Nella scorsa settimana, i servizi
segreti hanno presentato un rapporto al governo nel quale lanciano un
allarme: i cinesi si stanno comprando l’Italia. Hanno messo gli occhi
sull’enorme area dismessa della Falck di Sesto San Giovanni, dove
pensano addirittura di aprire una filiale della Bank of China; fanno man
bassa azionaria nel settore dell'automazione industriale, della
nautica da diporto, delle tecnologie ambientali, ecc. I brevetti sono a
rischio, la posizione concorrenziale dell’Italia pure. Infine – suprema
infamia! – nell’anno prossimo, sbarcherà in Italia la temibile Dagong,
l’agenzia di rating cinese, per valutare la fattibilità degli
investimenti in Italia! Orrore! Scusate ma dove è il problema?
Con gli accordi di Marrakesh (1993)
abbiamo sancito, in omaggio ai sacri principi liberisti, la libera
circolazione dei capitali a livello mondiale senza alcuna barriera
protettiva statale. E allora? Dovevate sapere che tutto questo avrebbe
comportato anche problemi di sicurezza.
“Ma questi sono cinesi!” E allora, cosa
c’è che non va? Il colore giallo? Che differenza farebbe se gli
acquirenti fossero americani, francesi, tedeschi? “Ma americani,
francesi e tedeschi sono alleati e questi no” A parte il fatto che le
agenzie di rating americane (Jp Morgan e Moody’s) o franco-americane
(Fitch) non si comportano granché da alleate, queste sono valutazioni di
ordine politico che non dovrebbero influenzare le decisioni di mercato.
O vi siete dimenticati di quello che ci avete insegnato sulla
perfezione del mercato?
“Ma americani, inglesi e francesi si
muovono attraverso imprenditori privati, mentre dietro gli investitori
cinesi si intravede l’ombra del loro Fondo Sovrano, il braccio armato
del governo che userà le acquisizioni non per scopi economici, bensì
politici”. Appunto: quando avete fatto festa per l’avvento del libero
mercato globale dovevate sapere che avrebbe potuto verificarsi anche un
rischio del genere. Peraltro, solo un anno fa pregavamo in ginocchio Wen
Jabao di far comprare i titoli di debito pubblico italiani da parte del
fondo sovrano cinese. Ed allora? I bond si e le aree dismesse e le
industrie no?
Diciamocela francamente: possiamo
sospettare che qualcuno stia cercando di fare un favore a qualche
amichetto? Mi spiego meglio: l’Italia si sta apprestando ad un piano di
dismissioni che va dalle aree demaniali ai gioielli di famiglia come
Eni, Alitalia, Finmeccanica ecc ecc. Personalmente sono ostile a questo
piano per ragioni che ho spiegato altrove, comunque, se asta di beni
pubblici ci deve essere, meglio che ci siano più concorrenti possibili e
che ci siano quelli che fanno le offerte più alte. I cinesi, oggi, sono
indubbiamente i concorrenti più “liquidi” ed è prevedibile che la loro
presenza sul mercato faccia salire il valore delle offerte. Dovremmo
esserne contenti, vero? Ma questo potrebbe anche dispiacere a chi vuol
partecipare all’asta, ma risparmiando.
Ed allora un allarme del genere giunge
davvero a proposito. Un Grande ci ha insegnato che “a pensar male si fa
peccato, ma ci si indovina”. E noi siamo tanto peccatori!
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