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03/07/2020

Per gli “eroi” della sanità il dovuto rispetto e risposte non più rinviabili

Ieri nella sanità pubblica e privata e nel terzo settore, è stata una giornata di sciopero, la prima possibile dopo le proteste simboliche, ma fortissime, svolte durante l’emergenza coronavirus.

Gli operatori della sanità, un mondo ormai tenuto conto della frammentazione lavorativa e contrattuale in un settore strategico per la vita del paese, dopo essere stati celebrati come eroi mentre curavano, si ammalavano e morivano negli ospedali riempiti dai malati di Covid-19, hanno capito subito come dietro quella retorica non ci fosse affatto un urgente e dovuto cambio di passo nel trattamento contrattuale, retributivo e morale della categoria che è stata la truppa di trincea nell’emergenza pandemica.

Al contrario, le spinte a rimanere esattamente come prima, hanno ripreso vigore.

Nel corso del primo sciopero nazionale unitario della sanità pubblica, privata e del Terzo Settore proclamato dall’Unione Sindacale di Base, ieri in piazza Montecitorio c’è stato un affollatissimo presidio, scandito dagli interventi di delegati del comparto sanità provenienti da tutte le regioni. E c’è stato anche l’incontro tra la delegazione USB e i componenti della XII Commissione della Camera (Affari sociali e Sanità), presieduta da Marialucia Lorefice.

L’USB ha consegnato ai parlamentari una copia della piattaforma alla base dello sciopero nazionale di ieri e ne ha illustrato i punti qualificanti che pongono al centro il ritorno a una sanità nazionale, pubblica e universale.

I punti della piattaforma indicano una netta controtendenza rispetto al processo di sistematico smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale:
1) la fine della regionalizzazione fatta di 20 sistemi sanitari differenti attraverso la riforma del Titolo V della Costituzione, cambiato nel 2001;
2) il ritorno al Servizio Sanitario Nazionale e universale;
3) lo stop ai privati che si arricchiscono con i soldi pubblici, lasciando al sistema pubblico tutto ciò che non produce guadagno (pronto soccorso, terapie intensive, reparti di malattie infettive);
4) il contratto unico per i lavoratori del comparto.

Ma alla base della piattaforma dello sciopero consegnata alla Commissione parlamentare Affari Sociali e Sanità, ci sono anche richieste immediate come assunzioni a tempo indeterminato, stabilizzazioni dei precari, reinternalizzazioni di servizi e personale; i rinnovi contrattuali immediati (scaduti almeno da dicembre 2018) con adeguati riconoscimenti economici e professionali; il bonus Covid per tutti gli operatori della Sanità: pubblica, privata e del Terzo Settore.

Secondo quanto ha riferito la delegazione sindacale, con la Commissione l’interlocuzione è stata su binari di sintonia, dovuta anche all’esperienza nelle professioni sanitarie di diversi deputati. I parlamentari hanno evidenziato la difficoltà di liberare risorse pubbliche per rendere strutturali gli investimenti fatti in occasione dell’emergenza Covid-19, ma hanno garantito che percorreranno ogni strada affinché questo avvenga e sottolineato che un ruolo fondamentale in tal senso possono ricoprirlo i cittadini e le realtà sociali, facendo sentire la propria voce.

Sul tavolo è stata posta, dopo la questione dei medici specializzandi ed ex specializzandi, quella della sanità privata e della conclamata inadeguatezza contro la pandemia di una realtà fatta di sfruttamento e assenza dei requisiti minimi per occuparsi di salute. Secondo quanto riferito dalla delegazione sindacale su questo punto la Commissione si è impegnata ad attivarsi affinché i paletti per gli accreditamenti siano ancora più fitti e stringenti.

La risposta, per USB, è naturalmente diversa: tutto il Sistema sanitario nazionale deve ritornare pubblico. Perché il coronavirus non è stato l’unico killer, ma ha avuto complicità evidenti nei politici e nelle scelte sulle politiche sanitarie dell’ultimo ventennio fatte in nome dell’ultraliberismo e di “privato è bello”.

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