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13/02/2019

“Tra il golpe in Venezuela e quello in Cile ci sono molte somiglianze”

Intervista a Pablo Sepúlveda Allende nipote di Salvador Allende

LLB: Pablo Sepúlveda Allende, medico dell’ELAM, coordinatore internazionale delle Rete degli intellettuali. È tornato in Cile nel 1991. Com’è stata la tua infanzia fuori dal Cile essendo nipote del presidente, Salvador Allende? Per un bambino può essere molto difficile crescere fuori dal proprio paese, per te come è stato?

PSA: Sono nato in Messico tre anni dopo il golpe, nel 1976. Ho trascorso la mia infanzia come un bambino messicano, ma era sempre presente il fatto di essere figlio di esiliati. In Messico c’erano molti esiliati dell’America del Sud, specialmente cileni, argentini, uruguaiani. Sono cresciuto in un ambiente in cui molti dei miei amici erano anche loro figli di esiliati. A casa mia era sempre presente il Cile, il colpo di stato, il governo Allende, quello che era successo. Ciò a cui maggiormente ero legato era la musica, stranamente. Beh, non stranamente, a casa mia si ascoltavano i dischi della musica della Unidad Popular, cioè Victor Jara, Violeta, Inti Illimani, Quilapallun. E questa è stata la prima maniera di cominciare a prendere coscienza da bambino.

LLB: Perché hai studiato medicina? Forse da piccolo ti avevano detto che tuo nonno era stato medico?

PSA: Quando ho veramente preso la decisione, stavo studiando fisioterapia a Cuba. Stavo terminando il corso di studi di tecnico sanitario. Comunque studi legati alla salute. La decisione l’ho presa quando c’è stata la creazione della Scuola Latino Americana di Medicina (ELAM), che nasce come progetto per creare un contingente di medici. Fidel lo chiamò “l’esercito dei camici bianchi” che ci avrebbe poi portato ad andare a lavorare nei posti dove c’era maggiore necessità. Un’organizzazione che lavora per la salute pubblica dei settori più bisognosi in termini di salute. E questa idea è quella che mi ha motivato. Sapevo sì del nonno, ma sapere di poter far parte di un’organizzazione di lavoratori della salute è stato il motivo principale. Ho avuto l’opportunità di poter entrare in questa Scuola e quindi di studiare medicina, di fare tirocinio medico, anzi, medico sociale perché questo è il taglio che si da lì alla medicina. Ho avuto pure l’opportunità di conoscere e studiare insieme a molta gente dell’America Latina e Africa con ideali comuni.

LLB: Che puoi dire del popolo cubano nei 7/8 anni che sei stato là? Che dici di Fidel, Raul, del governo di questi presidenti rivoluzionari?

PSA: Il popolo cubano è molto amichevole e allegro, ma la cosa più ammirevole è la sua capacità di resistenza, di lotta. Io sono arrivato lì nel ’97, quando ancora c’era il “periodo especial”, una situazione economica abbastanza difficile. Ci sono stati anni precedenti ancora più forti. I primi 3/4 anni sono stati difficili. Anche quando sono arrivato io alla fine del secolo scorso c’era spirito di lotta, di resistenza, di come la gente continuava a lavorare. Vedevo i nostri professori, dottori e dottoresse con un alto livello di preparazione scientifica che erano stati in missione in Angola, lavorando in Africa, America Latina e che arrivavano in bicicletta in ospedale, che facevano le loro guardie di 24 ore. Con grande spirito di altruismo e di intendere la medicina come un dovere, un servizio. Quando invece uno arriva qua [in Cile n.d.t.] vede subito il contrasto, con il medico che è un’elite. La sua preparazione è vista in funzione della scalata sociale, non come un servizio pubblico. A Cuba, i professori, ma in generale il popolo cubano, pur nelle difficoltà economiche mettono sempre avanti a tutto la lotta, la resistenza e la dignità. È un popolo molto lavoratore e con un senso della comunità molto presente.

