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26/01/2013

Negrita


Giunge finalmente il tempo di scrivere dei Negrita!
Perché dopo due anni di presenza più o meno costante nella mia vita, sono finalmente riuscito a mettere le mani sul primo, auto titolato, album, che nella mia personale classifica di gradimento sì colloca al vertice della discografia della band aretina.
L'ho bramato a lungo sviscerandone ogni anfratto, ma in questo momento non saprei da dove e con cosa iniziare per descriverlo.
Parto quindi da quella che solitamente è la coda di una recensione scrivendo che a mio giudizio questo è, insieme a Terremoto dei Litfiba, il disco rock più bello che il Bel Paese abbia regalato al mondo negli ultimi 20 anni.
Merito di un'intensissima carica blues che dimostra a chiare lettere la passione per i Rolling Stones anche senza nemmeno conoscere il nome della band (derivante da Hey! Negrita proprio degli Stones ed omaggiata in chiusura d'album) e di un'infilzata di testi sublimi perché incazzati, spaventosamente attuali, (figli di un'Italia che aveva ancora qualcosa da dire come società, altro che le puttanate cantate dai rapper di sto belino odierni, mannaggia alla Madonna!!!) e capaci di disegnare negli occhi le parole cantante con voce perfetta da Pau.
La cosa che probabilmente più mi garba di questo disco è la perfetta sinergia tra musica e testi, che fino ad ora avevo riscontrato con tanta enfasi soltanto nelle registrazioni dal vivo di De André accompagnato dalla PFM nel biennio '79-'80.
Ascoltando brani come Man in the corner (che mi stende anche soltanto per la kafkiana visione con cui si apre), Militare, Bonanza o Lontani dal mondo, ci si rende perfettamente conto di come i Negrita trovarono la quadratura del cerchio nelle loro composizioni, mettendo insieme pezzi in cui le linee melodiche e i tesi s'accompagnano e poi trascinano con una naturalezza che a primo impatto sorprende, soprattutto uno abituato ad ascoltare metal e quindi con l'orecchio avvezzo magari ad ottima musica ma a testi che nel 90% dei casi sono un corollario di cazzate che fanno luce.
Che altro aggiungere... beh nulla, godetevi un pezzo con cui vien da dire "ai Negrita piaceva vincere facile" e gli riusciva anche bene!


1 commento:

  1. "La cosa che probabilmente più mi garba di questo disco è la perfetta sinergia tra musica e testi, che fino ad ora avevo riscontrato con tanta enfasi soltanto nelle registrazioni dal vivo di De André accompagnato dalla PFM nel biennio '79-'80."
    Belin, questo è un paragone davvero impegnativo... ma rende bene l'idea.

    Ora che vedo il retro copertina, ricordo che ai tempi il disco fu pubblicizato (sicuramente) e recensito (qui ne sono meno sicuro) anche su riviste prettamente metal.

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