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22/02/2019

Le ingerenze israeliane in America Latina

In questi mesi non è sfuggito come tutti i nuovi governi di destra che stanno restaurando il dominio liberista e il Washington Consensus in America Latina, abbiano pubblicamente dichiarato la propria alleanza con Israele. Lo hanno fatto Macrì in Argentina, Bolsonaro in Brasile ed ora anche il golpista Guaidò in Venezuela.

Le bandiere israeliane sono comparse nei comizi elettorali e nelle manifestazioni delle forze di destra andate al governo, o intenzionate a rovesciare quelli progressisti. La rete delle sette evangeliche di cui Bolsonaro è espressione, da anni hanno scelto di fare proprio il progetto sionista su indicazione delle case madri negli Stati Uniti. E’ un processo che già alcuni anni fa abbiamo cercato di segnalare all’attenzione con il saggio su “Prega Dio e passami le munizioni”, in occasione della “guerra infinita” scatenata dagli Usa in Iraq. Sono note da tempo, infine, le relazioni e la presenza di militari o contractors israeliani in Colombia. E’ una presenza inquietante e decisamente “fuori area” rispetto agli interessi strategici consolidati di Israele in Medio Oriente, ma è un processo silenzioso in corso da anni. Pubblichiamo qui di seguito un interessante elaborazione della campagna BDS in America Latina che fa da introduzione ad un corposo dossier che alleghiamo ma, per ora, in lingua originale. La traduzione richiederà un po’ di tempo.

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Il militarismo israeliano in America Latina

Movimento BDS America Latina

La seguente relazione descrive la situazione dell’industria bellica israeliana in vari paesi dell’America Latina, dettagliando il commercio di armi con i vari governi latino americani e il settore privato e statale israeliano. C’è una duplice intenzione nella realizzazione di questa relazione: da un lato, rispondere all’interesse di varie persone in questo continente per comprendere l’impatto del militarismo israeliano nei loro paesi e la conseguenza che può avere per l’esercizio di libertà sociali; dall’altro, rivendicare l’appello all’embargo militare fatto dal Comitato Nazionale Palestinese della campagna Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni a Israele.

Il risultato della relazione fa parte dello sforzo congiunto per unire le lotte contro il militarismo e l’apartheid israeliano.

Il movimento internazionale del BDS segue l’appello della società civile palestinese a fare azioni concrete a favore dei diritti umani della popolazione palestinese. Il movimento incoraggia il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS) contro lo Stato di Israele, le imprese israeliane e le transnazionali che appoggiano i crimini commessi contro il popolo palestinese.

Questo sforzo fa parte di un impegno di ricerca della lotta sociale, poiché le persone e i collettivi che si sono messi insieme a fare questo lavoro non sono, per la maggior parte, ricercatori di professione. L’obiettivo che persegue è riunire informazione sufficiente a capire la presenza del militarismo israeliano nel nostro continente, non solamente per denunciare questa grave situazione, ma specialmente per avere strumenti sufficienti che ci permettano di iniziare campagne di boicottaggio alle imprese e promuovere sanzioni allo Stato di Israele che portino alla fine degli accordi e scambi istituzionali.

Per la natura sopra spiegata di questa ricerca, anche se si è cercato di fare uno studio rigoroso di tutto il continente, non si è riusciti a ricavare informazioni di tutti i paesi latino americani. Malgrado ciò, si è cercato di fare in modo che l’informazione raccolta da alcuni paesi permettesse di far luce sulla presenza generale nel continente.

Ugualmente, lo studio degli accordi, interscambi e strategie di vendita che si sono potuti analizzare, anche se non sono tutti quelli esistenti, permette di farsi un'idea di come funzionano oggi i governi e la spinta dei privati nella formazione di un chiaro complesso militarista israeliano. Come si vedrà in seguito, l’informazione di Messico, Colombia, Uruguay, Argentina, Cile, Honduras, Guatemala e Brasile è la più presente, mentre per il resto dei paesi latino americani bisogna ancora sviluppare maggiormente la ricerca.

Il lavoro di raccolta e organizzazione delle informazioni è stato eseguito attraverso un’ipotesi di lavoro: il militarismo israeliano oggi è composto dalle imprese pubbliche e private che producono e commercializzano beni e servizi militari per la sicurezza privata, la cyber-sicurezza e lo spionaggio. L’intuizione a partire dalla quale si è definita questa ricerca ha radici nell’intendere il militarismo oltre la classica visione del dispiegamento di forze armate.

Oggi, Stati come Israele – e questo è uno dei temi che cercheremo di sviluppare nel documento – hanno costruito la loro dottrina militare non solo sull’uso di forze militari di carattere nazionale, ma integrando la cyber-sicurezza e i meccanismi di controllo della popolazione, garantiti con tecnologia fisica e digitale. Nella misura in cui questo paese ha trasformato la sua industria di guerra e colonialismo in una fonte di entrate, il militarismo che esportano implica tutti i campi dei loro macchinari militari pubblici e privati.