LLB: Dopo sei andato in Venezuela.

PSA: Prima sono andato in Cile altri due anni per convalidare la laurea e poi ho lavorato. Ho esercitato a Coquimbo in un Consultorio di base in un settore popolare di Coquimbo. Per caso me n’è capitato uno che aveva inaugurato Salvador Allende.

LLB: Perché non sei andato a lavorare in una clinica privata? Ci sono molti che l’hanno fatto. Prima hanno approfittato di Cuba o del Venezuela per studiare medicina o altre professioni (non dico solo dei giovani dell’ELAM) e poi sono andati a lavorare a Las Condes [quartiere altolocato di Santiago. N.d.t.] in cliniche private. Perché non l’hai fatto pure tu?

PSA: Perché non è quello che ci hanno insegnato. Se ascolti, per esempio, il discorso che Allende ha fatto agli studenti a Guadalajara capisci che quelli che studiano in un’università pubblica, che quindi si mantengono con il contributo dei lavoratori, del popolo, non possono farlo per scalata sociale e professionale personale, ma, siano medici, architetti o qualsiasi altra professione, hanno il dovere di mettere le loro conoscenze al servizio della comunità. Questo principio basico mi ha portato a lavorare lì e sempre nella sanità.

LLB: Poi sei andato in Venezuela e hai esercitato da medico in Venezuela. Cosa puoi dirci del Venezuela? Eri lì durante il golpe del 2002?

PSA: No ero a Cuba nel 2002. Sono arrivato in Venezuela nel 2009. Domani fanno 10 anni.

LLB: Hai conosciuto Chavez?

PSA: Ho avuto l’opportunità, il privilegio, l’onore di condividere alcuni momenti con lui. Era grande ammiratore di Allende e del processo cileno. Stanno imparando molto là di quello che è successo in Cile. Ci sono molte somiglianze. Il nemico è lo stesso e i metodi sono gli stessi: i tentativi di destabilizzazione, creare una crisi economica e sociale. La stessa guerra economica, la stessa strategia di creare una situazione economica e sociale difficile per poter poi giustificare qualsiasi tipo di intervento. Nel caso del Cile è stato un colpo di stato, che era già pianificato fin da prima che Allende andasse al governo. Hanno cercato di fare in modo che non arrivasse al governo. Già dal 4 settembre del 1970. Cristiàn Edwards [proprietario del giornale El Mercurio. N.d.t.] si stava riunendo con Nixon e Kissinger alla Casa Bianca il 15 settembre di quell’anno. Poi ammazzano Shneider. Sono segnali che dicono che lo uccideranno con armi venute dagli Stati Uniti.

LLB: Chavez sapeva tutto questo?

PSA: Sì. Sempre l’11 settembre, in modo molto sintetico, ricordava Allende, il processo cileno. Diceva sempre che “noi siamo uguali al governo della Unidad Popular, siamo una rivoluzione pacifica, ma non siamo disarmati perché l’esercito è leale con il processo e il popolo ha una milizia che di fronte a qualsiasi cosa può comunque difendersi”. Questa è una delle grandi lezioni che lascia il processo cileno, perché purtroppo se un popolo vuole essere libero, autodeterminarsi, lottare per il suo bene, va contro gli interessi dei ricchi dei potenti, delle classi dominanti. E questo sempre genera una reazione, un’aggressione violenta. Non c’è un paese dove non sia stata violenta e i popoli devono essere sempre pronti, non dico necessariamente pronti allo scontro armato, ma sempre mobilitati. In Venezuela è stata più la mobilitazione di strada, la dimostrazione di forza nelle strade, le forze armate con forte senso patriottico e bolivariano. E questo è fondamentale in Venezuela.

LLB: Alcuni media cileni e sudamericani dicono che Cuba e il Venezuela sono dittature. Anche molti deputati cileni lo dicono. Cosa sono per te invece?

