Luigi Di Maio l’ha presentata in una teca come una Madonnina piangente:
la prima tessera del mitico Reddito di Cittadinanza. Che in realtà non è
un reddito, e non è di cittadinanza, ma sarà (se e quando partirà
davvero) un sussidio di disoccupazione, vincolato a un milione di regole
burocratiche che trasformeranno in un sorvegliato speciale chi cercherà
di ottenerlo.
Inoltre, la gialla master card destinata secondo Di Maio ad “abolire la povertà” sarà comunque negata proprio ai più poveri.
Non la riceveranno gli sfrattati e i senzatetto.
Non la riceveranno italiani e stranieri in povertà assoluta che risiedono in Italia da meno di dieci anni.
Non la riceveranno i giovani disoccupati che devono abitare ancora coi genitori.
Se la riceverà, la perderà l’imbianchino disoccupato di Catania che si
rifiuta di andare ad allevare anguille a Comacchio, e viceversa.
Non riuscirà mai ad ottenerla chi non sa o non può procurarsi tutta la
documentazione necessaria per dimostrare a Nostra Signora del Sussidio
che non è un truffatore fancazzista, né un immigrato a torso nudo con lo
smartphone.
Ma basta con queste lamentele, guardiamo il bicchiere mezzo pieno: se
tutto va bene, da maggio circa un milione di famiglie riceveranno una
nuova social card con circa 100 euro a settimana per fare la spesa (l’eventuale resto sarà rigorosamente destinato all’eventuale affitto).
È il momento di recuperare lo scontrino col quale Pina Picierno voleva
dimostrarci come 80 euro bastassero a una famiglia di tre persone per
una spesa settimanale.
Lo scopo primario del Reddito di Cittadinanza però non è lo stesso degli
80 euro renziani, cioè pagare gli italiani per votare un branco di
cazzari. Quello lo fanno anche gratis.
Il Reddito di Cittadinanza è innanzitutto uno strumento di controllo
sociale, come ha esplicitato il sociologo ex-grillino Domenico De Masi:
“Elargire questo sussidio serve ai ricchi, per evitare che i poveri
s’incazzino e gli taglino la testa”.
Il compito dichiarato del Movimento 5 Stelle è sempre stato fin dall’inizio quello di assorbire la rabbia popolare, per impedire che producesse qualcosa di realmente rivoluzionario.
Beppe Grillo l’ha rivendicato più volte: “Se non ci fossimo noi a
tenerla buona, la gente scenderebbe in piazza”. E Di Maio s’è vantato di
recente: “Senza di noi, anche in Italia ci sarebbero i gilet gialli”.
Il RDC è un sedativo di massa.
E non è certo concepito per evitare la recessione (generale e prevista)
né la conseguente prossima Quaresima di tasse e tagli, ma per renderle
più sopportabili per le masse, con un centinaio di euro in più a settimana a quelli che potrebbero diventare realmente pericolosi per il sistema.
Per tenerli tranquilli. E sorvegliati.
Perché restino buoni cittadini.
E consumatori.
Non ai senzatetto quindi, né ai migranti, che invece vengono spinti
sempre più verso l’emarginazione totale – anche col decreto Salvini –
per essere usati come spauracchio e capro espiatorio.
Questo disegno non è occulto, è esplicito, come le dichiarazioni che ho
citato confermano, ma funziona lo stesso, come ogni manipolazione che
faccia leva sugli istinti e sui bisogni primari.
L’utilità del governo Grilloverde per le élite che dice di combattere
però difficilmente lo salverà dal suo destino ultimo: diventare a sua
volta il capro espiatorio, quando la Crisi affonderà le zanne, e i sedativi di massa non basteranno a tenere buone le prede.
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