C’è una parola, un concetto che meglio di ogni altro descrive il funzionamento del cosiddetto Recovery Fund: la condizionalità. È un termine che è sempre stato al centro delle nostre analisi, un principio che torna e riemerge ad ogni occasione, e che ci permette di contrastare la favola di un’Europa solidale, pronta a riversare fiumi di milioni sul nostro Paese. Condizionalità vuol dire che ogni euro concesso è subordinato all’adempimento di una serie di obblighi, all’attuazione di riforme stabilite dalle istituzioni europee e all’adesione al progetto politico dell’austerità, in maniera tale che a fronte dell’euro ricevuto oggi si paghi un prezzo, politico ed economico, ben più caro nei prossimi anni in termini di ulteriore austerità.
Nelle prime occasioni in cui si è parlato di Recovery Fund, sulla scia del mito dell’Europa del progresso, la condizionalità poteva apparire un concetto astratto, difficile da mettere a fuoco. Ma oggi, il Governo Draghi ha iniziato a dargli forma e sostanza con il Decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, noto anche come Decreto Semplificazioni. Nelle settimane che hanno preceduto l’approvazione, avvenuta la sera del 28 maggio, a fronte di partiti della coalizione di Governo che cercavano di mettere bocca e avanzare obiezioni o proposte di modifiche, la risposta immutabile di Draghi è stata sempre la stessa: abbiamo un impegno esplicito con l’Europa ad approvare, entro la fine di maggio, interventi di semplificazione legislativa e delle procedure per i lavori pubblici, oltre che a definire la ‘governance’ legata al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNNR). O lo facciamo in fretta, o non riceveremo la prima tranche di aiuti del Recovery Plan.
Come dicevamo, il Decreto Semplificazioni si occupa di due aspetti distinti.
- Il primo riguarda una feroce deregolamentazione, che nella neolingua in voga nel Governo viene presentata eufemisticamente come una semplificazione, delle procedure di conferimento e assegnazione degli appalti per lavori pubblici. L’impronta ideologica è esplicita nella sua sfacciataggine. Vengono prorogate fino al 30 giugno 2023 una serie di deroghe al Codice degli Appalti che erano state approvate nei mesi della pandemia con lo scopo, almeno quello dichiarato, di poter intervenire con rapidità e urgenza nel pieno dell’emergenza: in particolare viene alzato l’importo massimo sotto al quale si possono assegnare lavori pubblici senza gara, ma procedendo con un’assegnazione diretta o con una snella ‘procedura negoziata’, condotta in privato tra la centrale pubblica appaltante e una cerchia ristretta di aziende; oltre a questo, si prolunga anche la validità delle deroghe che mettono al riparo il padrone vincitore di un appalto da accuse di danno erariale ed abuso d’ufficio. Nonostante la tanto sbandierata rivoluzione verde e sostenibile, i tempi concessi alle autorità preposte per effettuare una Valutazione di Impatto Ambientale, prerequisito necessario per valutare se una determinata opera pubblica devasta la natura circostante o meno, vengono dimezzati con l’accetta; inoltre, si predispone un binario blindatissimo e di fatto al di sopra di ogni controllo per otto grandi opere, tra cui linee di alta velocità e interventi sulle infrastrutture portuali. Ciliegina sulla torta, si liberalizza, di fatto incentivandolo, il ricorso al sub-appalto. Con tale nome si intende la procedura per la quale l’azienda X, che risulta vincitrice di un appalto per un lavoro pubblico, affida una parte delle proprie incombenze e dei lavori da svolgere all’azienda Y, scelta dall’azienda X in sostanziale libertà. Il sub-appalto – una pratica che storicamente ha permesso ad aziende dalla trasparenza discutibile e spesso con connessioni con il mondo criminale di mettere le mani su porzioni sostanziose di finanziamenti pubblici – è anche uno strumento grazie al quale le imprese risparmiano sui costi, attraverso peggiori condizioni per i lavoratori coinvolti e una minore qualità nei lavori realizzati. La percentuale massima di lavoro che può essere sub-appaltata aumenterà gradualmente fino al 1° novembre, quando cesserà di esistere del tutto. Ciò implica che non esisterà più alcun vincolo per le imprese a ricorrere all’opaca pratica del sub-appalto.
- Il secondo pilastro del Decreto Semplificazioni riguarda la gestione e l’attuazione del PNRR, con la definizione esplicita di chi dovrà fare cosa. L’elemento cardine è l’accentramento dei poteri decisionali presso la Presidenza del Consiglio, che avrà la facoltà di sostituirsi e commissariare le amministrazioni che ritardano nell’applicazione delle misure previste dal PNRR o che si rifiutano per ragioni di dissenso sui contenuti. Si prevede inoltre la creazione di una Segreteria Tecnica, con funzioni di supporto alla cabina di regia deputata all’attuazione del PNRR, che rimarrà in carica anche dopo la fine della legislatura, fino al 2026. In altri termini, questo organo vigilerà sui prossimi governi per evitare che l’esecutivo di turno faccia scelte diverse da quelle intraprese dall’attuale governo.
Il legame evidente e rivendicato tra il Decreto ‘semplificazioni’ e il Recovery Fund mostra in maniera evidente quali siano i veri scopi degli ‘aiuti’ europei. Si parte ora con le semplificazioni, si continuerà domani con la riforma delle pensioni e del mercato del lavoro, come abbiamo più volte mostrato. Infatti, a fronte di un ammontare di risorse assolutamente insufficiente per la ripresa economica, il Recovery Fund rappresenta un fortissimo strumento di pressione e di ricatto, una clava che viene usata per dare l’assalto ai residui di protezione sociale e regolamentazione del mercato presenti in Italia.
Il Governo Draghi, in questo scenario, svolge in maniera estremamente efficiente e competente il ruolo che gli è stato ritagliato addosso fin dal momento del suo insediamento. Imbevuto di una visione economica fortemente liberista, in virtù della quale l’intervento pubblico si deve limitare a rimuovere tutti i vincoli all’operato delle fantomatiche forze di mercato, l’esecutivo continua metodicamente, un provvedimento dopo l’altro, a curare meticolosamente gli interessi di una piccola minoranza di privilegiati, mentre i molti soccombono, tra pandemia e crisi economica.
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