PSA: Credo che non esista un paese che abbia avuto tante elezioni come il Venezuela in così poco tempo. In 20 anni di rivoluzione bolivariana ci sono state qualcosa come 21/22 elezioni, quasi una per anno, presidenziali, regionali, municipali, consulte, referendum. Una cosa molto democratica è che da qualsiasi incarico elettivo, dal comitato di quartiere, dal consiglio comunale, dal livello base dei quartieri popolari, fino al Presidente possono essere rimossi o revocati alla metà del mandato se parte del popolo che li ha eletti decide che non stanno facendo bene il loro lavoro. Si chiamano referendum revocatori, che sono quelli che poi anche altri paesi hanno copiato come idea. Tutte le consultazioni fondamentali del paese passano per i plebisciti, le consultazioni popolari. È un sistema che oltre a tenere le elezioni in forma frequente, rimanendo nel contesto della democrazia, è una democrazia partecipativa, c’è molta coscienza cittadina, il popolo venezuelano prima di Chavez votava quanto la maggioranza degli altri popoli, cioè partecipava circa il 40%. Oggi alle presidenziali vota l’80, il 70% della popolazione. C’è un’alta partecipazione. Pochi paesi nel mondo possono contare su una forte partecipazione dei cittadini ad elezioni fondamentali. Ci sono molte forme di partecipazione cittadina nella costruzione della democrazia.

LLB: E allora perché il governo del Cile dice che è una dittatura? E pure i media.

PSA: Credo che sia un modo per snaturare la realtà, d’ingannare, di mentire.

LLB: Sono allineati con gli Stati Uniti?

PSA: Certo. La strategia dei media dominanti, anche mondiali, è quella di installare nell’opinione pubblica il format che il Venezuela è una dittatura. Che c’è una crisi umanitaria, che c’è una crisi economica molto difficile, e questo è innegabile, e pure ci sono errori e molti fattori interni, ma per la maggior parte sono crisi provocate, indotte da una guerra economica multidimensionale. I media parlano di crisi umanitaria, diritti umani sistematicamente violati, che ci siano torturati per avere prove ecc., questa è cosa assolutamente priva di senso.

LLB: Chi ha violato i diritti umani in Venezuela?

PSA: L’opposizione. La destra. La destra ha ucciso, in questi 20 anni di rivoluzione bolivariana, oltre 300 leader contadini. Latifondisti che attraverso sicari e scagnozzi hanno ammazzato e torturato. Ci sono molti casi di leader sociali chavisti che sono stati assassinati. Non ci sono oppositori uccisi dal chavismo. Non ci sono. Quelli che chiamano prigionieri politici, come Leopoldo Lopez e altri, sono terroristi. Leopoldo Lopez è colui che ha incitato al terrorismo nelle strade. Uno che ha chiamato pubblicamente alla sedizione, che bisognava uscire da un governo legittimo eletto democraticamente seguendo tutte le regole mondialmente riconosciute, che bisognava farlo cadere con la violenza nelle strade. Si assassinavano persone, si bruciava la gente. Ci sono casi di gente bruciata viva da questi gruppi fascisti, gruppi preparati e pagati.

LLB: Dove accadevano questi episodi?

PSA: In quartieri medio alti. Hanno provato anche, data la situazione economica, nei quartieri popolari, ma non hanno avuto presa. Erano limitati ai quartieri medio alti e quando identificavano qualcuno come chavista, per il colore della pelle, per la fisionomia, per una maglietta, lo assalivano o lo bruciavano. Non so se qua si sono viste le immagini di quando li cospargono di benzina e con i fiammiferi gli danno fuoco vivi.

LLB: Che ne pensi del fatto che qua in Cile i deputati quasi il 100%, a parte i comunisti non hanno detto niente di tutto questo?

PSA: A parte i comunisti, ci sono alcune eccezioni, Claudia M[...] che hanno detto la verità sul Venezuela in Parlamento. Beh, la convenienza politica. I politici seri sanno che esiste la manipolazione mediatica.

LLB: Ci sono politici ignoranti in Cile.

