You’ll get pie in the sky when you die
Joe Hill
Joe Hill
La Luna di miele per Biden è finita.
Certo è durata poco, e solo la pessima qualità dei media mainstream nostrani non ci fa percepire il fatto che le storture prodotte dal modello di sviluppo statunitense e dal sistema politico che cerca di governarlo stanno riemergendo con forza, passati i fasti della comunque difficile transizione politica.
I nodi che stanno venendo al pettine sono tanti, ingarbugliando la matassa di una politica incapace per ora di reagire al declino del Sistema-Paese e del suo ruolo internazionale – la fuga dall’Afghanistan ed il ritiro dall’Iraq sono due esempi di fallimento strategico – e soprattutto di far fronte alla gestione della pandemia.
Vaccinazioni a rilento e contagi in aumento
La promessa di Biden, espressa il 4 maggio, di raggiungere il 70% di persone vaccinate entro il 4 luglio è stata disattesa. Limitatamente agli adulti è stata raggiunta solo qualche giorno fa, mentre solo circa metà della popolazione è completamente vaccinata: il 49,8% per l’esattezza.
Negli USA la soglia di età per vaccinarsi è 12 anni.
Diamo due dati.
Secondo il Centers for Disease Control and Prevention, più di 192 milioni di persone hanno ricevuto almeno una dose di vaccino, inclusi i più di 165 che hanno inoculato il monodose della Johnson & Johnson.
Il ritmo di vaccinazione è rallentato dell’80% rispetto al picco del 18 aprile quando erano state somministrate giornalmente 3,38 milioni di dosi, mentre oggi non raggiungono le 700 mila.
L’andamento è stato in crescendo da inizio dell’anno a metà aprile circa e poi decrescente fino ad oggi, dopo l’autorizzazione emergenziale a dicembre dei vaccini prodotti da Pfizer-BioNTech e Moderna, quindi a febbraio quello di J&J, interrotto dal 13 al 23 aprile per casi di coaguli di sangue in alcuni pazienti.
Facendo una proiezione, al ritmo attuale, l’ipotetica “immunità di gregge” raggiungibile con il 90% circa di vaccinati, diverrebbe realtà la prossima primavera (quando invece dovrebbe essere in corso, probabilmente, un terzo ciclo vaccinale).
Il New York Times, cui facciamo riferimento per i dati riguardo la pandemia, ha individuato uno zoccolo duro di reticenti tra le file dei WASP (bianchi, anglosassoni, protestanti) che ad ogni costo rifiutano di vaccinarsi, elettori di Trump, ed un secondo blocco di “reticenti”, in atteggiamento di “osservazione”, tra le file dei giovani e delle “minoranze etniche” urbane, elettori di Biden.
Al di là dell’atteggiamento dei singoli, vi è stata – nonostante le promesse di Biden – una sproporzione nella distribuzione del vaccino che ha colpito le contee più vulnerabili, specie nel nord, mentre le percentuali più alte di vaccinati si hanno nel Midwest e nel NordEst.
Un’altra promessa disattesa da Biden, che ha fatto forse credere di avere una sorta di bacchetta magica in grado di colmare il divario tra l’America urbana e quella profonda.
Se il ritmo della vaccinazione cala, aumenta quello dei contagi.
Il 4 agosto i contagiati sono saliti del 131% rispetto a due settimane fa, sfiorando i 100 mila al giorno, mentre le persone ricoverate sono più di 50mila (87% in più rispetto a 14 giorni fa); i decessi invece sono stati 410.
Il totale dei morti per Covid-19 negli USA è superiore a 614 mila.
Con questo trend, considerata l’impennata avuta da metà giugno ed il rallentamento nei ritmi di vaccinazione, la situazione potrebbe presto ri-precipitare ai livelli di inizio gennaio.
Trump riguadagna consensi
Donald Trump, temporaneamente uscito di scena, è ancora il politico repubblicano di gran lunga più popolare ed è intenzionato a ricandidarsi alle elezioni presidenziali del 2024.
Il Grand Old Party è pronto a strappare la maggioranza del Congresso nelle elezioni di mid-term, già dall’anno prossimo, e a sfruttare temi a lui cari – come l’immigrazione, la gestione del crimine e l’insicurezza urbana – su cui numerosi sondaggi (RealClearPolitics e Economist/TouGov Poll) rivelano la generale disapprovazione per l’operato del neo-eletto presidente.
E mentre i sondaggi d’opinione, da prendere sempre con le molle, sono un sismografo incerto degli umori popolari, i fatti sono una realtà con cui fari i conti, e qui si giocano i successi o meno dell’azione politica.
I tentativi di entrare dal confine sud-occidentale negli Stati Uniti da gennaio sono aumentati del 141%, secondo i dati del Us Customs and Border Protection: 188.829 persone a giugno contro le 78.000 di gennaio.
Numeri che offrono un appiglio alla politica anti-immigratoria cavalcata dai Repubblicani.
Il tasso di omicidi nel 2021 – 6,2 ogni 100.000 residenti – rischia di divenire “il più alto registrato negli Stati Uniti in più di vent’anni”, secondo il The Washington Post.
I dem stanno inoltre portando avanti una politica opposta rispetto alle istanze di quelli che li hanno votati per sconfiggere Trump, a partire dal de-finanziamento alla polizia, unica spesa sociale aumentata del corso degli anni, a livello locale, a discapito del welfare.