Il settore della cyber-sicurezza e della sicurezza privata in special modo, giocano un ruolo centrale nel militarismo coloniale che mantiene un controllo totale sulla popolazione occupata: garantiscono una vigilanza praticamente millimetrica e quindi garantiscono la possibilità di un’azione rapida di fronte all’opposizione. Il primo ha sviluppato tecnologie per vigilare e controllare i mezzi di comunicazione (telefonia fissa e mobile, come pure i servizi di internet) in un più ampio settore dell’intelligence militare; per questo ha anche prodotto tecnologia per il trattamento e la gestione dell’informazione con fini repressivi.

Il secondo, è risultato della militarizzazione della vita quotidiana, dove la rete dei recettori audiovisivi connessi a centri di controllo è diventato uno dei meccanismi centrali del monitoraggio del popolo palestinese. Questa tecnologia dispiegata lungo tutto il muro dell’apartheid è stata addizionata con tecnologia di registrazione ai checkpoints, dando come risultato tutta una serie di strumenti per il controllo delle popolazioni. L’esperienza in questi due settori del militarismo e quella che si vende al mondo come strumentazione d’intelligence per gli Stati, servizi di sicurezza nelle comunicazioni e, in generale, di sicurezza nella società.

Tattiche di terrore e paura, utilizzate dall’esercito e dalla polizia d’Israele, come forme di controllo nei confronti della popolazione palestinese finiscono per essere parte dell’industria militare che vende addestramento, interscambi di polizia e altro. Alla fine non sono solo strumenti quelli che si trasferiscono, ma anche ideologia: quella che intende la violazione dei diritti umani come un’arma legittima.

La vendita di beni e servizi per i corpi armati rappresenta la parte tradizionale del militarismo che si nutre dei nazionalismi, mentre le offerte per la sicurezza privata, hanno la loro ragion d’essere nella crescente privatizzazione della sicurezza della società. Entrambi i casi si nutrono di un modello di militarismo pubblico-privato, con conseguenze per la libertà individuale e collettiva, come se rappresenta nelle conclusioni di questo testo.

Cercando di capire questa trama generale del commercio militarista tra Israele e l’America Latina, si cerca, nelle seguenti pagine di raggiungere i seguenti obiettivi specifici:

1. Descrivere l’interscambio commerciale tra Israele e i paesi dell’America Latina in materia di armi, sicurezza, cyber-sicurezza, tecnologia militare, e vigilanza negli ambiti pubblico e privato.

2. Descrivere l’interscambio di saperi militaristi tra Israele e i paesi dell’America Latina per mezzo di convegni e accordi negli ambiti del pubblico e del privato.

3. Analizzare il modello di militarismo che Israele esporta in America Latina.

4. Esporre la strategia dell’embargo militare a Israele e le campagne e azioni mondiali che hanno contribuito a questa strategia.

Questo studio si incentra specialmente sugli ultimi quaranta anni (detto periodo coincide con le relazioni commerciali stabilite tra varie dittature militari in America Latina e Israele) però si concentra particolarmente sulle relazioni commerciali più recenti, epoca in cui le stesse hanno avuto un incremento dovuto al nuovo impulso israeliano a vendere i propri prodotti nella regione.

I dati sono stati ottenuti mediante l’analisi dell’informazione ricavata da fonti attendibili. Parte dell’informazione è stata ricavata da portali ufficiali dei diversi Stati coinvolti. Sono stati pure utilizzate informazioni dei mass media dei diversi paesi e l’informazione esistente sulle pagine web di molte delle stesse imprese.

Il documento che segue è diviso in quattro parti; prima si fa una panoramica del militarismo israeliano nel mondo, nel quale si descrive la situazione in Palestina, il posizionamento nel mondo e la forma in cui si sono consolidate le relazioni tra questo paese e quelli latino americani. In un secondo momento il documento si concentra sugli interscambi commerciali militaristi, facendo la descrizione di imprese, attori e prodotti che si distribuiscono in America Latina.

In una terza parte si fa approfondimento sui diversi convegni e scambi istituzionali identificati in vari paesi dell’America Latina e che rendono l’idea della tendenza generale delle alleanze formali che favoriscono il militarismo. A conclusione, nella parte finale, si cerca di discutere su come gli interscambi commerciali e istituzionali facciano parte dei modelli che Israele ha cercato di posizionare globalmente, e si avvisa dei rischi che detti modelli implicano per le società latino americane. Il testo si chiude con la spiegazione della proposta palestinese dell’embargo militare a Israele, campagna nel quadro del movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni.

Noi che abbiamo elaborato questa relazione, speriamo che la sua lettura sia una ragione in più per lottare contro il militarismo come modello autoritario di gestione delle nostre società, e più in particolare, che le riflessioni che traiamo qui di seguito, motivino a dare impulso a campagne di solidarietà con la Palestina perché, come dicono le nostre compagne argentine: “le armi che uccidono in Palestina sono le stesse che reprimono in America Latina”.

Testo completo nel PDF allegato

https://www.alainet.org/es/articulo/196674

(traduzione di Rosa Maria Coppolino)

Fonte

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