PSA: Più che ignoranti, direi mal intenzionati perché sanno che tutto questo in Venezuela è stato provocato, che non è una dittatura, ma come politici sono al servizio dei dominanti, delle destre, dei poteri economici, delle oligarchie. E questo ruolo ora lo assolvono nell’ostilità contro il Venezuela. Attaccano il Venezuela perché rappresenta un epicentro di resistenza a livello latino americano e anche mondiale. È uno dei principali assi antimperialisti e anticapitalisti. Da qui il forte interesse di abbattere la rivoluzione bolivariana. Qua i politici della Concertación, di gran parte de La Nueva Majoria fino ad arrivare alla destra, giocano questo ruolo. La Concertación ha da sempre avuto il ruolo di amministrare il modello neoliberista della dittatura. Non ha mai avuto l’intenzione, e neanche manifesta l’intenzione di cambiare il modello che, come tutti sappiamo, beneficia i settori privilegiati della società, i ricchi, il 10% della popolazione. È un sistema fatto per questo e non l’hanno mai messo in discussione. Al contrario, hanno lavorato per questo, e quindi qualsiasi paese che dica il contrario, per loro è un nemico e lo accusano di dittatura, di qualsiasi barbarie inventata mediaticamente, affinché altri popoli non prendano quell’esempio. Il Venezuela rappresenta l’esempio che può arrivare un Hugo Chavez anche in altri paesi e che quindi si moltiplichi il malcontento popolare, che ci siano manifestazioni di massa, che alla fine hanno preso il potere politico per uscire dalle politiche neoliberiste. E questo è successo. Cioè li hanno cacciati e hanno creato quest’asse d’integrazione latinoamericana anti neoliberista, o anticapitalisti in alcuni casi come si definivano in Argentina o Brasile o socialisti come hanno fatto il Venezuela, la Bolivia, il Nicaragua. Cuba lo è sempre stata. E anche l’Ecuador, un poco. Però tutti con un taglio politico antiliberista. Il Cile non si è mai unito a questo, neanche quando il popolo cileno ha dato segnali di volere un cambiamento di modello

LLB: Qual è quindi il futuro del Venezuela? E Maduro?

PSA: Di lotta. Rimane tanto da lottare nel futuro. Maduro è assolutamente legittimo. È stato eletto con votazione popolare. Con forte percentuale di partecipazione della popolazione avente diritto al voto e con alta percentuale dei votanti nell’elezione. In ogni caso con percentuali molto superiori a quelle di tutti i presidenti del Gruppo di Lima che tanto lo attaccano. Non ci sono che bugie sulle frodi elettorali a sostenere la sua illegittimità. Una parte dell’opposizione ha partecipato alle elezioni. Un’altra invece non ha voluto partecipare proprio per poter poi dire che non li avevano fatti partecipare. Ma il processo elettorale è stato totalmente riconosciuto da giuristi internazionali. È quindi legale e legittimo il prossimo periodo [di Maduro] secondo la costituzione venezuelana.

Quello che bisogna ancora fare è recuperare la situazione economica. Questa è la sfida più grande. La situazione economica è complessa e la guerra economica è dichiarata mediante il bloqueo (come a Cuba), le sanzioni, il de-finanziamento.

LLB: In relazione a questo, in Venezuela rimane da affrontare il tema dell’indipendenza economica e alimentare, la sovranità. Che devono fare oggi in Venezuela i settori popolari?

PSA: Organizzarsi, resistere e lottare per rafforzare il tessuto, la base del potere popolare. Uno degli ultimi mandati lasciati da Chavez fu proprio questo: Comuna o nada. Questo vuol dire che Chavez, durante il processo, l’esperienza di trasformazione ed amministrazione di uno Stato che è stato disegnato storicamente e che da cento anni è al servizio dei poteri economici, si rese conto che è molto difficile da trasformare lo Stato, sia per la burocrazia, il burocratismo, la corruzione ecc. La scommessa è quindi sui Comuni. Il potere comunale organizzato che poi va a organizzare territorialmente spazi di potere popolare, di autogoverno, che poi sono tutti regolarmente costituiti nei Comuni. Ma non basta creare solo territori isolati uno dall’altro. I Comuni, infatti, si articolano, interagiscono tra loro e formano città comunali. Ci sono già due città comunali che coinvolgono vari comuni e si articolano e questo trascende la frontiera politico comunale tradizionale dei municipi, comuni, governatorati. Ossia, il potere popolare con i comuni popolari organizzati trascende queste forme fino ad arrivare, nel medio-lungo termine, allo Stato Comunale. Questo è il Socialismo Comunale. Questa è la scommessa, la via venezuelana al socialismo che ha lasciato delineata il Comandante Chavez. La costruzione del Socialismo Comunale prevede quindi che lo Stato trasferisca man mano potere al potere comunale popolare organizzato. Questo implica resistenza, perché molti non vogliono, ci sono lotte interne.

C’è poi la sovranità alimentare, che è fondamentale e che pure riguarda più che mai i Comuni Rurali, che sono più forti dove c’è maggiore organizzazione dei Comuni del Potere Popolare, che stanno producendo gli alimenti per il popolo, per se stessi e per le città.

Insomma questa è la battaglia: Costruire l’organizzazione e la resistenza popolare con l’osservazione dello Stato, che deve esserci perché se no quando arriva il fascismo ti distrugge tutto.

LLB: Torniamo al Cile. La maggior parte dei membri della tua famiglia sono stati socialisti. Che possiamo dire oggi del Partito Socialista?

PSA: Me l’hanno chiesto tante volte... Il partito Socialista attualmente non rappresenta per niente quello che è stato il Partito Socialista, com’è nato e come ha lavorato e lottato nell’Unidad Popular. Il negoziato dell’uscita politica dalla dittatura (infatti l’uscita è stata un negoziato con la dittatura), la cosiddetta transizione, fu un accordo che il Partito Socialista, il Partito Democratico Cristiano, il PPD e tutti gli altri che facevano parte in quel momento della Concertación, fecero con la dittatura e fu l’accordo di poter restare lì ad amministrare il governo, lo Stato, il potere politico, ma senza toccare il modello economico né la Costituzione. Fu un accordo in cui il potere politico è al servizio del potere economico in modo clientelare. Il Partito Socialista giocava questo ruolo, non quello di trasformare la società in una società più giusta. Ha quindi tradito i suoi principi fondanti e la sua stessa storia. Mi riferisco soprattutto alla dirigenza che è venuta al dirigere la Concertación, non alla base, perché io conosco molti vecchi socialisti che non sono d’accordo con loro, ma per disciplina e militanza rimangono lì. Ma la dirigenza ha amministrato il governo, i governi della Concertación, il modello per continuarli senza neanche provare a trasformarlo minimamente, giusto qualche cosetta qua e là per calmare la gente. Operatori politici al servizio dell’oligarchia, dei poteri economici, dei grandi ricchi del Paese.

LLB: Che ne pensi di Ponce Lerou, genero di Pinochet che ha finanziato, attraverso Soquimich, un’impresa pubblica recuperata da lui e rubata ai cileni? La sinistra cilena è stata succube del denaro.

PSA: Che dire. In una parola: vergognoso, terribile, immorale. Chi si dice socialista, chi si fa chiamare sinistra, un Partito Socialista o chi dice di difendere gli interessi del popolo o della maggioranza, non può agire così. Non può moralmente, eticamente, ricevere finanziamenti, né in forma legale, né in forma illegale (e molti lo erano) non può ricevere un solo centesimo da Soquimich che è un’impresa rubata dalla dittatura e consegnata al genero di Pinochet, che è uno degli operatori politici nefasti di questo paese e ha legami con Enrique Correa, altro socialista personaggio nefasto e oscuro della politica, che troppi danni ha fatto utilizzando tutti i suoi contatti con la sinistra, il MAPU, le ”lotte” fatte a suo tempo ecc. mettendo tutto a disposizione della lobby di Soquimich, Penta ecc. Un personaggio oscuro e fa vergognare il fatto che sia stato nel Direttivo della Fondazione Salvador Allende fino a poco tempo fa. Parlano tanto della corruzione in altri paesi, in Venezuela, ma la corruzione del sistema politico cileno, che è pure legalizzata e impunita... Tutti questi che hanno ricevuto denaro illegalmente hanno beneficiato di assoluzioni.

