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27/05/2019

Le dure repliche della realtà

Si ribaltano i rapporti di forza, ma il quadro rimane pressoché identico allo scorso 4 marzo: il populismo viaggia attorno al 50% dei voti, mentre l’unica alternativa politico-elettorale ad esso continua ad essere rappresentata dalle forze liberali, Partito democratico in primis, minoritarie ma non irrilevanti. Eppure, nonostante il campo continui ad essere sostanzialmente diviso in due, non tutto è perfettamente uguale a se stesso.

Valutando i risultati in tutta Europa, appare chiara la ritirata politica del “populismo di sinistra”. Non tanto in Italia, dove questo veniva rappresentato contraddittoriamente dal M5S, quanto nel resto del continente. Nella Francia “sconvolta” dalle proteste dei Gilet Jaune, dove cioè si presentava la situazione migliore per capitalizzare elettoralmente una protesta sociale non predeterminata dentro i confini della reazione, France Insoumise di Mélenchon prende il 6%. A capitalizzare è solo il populismo “di destra” della Le Pen, anche questa volta primo partito transalpino. Nella Gran Bretagna della Brexit a capitalizzare la lotta alla Ue è la destra populista di Farage, col suo 32%, mentre il “compagno” Corbyn si ferma al 14% fallendo totalmente il suo patetico agnosticismo di non appoggiare né la Brexit né il “remain”. In Spagna Podemos si ferma al 10%, superato persino da Ciudadanos. E così via.

In sintesi, queste elezioni sanciscono il fallimento di una torsione democratica e coerentemente antiliberista del populismo. Una lezione da valutare con grande attenzione.

Tornando al nostro paese, l’ex centrodestra sfiora il 50% dei voti. E’ un evento anch’esso. Neanche nella più rosea delle stagioni berlusconiane l’insieme delle forze conservatrici raggiungeva tale risultato. Se mai questa opzione dovesse trovare uno sbocco politico effettivo, e quindi governare, avremmo per la prima volta un esecutivo di centrodestra a trazione reazionaria, con Salvini premier. Anche questa, una novità non da poco conto, visto che un governo di questo tipo farebbe impallidire persino le “democrazie illiberali” di Visegrad.

Spostando il focus dalla politica che conta alle curiosità cabalistiche, va ancora una volta sottolineato lo stazionamento nell’irrilevanza tanto delle destre quanto delle sinistre “radicali”. Le prime fagocitate in tutto e per tutto da Salvini. Le seconde incomprensibili al genere umano. Nella Riace di Mimmo Lucano la Lega prende il 30% – primo partito – e Lucano il 2% – ultimo partito: insegnerà qualcosa tutto questo? Non crediamo: cosa può la realtà di fronte alle convinzioni ireniche della sinistra?

E’ inevitabile chiedersi a questo punto cosa fare. Di fronte a un paese ideologicamente di destra (ma lo era anche con Renzi al 40%, e non a caso), che decide coscientemente di premiare l’opzione politica più regressiva, bisogna in qualche modo attrezzarsi. Se la via dell’intelligenza col nemico liberale è preclusa, va comunque escogitata una tattica di sopravvivenza che non passi per l’onanismo degli zerovirgola, non si ritiri dalla politica in favore di particolarismi di ogni tipo e, al tempo stesso, affronti con realismo la situazione.

Non crolla il mondo, ma finisce certamente un mondo: quello dell’irrealtà entro la quale una certa sinistra si ostina a perseverare. Ma è così da molti anni ormai. Anche in questo caso non servirà da lezione.

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