Julissa Arce è una ex immigrata irregolare negli Stati Uniti, che ha raccontato la sua storia di “successo” in diversi libri autobiografici diventati best-seller. È immigrata negli USA dal Messico a 11 anni e per 15 è stata irregolare, per poi lavorare, all’apice della sua carriera “senza documenti”, per alcuni big di Wall Street come Goldman Sachs e Merrill Linch.
Ha ottenuto ufficialmente la cittadinanza americana solo nell’Agosto del 2014.
Sarebbe l’incarnazione del “Sogno Americano”, se non fosse che ha scelto di essere una delle voci più influenti che si spendono per la giustizia sociale, i diritti dei migranti ed una istruzione di qualità, ed è stata co-fondatrice e segretaria della “Ascend Educational Fund”.
Ha sfruttato la sua storia di successo – che le ha dato un notevole esposizione mediatica – per parlare delle piaghe del sistema yankee e dare voce agli ultimi.
Tra gli altri, quei migranti irregolari braccati dalla polizia di Trump, che ora il presidente vorrebbe spedire in varie città insieme ad altri agenti federali.
Ora vive a Los Angeles ed ha scritto questo articolo per il Times in cui denuncia le morti per mano della polizia di alcuni giovani latinos poco più che ventenni – Andrés Guardado, Sean Monterrosa, Erik Salgado – oltre agli omicidi impuniti di altri latino-americani, per cui si stanno mobilitato le organizzazioni locali.
I loro casi non catturato l’attenzione dei media, ma ci raccontano di quale sia la condizione di questa parte importante di popolazione statunitense.
Scrive: “Alla data del 9 giugno, secondo un database compilato dal Los Angeles Times, dal 2000 sono stati uccisi 465 latinoamericani nella sola contea di L.A. A livello nazionale dal 2015 sono stati uccisi 910 ispanici. Vale la pena notare che i latinoamericani sono spesso sotto-rappresentati nei dati della giustizia criminale, perché molti stati riportano l’etnia ma non l’origine.” Stime, quindi, più che un resoconto statistico.
Questo fenomeno ha profonde radici storiche e si lega ai destini simili della comunità afro-americana e dei nativi-americani, tra l’altro le più colpite dal Covid-19 e dalle sue conseguenze economiche.
Comunità che si stanno mobilitando in varie forme, tra l’altro dando vita ad un nuovo e combattivo movimento operaio.
In uno Stato come gli USA, dove il numero dei morti da Covid-19 ha superato abbondantemente i 150 mila, e dove circa 1000 periscono ogni giorno per la pandemia, ed i nuovi contagiati sono circa 60 mila al giorno, la comunità latinos è una delle più colpite; così come è colpita dalla disoccupazione (più di 40 milioni ormai sono senza lavoro negli USA) e dal disagio abitativo, in cui ben più di 10 milioni rischiano lo sfratto da qui in avanti.
Senz’altro il movimento “black lives matter” ha ridato nuovo slancio ai latinos, come ai nativi-americani che sono stati – soprattutto nelle fasce giovanili – lo “zoccolo duro” dei neo-iscritti al voto nelle primarie democratiche, dando la propria preferenza a Bernie Sanders ed alle sue politiche complessive.
È uno delle “minoranze etniche” più consistenti ed in crescita, che in prospettiva darà più filo da torcere all’egemonia WASP ed al suo establishment politico.
Buona lettura
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Nel gennaio 1918, mentre le persone di Porvenir, Texas, dormivano, un gruppo di ranger del Texas e di cavalleria dell’esercito americano invase la città. Rapirono 15 messicani, ragazzi e uomini, li portarono su una collina vicina che si affacciava su un fiume e spararono loro da meno di un metro iccidendoli tutti.
Il resto della gente cercò rifugio in Messico. Alcuni giorni dopo gli assassini bruciarono ciò che era rimasto della città. Asserivano, senza prove, che le loro vittime erano connesse con un recente raid al vicino ranch Brite.
Il marcio sistema di forze dell’ordine che abbiamo oggi è il frutto di istituzioni come i Ranger del Texas, che furono disseminati per perseguire neri e “minoranze etniche”.
Fin dalle origini di questa nazione, gli ufficiali delle forze dell’ordine l’hanno sempre scampata senza conseguenze per le loro azioni perché il governo non ha mai dato valore alle vite delle persone delle “minoranze”.