LLB: Che effetto ti fa sentire che questi personaggi parlano del Venezuela come di una dittatura?

PSA: Indignazione e rabbia. Ho cercato di rispondere e di dire che non hanno i requisiti morali per parlare e che in Cile le elezioni sono un monopolio del potere politico, guidato dal potere economico. Non si può parlare di dittatura, visto che ci sono le elezioni. Ma è una dittatura economica, del mercato, del denaro. C’è una giustizia che criminalizza i poveri, le lotte popolari, e una giustizia che dà l’impunità a tutti i delitti e i crimini dei potenti. C’è poi la dittatura mediatica. C’è un monopolio quasi assoluto dei mezzi di comunicazione che fanno comunicazione a senso unico. In Venezuela c’è molta più libertà di espressione di quella che c’è in Cile. Ci sono molti più mass media con differenti linee editoriali, oppositori, governativi, critici da una parte e dall’altra. Qui quasi non rimangono più media di sinistra, più nulla. Persino nella dittatura c’erano media che facevano analisi (El Fortin Mapocho) e funzionavano in dittatura. L’unico periodico pubblico rimasto è La Nacion e ora è stato comprato da Piñera [attuale presidente del Cile. N.d.t.] era l’unico giornale pubblico. Li hanno fatti chiudere apposta. Li hanno strozzati economicamente. Anche Punto Final, che ha resistito fino a poco tempo fa, ma che ora ha dovuto chiudere. Neanche un peso da parte dello Stato, mentre paga a El Mercurio milioni di dollari... E per di più riceve soldi pure dagli USA, dalla CIA. Così vanno le cose.

LLB: Come dovrebbero funzionare i mezzi d’informazione, non solo in Cile, ma anche in tutta l’America Latina e nel mondo?

PSA: Ci dovrebbero essere delle leggi che democratizzino la comunicazione e i mezzi di comunicazione. Così com’è in Venezuela, oppure come la legge proposta da Cristina Fernández de Kirchner, che era abbastanza avanzata. E lì è stata fatta la guerra a El Clarin dell’Argentina, che è come El Mercurio di qua. Anche l’Ecuador aveva una legge di regolamentazione e di democratizzazione dei mezzi di comunicazione e informazione. E così dev’essere, se no c’è il monopolio dell’informazione e della comunicazione a livello mondiale. Il Cile è uno dei paesi statisticamente con il maggior monopolio e concentrazione, e con le minori opportunità. Non è che ci siano proibizioni, ma questo non è democrazia né informativa, né comunicativa, né economica.

La democrazia non è solo elezioni. Ho spiegato prima, a grosse linee, come funziona la democrazia in Venezuela. Ci sono elezioni molto spesso, con un sistema informatizzato molto avanzato. Jimmy Carter disse che era il sistema elettorale più perfetto e inviolabile. Anche Zapatero lo disse. Cuba ha appena finito di fare la sua nuova Costituzione, che prevede forme ancora più partecipative di quelle che sono state le Assemblee Costituenti del Venezuela e dell’Ecuador, che pure è molto democratico e convoca il potere originario. Cuba l’ha fatto con non so quante migliaia di assemblee di base in cui si raccolgono le idee su come il popolo cubano vuole che sia la propria Costituzione. Si raccolgono, dal basso fino a salire ai vertici, tutte le istanze. Questa è una metodologia molto partecipativa. Non si decide tra quattro pareti. Vengono scelte le richieste che più sono ripetute e con queste si redige la nuova Costituzione. Quella del Venezuela è una metodologia assolutamente democratica.

