La notizia di oggi è il possibile rinvio della scadenza di rinnovo dei dazi sulle importazioni dalla Cina. Trump ci starebbe pensando: due mesi in più per permettere ai negoziati di decollare.
Oggi, ed anche questa è una notizia, è previsto un incontro a Pechino tra i vice premier Liu He e la delegazione statunitense guidata dal Segretario al Tesoro Steve Munchin, mentre al momento appare meno consistente la possibilità di un incontro tra lo stesso Donald Trump ed il presidente cinese Xi Jinping. Alcune indiscrezioni avevano indicato una data, fine febbraio, ed un luogo, Da Nang in Vietnam, ma al momento è tutto smentito.
Al momento l’unica certezza è che la scadenza c’è: il primo marzo. Qualcosa di sicuro avverrà, magari già da questa sera, dopo l’incontro tra le delegazioni. Ma tutto è in trattativa, e le notizie più interessanti forse vanno cercate altrove.
Se ne possono trovare, ad esempio, andando a cercare sotto la voce “Russiagate” (l’inchiesta in corso sulle possibili interferenze russe nella elezione di Trump). Si parla poco di questa inchiesta, negli ultimi mesi. Eppure ne succedono, di cose!
Ad esempio qualche ora fa un giudice federale ha stabilito che Paul Manafort, il responsabile della campagna elettorale di Trump attualmente in carcere per reati finanziari, avrebbe mentito al procuratore Mueller – titolare dell’inchiesta Russiagate – e all’FBI.
E’ una notizia che pesa, e che potrebbe cambiare parecchio la situazione. Manafort aveva fatto un patto con Mueller: informazioni in cambio di “morbidezza” rispetto ai processi in corso. Un accordo di collaborazione infranto – pare – da una serie di false informazioni che il lobbysta avrebbe dato agli inquirenti, in particolare sui suoi rapporti con Konstantin Kilimnik, consulente politico russo messo sotto osservazione da Mueller ed il suo staff.
Qualche giorno prima – parliamo degli ultimi giorni di gennaio – un’altra notizia è rimbalzata sulle cronache dei principali quotidiani del mondo, finendo però velocemente nel dimenticatoio. Eppure, anche questa, è una notizia che potrebbe essere rilevante.
All’alba di venerdì 25 gennaio l’FBI ha arrestato a Fort Lauderdale, in Florida, Roger Stone. Si tratta di un personaggio molto vicino a Trump e a Paul Manafort, con cui aveva progettato la candidatura di Trump da molti anni.
E’ accusato di aver lavorato per procurarsi materiale riservato utile a danneggiare la campagna elettorale di Hillary Clinton, addirittura su mandato dello staff più strettamente vicino a Trump.
Si parla, tra le altre cose, delle mail sottratte da Wikileaks, con cui Stone ha dichiarato di non avere mai avuto rapporti, anche se in precedenza aveva ammesso di aver parlato direttamente con Julian Assange.
Notizie che, se prese singolarmente, poco dicono. Ma messe in fila, tutte, fin dall’inizio, indicano alcuni fatti. Il primo è che il procuratore Mueller ha un progetto, sta seguendo una traccia ben definita: la sua inchiesta si avvicina in modo lento ma costante al centro del cerchio, dove c’è Trump. Non è possibile, sulla base degli elementi a disposizione, immaginare come andrà a finire. Di certo è che, ormai, è evidente che qualcosa è successo. Sono in tanti a definire fuffa questa inchiesta, ed in generale tutta la questione delle presunte interferenze russe nelle elezioni del 2016. Però l’inchiesta procede, e qualche testa è saltata. Donald Trump ed il suo “cerchio magico” continuano ad ostentare tranquillità e ad ignorare – in apparenza – l’indagine di Mueller, ma a tratti il nervosismo trapela.
Anche perché, come dichiarato da Matthew Whitaker – il procuratore generale a capo del Dipartimento della Giustizia – “l’inchiesta di Mueller è quasi conclusa, spero di avere il rapporto di Mueller il prima possibile”.
Siamo tutti in attesa. Potrebbe essere divertente.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento