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13/02/2019

Istria, Dalmazia e tajanate

L’Italia è un paese dominato da tante cose, sicuramente non dalla razionalità. Sui giornali le polemiche con la Slovenia e la Croazia dopo le a dir poco imprudenti parole di Mattarella sul «negazionismo» delle foibe e i deliri pubblici di Tajani («Viva l’Istra e la Dalmazia italiane!»), nessuno sembra aver avuto molto a che ridire, e sì e no queste dichiarazioni sono state considerate delle notizie. Le reazioni dei leader dei paesi a noi confinanti sono state semplicemente ignorate.

L’uso politico della memoria e la manipolazione della storia sono tra i tratti distintivi dei regimi totalitari ed è abbastanza inquietante che tutto questo avvenga anche in un paese sostanzialmente democratico quale dovrebbe essere l’Italia.

Per dire, nessuno nega che le foibe furono un massacro, ma molti negano quello che è avvenuto in precedenza e che il premier sloveno Sarec ha efficacemente sintetizzato così: «Il fascismo era un fatto, e aveva l’obiettivo di distruggere il popolo sloveno».

Il 10 febbraio nel mondo si celebrano i trattati di Parigi, che nel 1947 posero fine anche politicamente alla Seconda Guerra Mondiale. Solo in Italia questa data viene affrontata con il lutto al braccio, il che dovrebbe dirla lunga su come stiamo messi.

Da una quindicina d’anni la storia delle foibe ha riacquisito una straordinaria fortuna propagandistica in Italia, a ogni livello. E il problema è che la faccenda non viene affrontata con rigore storico, ma accogliendo quelle che per decenni sono state le tesi del Movimento Sociale Italiano, cioè dei fascisti. La cosa assurda è che pure un ex comunista (ok, migliorista) come Napolitano e un democristiano di sinistra come Mattarella sembrano aver abbracciato certe tesi tra l’osceno, l’antistorico e il guerrafondaio.

E questo non accade solo nei discorsi e nelle celebrazioni ufficiali, anche l’industria culturale italiana si è adeguata al clima revisionista.

Pensate che quello (brutto) dell’altra sera sia stato il primo film sulle foibe andato in onda sulla televisione pubblica? Sbagliate. Nel 2005 fu trasmessa in due serate la fiction «Il cuore nel pozzo» su Raiuno, con circa dieci milioni di spettatori. Mica male. Eppure il vittimismo sulle foibe continua ad imperversare: non si può levare una voce contraria o dubbiosa che subito si viene sepolti dalla accuse di lesa italianità, quasi di tradimento della patria. Ci manca poco e qualcuno invocherà la fucilazione per i collaborazionisti del nemico.

Restano purtroppo inascoltate le parole di Predrag Matvejevic, che nella ex Jugoslavia ha sofferto parecchio e che con il comunismo ha avuto più di un problema grosso. Diceva: «Esiste una sorta di “anticomunismo viscerale” che secondo le parole di un mio amico, il geniale dissidente polacco Adam Michnik, è peggio del peggiore comunismo. Il sottoscritto forse ne sa qualcosa di più: ha perso quasi l’intera famiglia paterna nel gulag di Stalin. Ma per questo non disprezza di meno i fascisti».

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