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06/08/2020

Brasile - Il percorso equivoco del primo vaccino Covid sperimentato sull’uomo


La frenesia globale della caccia al vaccino anti-Covid, ha fornito al governo di Jair Bolsonaro il pretesto ideale per distrarre l’opinione pubblica interna e internazionale dalla pessima gestione della pandemia in corso, culminata con il siluramento e le dimissioni di ben due ministri della Salute nel giro di un mese, Luiz Henrique Mandetta e Nelson Teich – rispettivamente ortopedico e oncologo affermati – i quali si erano battuti, il primo soprattutto, per rafforzare la prevenzione attraverso lo screening di massa e la chiusura delle attività commerciali.

Le uniche armi su cui la più grande nazione sudamericana poteva puntare per evitare lo sterminio attuale, data la precarietà della sua sanità pubblica, e lo stato di promiscuità domestica di oltre metà della popolazione – 110 milioni di individui – ammassata in favelas e “bairros” popolari senza fognature e acqua potabile, sovente costretta in baracche di 40-50 mq dove vivono stipate una media di 7-8 persone per unità abitativa.

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Dopo essersi liberato dei due medici che lo contraddicevano sulle linee-guida, il presidente ha deciso di affidare la direzione del ministero al generale Pazuello, militare esperto in logistica ma senza alcuna cognizione medica.

Costui, mettendo a disposizione della multinazionale farmaceutica AstraZeneca – che detiene con l’università di Oxford il brevetto del vaccino omonimo – strutture e volontari per i tre stadi di sperimentazione dello stesso sugli esseri umani, punta ad annullare o perlomeno a rintuzzare gli effetti devastanti dell’assoluta mancanza di strategia da parte del suo datore di lavoro, che ha portato il Brasile a essere secondo in assoluto per casi di contagio e mortalità dopo gli Stati Uniti.

Una scelta obbligata

AstraZeneca ha una delle filiali più importanti proprio in Brasile, che offre le condizioni “ideali” ai fini della sperimentazione: contagi diffusi in maniera capillare lungo tutto il territorio nazionale, scarso impatto terapeutico dei farmaci utilizzati – a cominciare dalla clorochina, propagandata da Donald Trump e dal suo pappagallo brasiliano, ma suffragata da risultati alterni nel protocollo sanitario federale – e un numero elevato di decessi, anche se la percentuale di questi sui casi dichiarati è bassa (3,6%).

Però le cifre sono impressionanti: oltre 2.800.000 contagi e 95.000 morti (dati del 5 agosto 2020).

Il governo, attraverso Camile Sachetti, la direttrice del Departamento de Ciência e Tecnologia do Ministério da Saúde, se n’è uscito recentemente con una dichiarazione sconcertante: il Brasile, prima nazione a sperimentare un vaccino nuovo su 5.000 volontari – oltre al Regno Unito, che lo ha preceduto nel percorso, essendo la casa farmaceutica inglese – produrrà una versione propria del vaccino originale, essendo in trattativa con AstraZeneca per l’acquisto del principio attivo.

Ma lo farà prima che il vaccino di Oxford sia regolarmente omologato, passaggio finale che avverrà alla fine del monitoraggio dei volontari, entro giugno 2021.

La prestigiosa Oswaldo Cruz Foundation con sede nella capitale Brasilia (FioCruz) è in contatto con la farmaceutica inglese per il trasferimento della tecnologia nel suo laboratorio Bio-Manguinhos, con l’obiettivo di produrre e distribuire 100 milioni di dosi del vaccino entro i primi mesi del 2021.

30.400.000 a fine anno, mentre le restanti saranno pronte entro febbraio 2021.

L’intervista rilasciata dalla signora Sachetti al notiziario della Camera dei Deputati contiene dei passaggi che si commentano da soli: “dobbiamo correre questo rischio, poiché non possiamo rimanere indietro proprio adesso che tutti i paesi stanno rincorrendo questo vaccino. Siamo noi i primi ad entrare nella fase 3″. (L’ultima, quella della sperimentazione massiccia – N.d.A.).