LLB: Qual è il sogno di Paulo Sepulveda Allende?

PSA: I miei sogni sono gli stessi dei nostri eroi, di coloro che fanno le lotte sociali, di cambiare, di migliorare e con la lotta arrivare a una società più giusta, una società migliore, la conduzione di un sistema anticapitalista, un socialismo. Poi vedremo come sarà. Un socialismo del XXI secolo, un eco socialismo del XXI secolo, visto la crisi ecologica prodotta dal capitalismo a livello mondiale. Lottare per questo in Cile, in America Latina e nel mondo. Questo è tempo di definizioni importanti in questo senso. Contribuire e partecipare lì dove sia possibile in queste lotte per l’interesse del popolo che è contro gli interessi dei privilegiati, dei ricchi.

LLB: Hai detto che, se il popolo o le organizzazioni in Cile ti proponessero di candidarti per la presidenza, avresti assunto questo compito.

PSA: No. Io non ho detto questo. Quello che io ho detto è proprio quanto detto poco fa: che sono disponibile a stare dove posso essere più utile alla causa. Come medico, in qualsiasi servizio pubblico, in un’organizzazione sociale, in un’organizzazione politica. Capisco il peso simbolico e politico che ho per il mio cognome, Allende. Capisco che questo può implicare anche responsabilità politiche e lo farei. Ma questo non vuol dire che il popolo me lo chieda o che io aspiri a questo. Credo che la situazione attuale richiede molto lavoro. Io sono disponibile a costruire un programma. Non sono importanti i leader, anzi sì lo sono (e comunque io non mi considero un leader), leader di massa e carismatici come lo furono Allende e Chavez, ma è più importante costruire un programma di lotta popolare del popolo, dalla base, e anche un programma di governo per quando in un futuro si arrivi ad avere le forze, un’accumulazione di forza di massa e organizzazione per poter, al momento giusto, essere un’alternativa di governo che voglia essere realmente trasformatrice con un programma realmente anti neoliberista, democratizzatore di tutti gli aspetti delle società. Quello di cui abbiamo parlato prima sulla democrazia economica, in tutti gli aspetti. Rivendicare le lotte dei popoli originari. Abbiamo un debito storico con i Mapuche. Costruire tutto questo programma ed appoggiare le leadership che il popolo decida essere le più adatte a difendere con coerenza e con coraggio questo programma, come ha fatto Allende. Chi dovrebbero essere questi leader, non lo so. Ma li appoggeremo. Non si tratta di una lotta per le leadership, tutto al contrario.

LLB: Se tu, in un immaginario futuro, fossi il Presidente della Repubblica, e ti trovassi nella stessa condizione in cui si trovò tuo nonno, che errori non commetteresti?

PSA: Forse lui non ha realmente compreso la brutalità del nemico, dell’oligarchia cilena e internazionale, i poteri economici nazionali e internazionali. Molti dicevano che lui era “un politico all’antica”: credeva nella lealtà dei politici e nelle loro parole d’impegno; credeva nella lealtà delle Forze Armate. Invece questo è molto importante da considerare perché, come ho detto prima, qualsiasi tentativo di governo o di trasformazione sovrana che lavori per gli interessi popolari, troverà sempre una reazione violenta dei settori privilegiati. Perciò, come ci si prepara per questo? Prevedendo tutto questo. Lui pensava che le Forze Armate non avrebbero raggiunto tale livello di tradimento della Patria, che non avrebbero puntato i fucili contro il proprio popolo. Bisogna quindi lavorare sulle Forze Armate, democratizzarle, far prendere loro coscienza. Devono capire che loro sono servitori della Patria, come qualsiasi altro servizio pubblico, e che il loro ruolo non è quello di difendere le ricchezze e le grandi proprietà private dei ricchi. Bisogna lavorare per far capire che devono utilizzare il loro potere di fuoco in difesa e al servizio della Nazione, del popolo.

