Si era parlato di lui nei giorni scorsi come candidato “forte” (in verità più nei corridoi che pubblicamente), ma con l’intervista di oggi a il manifesto, Sergio Cofferati è tornato a materializzarsi nello scenario politico della cosiddetta “sinistra” in previsione delle elezioni europee. E il “Cinese” lo ha fatto alla sua maniera, andando dritto al problema e sparecchiando il tavolo su ogni illusione che in Italia ci potesse essere una “sinistra” diversa da quella impaludatasi da anni.
Cofferati infatti ha in mente una lista europeista in salsa rosso-verde “che vada da Rifondazione comunista, Sinistra italiana, Diem, Possibile ai Verdi”. Ma che tenga fuori Potere al Popolo e qualsiasi interlocuzione europea che non sia compatibile all’europeismo riformista (come Melenchon e la France Insoumise per esempio).
Nell’intervista Cofferati lo chiarisce con nettezza: “De Magistris, per ragioni a me incomprensibili ha provato a mettere insieme formazioni incompatibili fra loro. Fra queste Prc, Si, L’Altra Europa, Diem, Possibile, fanno riferimento al partito della sinistra europea e sono europeiste. Invece Potere al popolo ha un orientamento distruttivo verso l’Europa. Non c’era convergenza possibile.”
Distruttivo? PaP è contro i Trattati, proprio come le altre forze di quel tavolo.
“Noi siamo contro alcuni Trattati. PaP non c’entra con il partito della sinistra europea, ne è un feroce oppositore, come il francese Mélanchon a cui si collega, che è contro l’Europa”.
Bisogna ammettere che “il Cinese” dice con chiarezza l’esatta ragione della discesa in campo della “sua” coalizione nel mentre le stesse forze stavano dialogando con il sindaco di Napoli: impedire che “alla sinistra” del Pd si realizzasse – anche sul piano elettorale – un qualcosa di davvero dirompente, ossia capace di indicare con nome e cognome il vero “potere politico” negli equilibri di questo Continente. E quindi di proporne la rottura come condizione minima indispensabile per realizzare una qualsiasi politica economica e sociale a favore delle classi popolari.
Appare dunque fin troppo evidente come l’uscita di Cofferati sia la “rivendicazione” di aver lavorato con successo, insieme ad altri, per costruire sulle elezioni europee un’altra ipotesi rispetto a quella di cui si va discutendo da mesi; una lista classicamente “europeista senza se e senza ma”, con qualche tiepida velleità di revisione di alcuni trattati (quali però, non è mai stato dato sapere: Maastricht, Six Pack, Two Pack, Mes, Fiscal Compact, Dublino, il complessivo impianto del Trattato di Lisbona, etc.), o comunque una operazione tesa a far fallire l’ipotesi di lista elettorale su cui sia Potere al Popolo sia De Magistris avevano provato – con maggiori o minori aspettative – a lavorare.
Nella giornata di ieri avevamo parlato di tavoli di discussione multipli e a geometrie politiche variabili nelle varie anime della “sinistra”, dal ritorno della “Ditta” alla direzione del Pd, alle centrifughe anime di Si e Leu e quant’altro. Come al solito la realtà ha superato la fantasia.
Come abbiamo scritto in molte occasioni, le elezioni non sono sempre un certificato di esistenza in vita, perpetuando sulle solite modalità rischiano di diventare un certificato di morte, politica ovviamente.
C’è urgenza di un’altra visione politica e della ricostruzione di nuove forme di interconnessione e rappresentanza con i settori popolari devastati dalla crisi e dall’impoverimento, settori che hanno affidato il loro rancore sociale alle forze che hanno costruito un governo anomalo. Un governo che porta dentro di sé la brutalità dei governi di centro-destra e contemporaneamente la capacità di ammortizzazione sociale dei governi di centro-sinistra. Un combinato disposto micidiale.
Per romperlo serve molto di più delle mosse del Cinese, in Italia come a livello europeo. Anzi, l’esatto opposto. E la rottura del quadro esistente è un presupposto decisivo per costruire e indicare qualsiasi alternativa popolare, democratica e internazionalista degna di questo nome.
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