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05/01/2024

Gli Stati Uniti si preparano all’estensione del conflitto in Medio Oriente

Come abbiamo già segnalato ieri sul nostro giornale, l’amministrazione Biden si sta preparando a una escalation regionale del conflitto israelo-palestinese, a seguito degli attacchi israeliani e statunitensi contro leader di Hamas e di milizie sciite in Libano, Siria e Iraq, e dell’attentato che ha causato quasi cento vittime in Iran. Lo riferisce il quotidiano statunitense Politico, che cita fonti dell’amministrazione presidenziale – incluso un “alto funzionario” – secondo cui la Casa Bianca è al lavoro per prepararsi ad una “crisi regionale di lunga durata”.

Il dipartimento della Difesa sta approntando piani per colpire sul territorio dello Yemen le milizie Houti, responsabili degli attacchi alle navi commerciali nel Mar Rosso. Nel frattempo, l’intelligence Usa si è attivata per contrastare gli attacchi contro le forze Usa in Iraq e Siria. Stando alle fonti consultate da Politico, per quattro mesi Washington ha segretamente tentato di convincere Tehran a ordinare una riduzione degli attacchi da parte delle sue forze regionali di prossimità, senza ottenere però alcun risultato apparente.

“A seguito di una serie di scontri in Iraq, Libano e Iran negli ultimi giorni il potenziale per un conflitto più ampio sta crescendo”, hanno detto al quotidiano alcuni funzionari dell’amministrazione Biden in condizione di anonimato. Questi hanno convinto alcuni membri dell’amministrazione che la guerra a Gaza si è ufficialmente intensificata ben oltre i confini della Striscia, uno scenario che gli Stati Uniti hanno cercato di evitare per mesi.

“Gli sviluppi sono pericolosi non solo per la sicurezza regionale, ma anche per le possibilità di rielezione di Biden. È entrato in carica con la promessa di porre fine alle guerre, realizzate con il caotico ritiro dall’Afghanistan che ha sottratto gli Stati Uniti da 20 anni di combattimenti. Biden ora termina il suo primo mandato come campione dell’Occidente per la difesa dell’Ucraina e facilitatore chiave della rappresaglia di Israele contro Hamas” sottolinea Politico.

La deflagrazione di una crisi regionale in Medio Oriente potrebbe avere ricadute significative anche sul piano politico: quest’anno infatti si terranno negli Stati Uniti le elezioni presidenziali, e una nuova guerra potrebbe costare molto al presidente Biden sul piano dei consensi. Ma proprio Biden, esattamente come Netanyahu, ritiene che le sue fortune politiche possano dipendere dall’intensificazione delle guerre in corso piuttosto che dalla loro cessazione. Ma, come rivela la copertina dell’ultimo numero del The Economist, Biden appare come un uomo in marcia verso il disastro.

Intanto un secondo alto consigliere di Biden mercoledì si è dimesso dal suo incarico per la gestione della guerra tra Israele e Hamas da parte della Casa Bianca, l’ultimo esempio di contrasti interni all’amministrazione sulla guerra.

In una lettera al Segretario all’Istruzione Miguel Cardona, Tariq Habash, consigliere politico dell’Ufficio per la Pianificazione, la Valutazione e lo Sviluppo delle Politiche del dipartimento, ha accusato gli Stati Uniti di mettere in pericolo i palestinesi ed ha accusato il governo israeliano di pulizia etnica.

A ottobre, Josh Paul, un funzionario del Dipartimento di Stato coinvolto nel trasferimento di armi ai principali alleati americani, si è dimesso dal suo incarico a causa di quelle che ha definito “decisioni miopi” da parte dell’amministrazione Biden nel fornire assistenza militare a Israele.

In Iraq intanto è salito a tre il bilancio delle vittime dell’attacco missilistico statunitense di ieri contro un quartier generale delle Forze di mobilitazione popolare (Pmu, coalizione di milizie irachene e a maggioranza sciita) nel centro di Baghdad. Lo ha riferito l’agenzia di stampa irachena Shafaq, secondo cui altre sei persone sono rimaste ferite nell’attacco, alcune delle quali si trovano in ospedale in condizioni critiche.

Questa mattina la Resistenza islamica in Iraq, coalizione di milizie sciite, ha effettuato attacchi con droni contro le due basi militari statunitensi di Al Rukban, nel sud, e di Al Omar, nel nord della Siria.

Un attacco è stato effettuato contro la base Usa situata nel giacimento petrolifero di Al Omar ed avrebbe provocato un numero di vittime non specificato. Un altro attacco con droni sarebbe stato sferrato contro un campo di addestramento vicino alla base statunitense, di Al Tanf, nel sud della Siria.

Gli attacchi arrivano un giorno dopo il bombardamento statunitense contro un quartier generale delle Forze di mobilitazione popolare (Pmu, coalizione di milizie irachene sciite) a Baghdad, capitale dell’Iraq, che ha causato tre morti e sei feriti.

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