Ovviamente a rischiare non sarà lei, né i politici dietro a questa grande operazione di distrazione di massa, bensì gli oltre 30 milioni che faranno la fila per vaccinarsi, dato che il brasileiro medio si è sempre prestato a far da cavia entusiasta quando si tratta di collaudare novità, come le innumerevoli versioni dei remédios anti-gripal – farmaci anti influenzali – che si ammucchiano negli scomparti, alternandosi ai costosi vaccini per prevenire “a gripe”, ogni anno in edizione riveduta e corretta.

Anche per questo la scelta di AstraZeneca era praticamente obbligata.

La direttrice ha poi aggiunto: “Rimaniamo comunque aperti anche a vaccini provenienti da altri paesi, perché quello che è adatto adesso potrebbe non esserlo domani, e dobbiamo poter contare su una soluzione di riserva”.

Detto fatto: mentre è in corso la fase 3 del primo, altri due vaccini sono comparsi all’orizzonte brasiliano.

L’Agência Nacional de Vigilância Sanitária (Anvisa) ha autorizzato la farmaceutica cinese Sinovac Biotech ad avviare uno studio parallelo direttamente in fase tre su ben 9.000 nuovi volontari scelti negli Stati di Paraná, Rio Grande do Sul, São Paulo e nella capitale Brasilia.

L’autorizzazione è stata concessa solo sulla base di uno studio anteriore compiuto su animali.

Di recente si è aggiunta anche la newyorkese Pfizer.

La mina vagante degli asintomatici e le perle di Pazuello

Tutto questo grande entusiasmo rischia però di infrangersi sugli scogli di una realtà che è alla base del disastro attuale: qualsiasi vaccino deve essere inoculato su individui che siano prima risultati negativi al tampone naso-faringeo, il cosiddetto swab nasal – in sigla RT-PCR – e che abbiano dai 18 ai 55 anni, il range di età più a rischio.

Difatti, secondo la Secretaria de Saúde di Brasilia, la fascia più colpita dal Covid 19 è proprio quella che va dai 30 ai 39 anni, anche se molti di costoro sono asintomatici e altri guariscono. I veri untori sono loro e non gli anziani ai quali, dai 60 anni in poi, è stato pure vietato l’accesso a palestre e piste ciclabili, “grazie” all’ultimo decreto emesso dal governatore che presiede il Distrito Federal a Brasilia.

Essendo i tamponi insufficienti e, come strumento di prevenzione, ritenuti non necessari dai vertici sanitari – Pazuello, facendo il verso a Trump, lo ha ribadito in più occasioni, evidenziando la sua abissale ignoranza in materia – il virus si diffonde su tutte le fasce d’età, essendo impossibile isolare i portatori sani, infierendo ovviamente sugli anziani e sulle categorie a rischio quali immunodepressi, diabetici e obesi.

Siamo alle solite insomma: i vecchi non sono i veicoli principali del contagio, bensì le vittime designate, per cui gli si toglie anche la possibilità di rinforzare il sistema immunitario impedendo loro l’attività fisica. Geniale, non c’è che dire.

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In realtà per quando il vaccino brasiliano sarà pronto, cioè tra 6 mesi al massimo, la situazione tamponi minaccia di essere la stessa di oggi, se non peggiore.

Se si considera che in uno stato piccolo come il Distrito Federal ne sono stati applicati solo 403.708, individuando 36.142 positivi su 3.015.268 residenti, la situazione è ancora peggiore a livello nazionale: dall’inizio della pandemia, in Brasile sono stati eseguiti solo 1.732.000 tamponi su un totale di 212 milioni.

Cioè meno dell’1% di cui 1/4 coperto dal Distrito Federal che non è neanche uno stato ed ha un territorio piccolo paragonato agli altri.

Cosa succederà quando si dovranno sottoporre allo screening più di 30 milioni di persone in breve tempo prima di inoculare il vaccino?

Sarebbe una beffa arrivare a gennaio con le dosi pronte ma dover interrompere la vaccinazione perché gli RT-PCR sono terminati. L’acronimo sta per Reverse Transcription Polymerase Chain Reaction ed è un esame lungo e costoso: dal campione di saliva o di muco prelevato viene individuata una molecola RNA a singolo filamento. Con la tecnica della transcriptasi inversa, questa viene trasformata tramite un enzima artificiale in una molecola DNA a filamento doppio, che contiene le informazioni genetiche necessarie per individuare il virus.

Attraverso la separazione del doppio filamento – l’inserimento di una sonda fluorescente all’interno – l’attivazione del segnale – la ricostruzione del filamento – e infine la misurazione computerizzata del segnale, si arriva a stabilire se il virus è presente o meno.