Per far capire la drammaticità del fenomeno delle sparatorie bisogna ricordare che solo nel week end del 4 luglio, ci sono stati 150 morti in oltre 400 “conflitti a fuoco”.
Un altro dato, che fa capire il malessere sociale, sono gli oltre 93mila morti lo scorso anno per dipendenza da oppiacei.
Questo tipo di tossicodipendenza è stata indotta spesso dalle prescrizioni di medici compiacenti su indicazione delle case farmaceutiche che li vendevano come “normali” anti-dolorifici.
Si tratta del più grande scandalo che ha coinvolto Big Pharma ed il sistema sanitario statunitense, ma non ha avuto quasi eco sulla stampa nostrana, considerato che quel modello di sanità privata è l’obbiettivo di una strategia bipartisan promossa anche in Italia.
La cornice dell’azione legislativa di Biden
Bisogna ricordare che Biden ha per ora la maggioranza al Congresso, ma potrebbe perderla il prossimo anno, e che la maggioranza al Senato è garantita solo dal voto della vice-presidente, Kamala Harris.
A questo si deve aggiungere che vi sono senatori democratici fermamente contrari alle politiche che vorrebbe portare avanti l’ala progressista del partito, rappresentata al Congresso dalla cosiddetta Squad, e che il meccanismo del “filibustering” al Senato permette facilmente l’affossamento di ogni iniziativa legislativa del Congresso che non abbia una percentuale di voti pari al 60% su una vasta gamma di questioni, rendendo l’ostruzionismo parlamentare storicamente un’arma in mano ai conservatori.
In sintesi, volens nolens, Biden ha bisogno dei voti dei repubblicani per fare passare i suoi ambiziosi progetti – un pacchetto di 4mila miliardi, di cui uno sulle infrastrutture, su cui è stato raggiunto un accordo di massima tra i due partiti – indispensabili per rilanciare il sistema-paese in una situazione pandemica tutt’altro che risolta a differenza del suo principale antagonista politico, la Cina, e che ha visto svanire il vantaggio iniziale sui tassi di vaccinazione.
Un gap dovuto principalmente al regime proprietario di questi dispositivi medici ed alla sudditanza geopolitica dell’Unione Europea rispetto alle scelte vaccinali degli States.
Per avere i voti dei repubblicani, come hanno dimostrato le modalità e il profilo dell’accordo sulle infrastrutture, Biden ha dovuto fare marcia indietro su alcuni aspetti riguardanti la transizione ecologica e il finanziamento delle misure tramite la tassazione alle grandi imprese, mettendo invece mano al taglio dei sostegni economici varati durante la pandemia.
È chiaro che sul piatto della bilancia lo zoccolo duro dei voti che contano nel “trumpismo” (evangelici bianchi e americano-cubani anti-castristi, per esempio) assumono un peso maggiore e di conseguenza ne viene accresciuta la loro capacità di orientamento complessiva.
Questa può essere una chiave di lettura, non esaustiva ma certamente esplicativa, della politica di Biden rispetto all’ultima aggressione sionista alla Palestina o alla rinvigorita politica anti-cubana.
Una crisi abitativa inedita
Finora il pasticcio più evidente della politica di Biden, pandemia a parte, è il mancato prolungamento a livello federale della moratoria sugli sfratti per coloro che non possono pagare l’affitto od il mutuo ipotecario, scaduta a fine luglio.
È intervenuta la CDC dilatandola di 60 giorni per le Contee più vulnerabili al Covid-19, ma lo scontro di poteri giuridici sulla sua applicazione porterà probabilmente ad un affossamento di questo provvedimento.
Stiamo parlando di più di 1 milione e quattrocentomila persone con più di 18 anni, che “molto probabilmente” saranno sfrattate, e quasi di 2 milioni e 500mila che “quasi probabilmente” lo saranno, secondo i dai del Census Bureau di giugno.
Questo per ciò che concerne gli inquilini, mentre il numero di coloro che pagano un mutuo è vicino ai 350mila per coloro che “molto probabilmente” saranno buttati per strada e circa 750 mila per quelli che “hanno una qualche probabilità” di esserlo.
Insomma, 4,7 milioni di adulti (senza contare i bambini) potrebbero vivere la più grande crisi abitativa dalla crisi del 1929 ai nostri giorni, con un riverbero diretto sulle comunità che hanno più sofferto finora il combinato disposto di crisi pandemica e crisi sociale.
Per fare un paragone, è come se più dell’intera popolazione di Napoli e Milano venisse sfrattata.
La parte progressista dei democratici, in questo caso guidata da Cori Bush (madre afro-americana ex homeless), che ha messo in atto un sit in al Campidoglio durato 5 giorni, mentre i movimenti per il diritto all’abitare, e non solo, hanno intensificato la mobilitazione affinché venisse preso un provvedimento di protezione sociale.
Una vittoria, parziale, ma importante, frutto di quell’intersezione di movimenti che i differenti volti della crisi del sistema statunitense hanno prodotto.
Così le promesse fatte da Biden diventano una parodia, come la canzone che ha reso famoso Joe Hill, citata ad inizio testo.
Ma mentre il wobbly, all’inizio del secolo scorso, faceva il verso ad un inno dell’Esercito della Salvezza, ora a essere dileggiati dovrebbero essere quei predicatori travestiti da giornalisti dei tabloid atlantisti che sono i “nostri” quotidiani nazionali.
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