Mentre le origini della polizia in America variano, sappiamo che nel sud hanno origine nei guardiani di schiavi che prendevano di mira gli afro americani. I ranger del Texas, creati negli anni venti dell’800, sono spesso visti come eroi americani, quasi dei miti. Ma loro erano una forza razzista, repressiva e violenta che ha seminato il terrore tra i Messicani e i Nativi Americani, mentre apriva la strada per l’espansione a ovest.
“Hanno bruciato i villaggi dei contadini e massacrato innocenti. Hanno commesso crimini di guerra. I loro omicidi di messicani e messicano-americani hanno fatto sì che la gente li temesse quanto nel profondo sud si temeva il Ku Klux Klan”, fa notare Doug J. Swanson nel suo nuovo libro “Cult of Glory: The Bold and Brutal History of the Texas Rangers”.
Dal 1915 al 1920, più di 5.000 messicani ‘colpevoli del solo crimine di essere messicani‘ furono uccisi dai Ranger del Texas, scrivono Julian Samora, Joe Bernal e Albert Peña in “Gunpowder Justice: A Reassessment of the Texas Rangers”.
Le specifiche agenzie possono essere cambiate nel tempo, ma l’attitudine razzista e le azioni razziste di polizia sono continuate. (I ranger del Texas sono ora una divisione del dipartimento di pubblica sicurezza dello Stato, ma non sorprende che alcuni ex ranger siano diventati “Guardie di Confine”, quando questo corpo è stato creato, nel 1920).
La storia delle violenze della polizia contro i latinoamericani è stata per la maggior parte cancellata, e molte delle sue storie sepolte. Gli attivisti di comunità come la Coalizione per la Giustizia per la Gioventù di L.A. (Youth Justice Coalition L.A.) e l’Unione del Quartiere (Unión del Barrio) hanno lavorato instancabilmente per rendere giustizia alle famiglie dei latinoamericani uccisi dalla polizia e per aumentare la consapevolezza sulla devastazione provocata dalla polizia sul nostro popolo.
La Coalizione per la giustizia per la gioventù ha combattuto per abolire la presenza degli poliziotti nelle scuole – nel distretto scolastico unificato di Los Angeles, il 73.4% della popolazione studentesca è latinoamericana. Questo lavoro raramente arriva sulle prime pagine dei giornali.
Nel frattempo il dipartimento dello sceriffo della contea di Los Angeles (LASD) ha dovuto affrontare per decenni accuse di essere il covo di ex gang di ufficiali bianchi, che lavorano in particolare nei quartieri neri e latinoamericani.
Nel 1991 un giudice federale ha descritto questi gruppi come “una gang di suprematisti bianchi neonazisti” e ha detto che i capi del dipartimento “autorizzavano tacitamente questi comportamenti incostituzionali”. Senza comprendere le profonde forze strutturali dietro la violenza che ci colpisce è facile pensare che le morti di latinoamericani per mano della polizia siano rari e sparuti casi.
Il 18 giugno, Andrés Guardado, un americano salvadoregno di 18 anni, è stato ucciso a colpi di pistola da un vicesceriffo di Los Angeles. Al tempo della suo decesso, lui lavorava come guardia giurata in una carrozzeria. Suo padre, Cristóbal Guardado, mi ha detto che Andrés faceva due lavori per pagarsi la macchina e aiutare la sua famiglia a sopravvivere, dopo il tracollo economico che hanno subito a causa del Covid 19.
Gli ufficiali hanno dichiarato che Guardado aveva una pistola, ma la famiglia ha ripetutamente negato questo fatto. L’ufficio dello sceriffo ha impedito per “fini di sicurezza” l’autopsia di Guardado, mettendo ulteriormente a dura prova il legame di fiducia con la comunità che dovrebbe servire, ma il 10 luglio, il medico legale della contea di L.A. ha rilasciato i risultati ufficiali dell’autopsia sfidando gli ordini del LASD.
Il report ha mostrato che Guardado è stato colpito cinque volte alla schiena e ha due ferite da escoriazione. “La causa della morte è omicidio” è stato riportato. Alla data dell’8 luglio il vicesceriffo che ha ucciso Guardado era ancora impiegato del LASD e non era mai stato interrogato dagli investigatori. “Siamo sulla sua agenda“, ha detto il comandante Chris Marks a una conferenza stampa.
Guardado non è stato l’unico giovane latinoamericano uccido dalla polizia in California quel mese. Il 2 giugno, Sean Monterrosa, 22 anni, è stato ucciso da un detective che ha sparato 5 volte dal parabrezza di un veicolo della polizia in borghese.
Il capo della polizia di Vallejo Shawny Williams inizialmente disse che Monterrosa era inginocchiato con le mani sulla vita quando è stato ucciso e che il detective che ha sparato pensava che avesse una pistola, ma si è scoperto che era un martello.
