dalla risposta e dalla sfida rilanciata dal governo venezuelano, sia Guaidó che i suoi rappresentanti a Cúcuta hanno definito “una presa in giro” l’annuncio del concerto parallelo.
Ma i concerti all’aperto sul confine colombiano-venezuelano non sono una novità . Alcuni degli artisti che saranno a Live Aid Cucuta avevano già partecipato nel 2008 all’evento “Pace senza frontiere”, tenutosi al ponte Simon Bolivar. A quel tempo, i musicisti hanno cercato di sancire con un concerto la fine delle tensioni dovute ad una grave crisi diplomatica che coinvolse Venezuela, Colombia ed Ecuador. Allora erano al potere Hugo Chavez, Álvaro Uribe e Rafael Correa. Venezuela ed Ecuador avevano denunciato un raid dell’esercito colombiano in territorio ecuadoriano per sequestrare Raúl Reyes, il numero due delle FARC.
Gli organizzatori del concerto di sabato 23 a Cucuta hanno intuito i rischi di strumentalizzazione politica contro il governo del Venezuela ed hanno chiesto ai politici di mantenere un certo grado di neutralità. L’ex presidente colombiano Álvaro Uribe ha fatto sapere che non parteciperà in apparente contrasto, con l’attuale presidente Ivan Duque – una creatura di Uribe – che ha invece promesso di essere presente, come anche il presidente cileno Sebastián Piñera ha annunciato che venerdì visiterà Cucuta per sostenere l’ingresso di “aiuti umanitari” nordamericani in Venezuela. Ma la lista dei presidenti latinoamericani disponibili a questa operazione per ora si ferma qui. E anche questo è un segnale.
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