LLB: Cosa cambieresti quindi di questo Paese?

PSA: Bisogna fare passo dopo passo. Bisogna fare un programma, come dicevo. La prima cosa è trasformare la base del sistema ereditato dalla dittatura, la base del neoliberismo, cioè tutto quello che hanno chiesto le ultime mobilitazioni sociali.

Il sistema pensionistico per esempio è senza dubbio un pilastro del sistema neoliberista e capitalista. Attraverso di esso si sono rubati tutti i soldi messi lì dentro dai cileni che ogni mese versano un 13-15% del loro salario. Questo è un furto.

Bloccare tutta la continua privatizzazione della sanità, dell’istruzione. Fare un’educazione non solo pubblica, gratuita e di qualità, ma anche capace di non riprodurre le differenze di classe che ci sono oggi. Attualmente l’educazione è molto ben disegnata per riprodurre le disuguaglianze sociali e far sì che i settori popolari non arrivino alle professioni o cariche che possano essere trasformatrici, ma rimangano sempre in mano alle stesse famiglie di sempre, alle stesse classi sociali.

Restituire le ricchezze naturali, come rame, litio. Abbiamo il privilegio di condividere con la Bolivia le maggiori riserve mondiali di litio (non so se il 40-50 o 60%). È una grande concentrazione di ricchezza in terra cilena e boliviana. Dicono che il litio sarà il petrolio del futuro, una delle principali fonti di energia del futuro. Quindi, che per prima cosa questo non sia di Ponce Lerou, ma che il popolo, lo Stato, il potere pubblico lo amministri e sviluppi una propria tecnologia e non lo esporti per poi importare le batterie.

Recuperare pure il rame, la ricchezza e utilizzarla facendo attenzione anche alla natura perché l’industria mineraria è altamente contaminante. I villaggi nel nord hanno alti indici di cancro a causa dei residui delle miniere. Tutto questo va pensato e disegnato bene non con una visione di sistema anti-estrattivista in sé, ma che sappia ben amministrare e che sia in armonia con l’ecosistema in modo da non mettere a rischio la salute delle popolazioni e del pianeta.

Ci sono molte cose da cambiare nel governo, quello che faremmo come popolo al governo. Ovviamente cambiare la Costituzione, che è la base di tutto. Un’Assemblea Costituente che sia nella forma più partecipativa e democratica possibile. Che il popolo cileno possa scegliere la sua Magna Carta e decidere come vuole che sia il suo Paese in termini di utopia, di legalità e tutto il resto.

LLB: Bene, Pablo Sepulveda Allende. Guarda la telecamera e rivolgi un messaggio a tutta la popolazione de La Victoria e a tutta la gente del popolo cileno che ti sta guardando in questo momento.

PSA: Prima di tutto, per me è un onore essere qui a La Victoria, un quartiere popolare [poblacion] con una storia ribelle, con una storia di lotta, lotta eroica. Come popolazione de La Victoria e del Cile, potrete riscattare questa storia, questa tradizione di lotta che ha avuto il popolo cileno, di organizzazione popolare e di base. La Victoria è un esempio storico per molti altri quartieri e settori popolari per la sua forma di organizzazione, di lotta, di eroismo, del suo senso comunitario, ha, come anche altri quartieri popolari, un senso di fratellanza, di umanità, non ha l’individualismo che vuole il capitalismo neoliberista. Bisogna riscattare tutto questo.

È davvero un onore per me stare in questa poblacion di tanto alta storia di lotta e resistenza eroica.

LLB: Grazie Pablo. Spero che se mai diventerai Presidente ti potremo nuovamente avere qua e che aiuterai i canali comunitari, che sono quelli che realmente aiutano a democratizzare.

PSA: Colui che sarà il Presidente, di sicuro farà come tu stai dicendo.

LLB: Grazie

http://www.arcoiris.tv/scheda/it/17326/

(traduzione di Rosa Maria Coppolino)

Fonte

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