Più tardi, quel giorno, il dipartimento ha rilasciato un comunicato che descriveva Monterrosa come pericoloso, affermando che “si era voltato velocemente verso gli ufficiali, accovacciandosi in una posizione mezza inginocchiata come se si stesse preparando a sparare“.
Il 6 giugno a Oakland, un poliziotto autostradale della California ha sparato a Erik Salgado, 23 anni, e alla sua fidanzata incinta, in quello che il legale della famiglia ha chiamato “un massacro“. La polizia ha detto che lui stava provando a speronare la loro auto, ma l’avvocato di famiglia ha detto che è stato colpito molteplici volte prima. Salgado è morto, la sua ragazza è sopravvissuta, ma ha perso il bambino.
Alla data del 9 giugno, secondo un database compilato dal Los Angeles Times, dal 2000 sono stati uccisi 465 latinoamericani nella sola contea di L.A. A livello nazionale dal 2015 sono stati uccisi 910 ispanici. Vale la pena notare che i latinoamericani sono spesso sotto-rappresentati nei dati della giustizia criminale perché molti stati riportano l’etnia ma non l’origine.
Nel 2013, Andy Lopez, 13 anni, è stato ucciso da Erick Gelhaus, vicesceriffo della contea di Sonoma. Lopez stava camminando in un terreno abbandonato quando un poliziotto ha scambiato la sua pistola giocattolo per un AK-47. Gelhaus ha sparato a Lopez sette volte, uccidendolo sul posto. Nessuno è stata indagato.
Nel 2014, Alex Nieto, 28 anni, stava mangiando un burrito con le patatine in un parco di San Francisco quando un passante l’ha ritenuto sospetto e ha spinto la sua compagna a chiamare il numero dell’emergenza. Un poliziotto ha scaricato l’intero caricatore e poi l’ha ricaricato, sparando in totale 23 volte a Nieto. Un altro poliziotto ha sparato 20 volte. Due altri agenti hanno usato le loro pistole sparando almeno 5 volte mentre Nieto era a terra e stava morendo. Nessuno è stato accusato.
In una causa civile contro di loro, hanno sostenuto che pensavano che il Taser che aveva con sé fosse una pistola e la giuria ha ritenuto che non si sia trattato di uso eccessivo della forza.
I nomi dei latinoamericani uccisi dalla polizia aumenta, come è dolorosamente chiaro alle proteste di Black lives matter.
Il 24 giugno, alle proteste settimanali di Black lives matter LA per rimuovere il procuratore distrettuale Jackie Lacey, le famiglie delle persone uccise dalla polizia hanno recitato i nomi dei loro cari. Molti di loro erano latinoamericani e afrolatini.
Grazie all’arduo lavoro della comunità nera per aumentare la consapevolezza e la responsabilità della polizia, e la posizione coraggiosa di togliere fondi alla polizia e immaginare un sistema che sia al servizio delle persone, gli odiosi omicidi di latinoamericani stanno iniziando a ricevere attenzione a livello nazionale. Questo è il significato di “quando le vite nere valgono, allora tutte le vite varranno“.
Non possiamo più andare contro la storia e la verità. I discendenti delle vittime di Porvenir, Texas, hanno cercato di mantenere viva la memoria del massacro con dei segni storici che però furono visti con diffidenza dal capo della commissione storica della contea di Presidio, che scrisse in una mail alla commissione storica texana che “militanti ispanici hanno fatto diventare la richiesta di un segno storico una battaglia politica e volevano che il governo federale pagasse le riparazioni per un tragico evento di più di cento anni prima“.
Jim White III, un discendente della famiglia Brite, ha detto al New York Times che era un “periodo turbolento sul confine con molte persone uccise in entrambi i fronti“. Quando si parla di crimini contro le persone delle minoranze ecco che magicamente emergono “i due fronti”.
Dopo la manifestazione “uniamo la destra”, a Charlottesville, Va., nel 2017, in cui ci furono degli scontri tra i neonazisti e i manifestanti che si battono per la giustizia sociale, il presidente Trump ha detto che c’erano “brave persone in entrambi i fronti“.
I parenti degli uccisi nel massacro di Porvenir hanno finalmente ottenuto il riconoscimento nel 2018. I 910 latinoamericani che sono stati uccisi dalle mani della polizia dal 2015, e negli anni prima che il database esistesse, meritano la nostra attenzione, attivismo e anche il ricordo. Non possiamo aspettare altri cento anni prima di raccontare le loro storie.
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