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23/05/2019

Siria - Smentito il presunto attacco chimico a idlib

Anche l’Osservatorio siriano per i diritti umani, una Ong nota per i legami con l’opposizione schierata contro il presidente Bashar Assad, smentisce che Damasco abbia fatto uso negli ultimi giorni di armi chimiche nel nord-ovest del paese. L’accusa ha immediatamente spinto gli Stati Uniti a minacciare la Siria di nuovi attacchi militari.

Dietro la denuncia ci sono le milizie qaediste e jihadiste che operano in quella zona, secondo le quali l’aviazione siriana il 19 maggio avrebbe lanciato gas cloro contro aree abitate da civili nella regione nord-occidentale di Latakia. Ma l’Osservatorio afferma di non avere prove di queste affermazioni e sottolinea che nell’area delle montagne di Latakia non risultano esserci civili.

Una notizia falsa ma che l’Amministrazione Trump, impegnata in una campagna aggressiva – per ora diplomatica ed economica – contro l’Iran e la Siria sua alleata, ha subito preso sul serio per far salire la tensione. Da Washington hanno annunciato di essere pronti a “rispondere rapidamente e in maniera adeguata”, ossia militarmente, come avvenuto lo scorso anno con la cooperazione di Francia e Gran Bretagna dopo la denuncia di un presunto attacco chimico governativo su Douma (nei pressi di Damasco) che non ha mai trovato una conferma definitiva.

E’ da notare che la Russia, alleata dalla Siria, sulla base di informazioni della sua intelligence, aveva avvertito nei giorni scorsi che i miliziani qaedisti intendevano orchestrare una messinscena sull’uso di armi chimiche per provocare una reazione occidentale. Damasco è impegnata dalla fine di aprile in un’offensiva militare per la riconquista della regione nordoccidentale di Idlib, l’unica ancora nelle mani delle forze schierate contro il governo centrale e che, secondo un accordo raggiunto lo scorso settembre da Russia e Turchia, è sotto la tutela di Ankara che ora vorrebbe ritirare i suoi soldati che presidiano una dozzina di posti di osservazione nella regione. Da giorni Russia e Turchia sono impegnate in colloqui per trovare una via d’uscita che al momento non sembra a portata di mano.

L’offensiva governativa intanto prosegue. Non è chiaro al momento se Damasco intenda riprendere tutta Idlib. Di sicuro vuole mettere fine ai blitz armati e ai lanci di razzi che compiono i qaedisti e altre formazioni estremiste armate all’esterno della regione, bloccando tra le altre cose le comunicazioni stradali tra il nord e il sud del Paese. Questi gruppi nelle ultime ore hanno sferrato un attacco tra Hama e Idlib e nella valle dell’Oronte. 150 miliziani di Hay’at Tahrir al Sham (il ramo siriano di al Qaida) sarebbero stati uccisi secondo fonti russe e governative siriane. Dall’altra parte invece annunciano di aver “inflitto dure perdite al nemico” grazie anche ai razzi anticarro “Kornet” di recente ricevuti dalla Turchia. I qaedisti sostengono inoltre che bombardamenti di jet russi ed elicotteri governativi avrebbero ucciso 16 civili, 12 dei quali in un mercato di Marrat Numan, a sud-est di Idlib. La notizia non ha trovato conferme da parte di fonti indipendenti.

Intanto ieri è finito l’incubo per il bresciano Alessandro Sandrini, rapito tre anni fa al confine tra Siria e Turchia e liberato da una formazione qaedista. L’annuncio è inizialmente arrivato tramite un comunicato del cosiddetto “Governo di salvezza nazionale”, il braccio politico di Hay’at Tahrir Sham. Nel testo del sedicente ministero degli interni qaedista non si fa riferimento al pagamento di un eventuale riscatto.

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