Viene in pratica ricostruito artificialmente lo stesso procedimento che il virus HIV utilizza per trasportare il suo patrimonio genetico all’interno della cellula ospite dell’organismo infettato.

Un metodo accurato al 100% che richiede però reagenti freschi, strumentazione di prim’ordine, know-how appropriato dei tecnici addetti e soprattutto fino a 4 ore di tempo per svolgere l’analisi nel modo più adeguato.

Fattori determinanti che vengono a mancare quando bisogna analizzare centinaia di migliaia se non addirittura milioni di tamponi.

L’unica alternativa possibile, il test del sangue, noto in Italia come pungidito, che rileva la presenza di anticorpi nell’organismo in soli 20 minuti, è consigliato dalle UBS – Unidades Básicas de Saúde – solo dopo l’ottavo giorno dalla comparsa dei sintomi.

Chi lo vuole prima, deve recarsi nelle farmacie legate al circuito RedePharma o nei Centros de Saúde privati e pagarlo 270 real, per cui almeno la metà della popolazione a salario minimo (R$ 1050) non se lo può permettere.

Ci si limita quindi a testare solo i casi più avanzati, per cui la prevenzione sugli asintomatici, che sono il veicolo maggiore di contagio, va a farsi benedire.

E intanto il virus dilaga.

Conclusioni

La pandemia ha riportato sotto i riflettori un comparto, quello dei vaccini, che muove un giro d’affari pari a circa 35 miliardi di dollari.

Secondo l’inchiesta di Cnbc, testata finanziaria statunitense, i protagonisti del settore sono la britannica GlaxoSmithKline, la francese Sanofi, le americane Merck e Pfizer e la cinese Sinovac Biotech.

A questi si è aggiunta AstraZeneca, che finora li ha sorpassati sul Coronavirus; della serie “i cavalli vincenti si vedono all’arrivo”.

Scrive la testata “per ogni dollaro investito in vaccinazioni nei 94 Paesi al mondo con il reddito pro-capite più basso, il ritorno netto è di 44 dollari. Questo oligopolio è stato creato attraverso significativi consolidamenti di mercato. Il business dei vaccini paga quasi sempre un dividendo altissimo”.

Talmente alto da giustificare investimenti apparentemente a fondo perduto e nobilmente filantropi, come quelli che Bill Gates sbandiera nelle sue campagne “d’informazione”.

Anche negli USA le cavie umane sono quasi sempre entusiaste e “de graça” a gratis, per dirla alla brasileira: secondo un sondaggio condotto dalla Gates Foundation nel 2019, in tandem con la Johns Hopkins University, il 65% degli interpellati sarebbe pronto a testare un vaccino anche se questo fosse ancora in via sperimentale.

Paura e disperazione sono garanzie di successo.

Ultim’ora

La fondazione FioCruz ha chiuso due giorni fa l’accordo con AstraZeneca per la produzione di 100 milioni di dosi, precisando che prima di procedere alla vaccinazione, ANVISA (Vigilanza Sanitaria Nazionale) dovrà fare ulteriori accertamenti.

L’ente ribadisce che il vaccino di Oxford, come tutti i vaccini nuovi, non è comunque esente da rischi. Intanto il governatore dello stato di São Paulo, João Doria, ha annunciato che bar e ristoranti sono riaperti, e che il vaccino cinese Sinovac è già in fase 3.

Peccato però che questa avvenga senza l’approvazione della Commissione Nazionale di Etica e Ricerca che ha autorizzato il vaccino precedente. Difatti i vaccini dovrebbero ottenere prima l’avallo di due enti: Anvisa, la vigilanza sanitaria, la quale verifica che il vaccino abbia garanzie sufficienti per essere efficace a rischio contenuto, e poi il Conep, la Commissione Etica di Ricerca, per appurare che abbia superato la fase 1 e 2 su un ridotto numero di volontari (poche centinaia) prima di passare alla fase 3, cioè su diverse migliaia.

Sinovac ha ottenuto il nulla osta del primo, mentre il secondo è stato saltato, poiché il vaccino cinese è ammesso direttamente in fase 3, solo sulla base di sperimentazioni animali.

Le regole in Brasile sono sempre soggettive.

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