La proroga di Malagrotta e la scelta di Monti dell’Ortaccio per la discarica provvisoria “saranno riconsiderate”. Corrado Clini
apre l’anno appena iniziato – che rischia di essere ricordato come
quello dell’emergenza rifiuti a Roma, capitale fragile d’Italia – con un
dietrofront ancora tutto da interpretare. Solo tre giorni prima il
prefetto Goffredo Sottile – nominato dal governo Monti e
quindi uomo di fiducia del ministero dell’ambiente – aveva firmato la
sua ultima ordinanza, prima della chiusura del periodo di
commissariamento “soft”, che prelude a ben più pesanti interventi del
governo. Sottile aveva prorogato per 180 giorni l’apertura di Malagrotta
alla monnezza romana, sito che ha superato abbondantemente la
saturazione; con lo stesso provvedimento il prefetto apriva poi le porte
alle ex cave di Monti dell’Ortaccio. Due siti, uno stesso padrone, Manlio Cerroni,
ed una stessa ubicazione, la zona di Ponte Galeria, zona nord ovest di
Roma. Un monopolista che succedeva a se stesso, una scelta giudicata più
che sospetta.
Sono bastate poco più di quarantotto ore per la retromarcia,
ingranata mentre i comitati cittadini stavano preparando la battaglia
finale contro la scelta di Sottile: ”Saranno riconsiderate le
autorizzazioni rilasciate dal prefetto Goffredo Sottile per gli impianti
di smaltimento di Malagrotta e Monti dell’Ortaccio, e comunque – ha
spiegato il ministro – deve essere evitato il conferimento in discarica
di rifiuti non trattati”. Il nodo centrale era proprio la caratteristica
tipicamente romana di mandare in discarica il tal quale, la monnezza
così come usciva dai cassonetti un po’ fetidi sparsi nella città. Una
violazione aperta delle norme in vigore da una decina d’anni – evitate
grazie ad un regime di emergenza continua che ha caratterizzato il Lazio
da vent’anni a questa parte – che è costata una pesante procedura
d’infrazione in via di definizione.
L’annuncio arrivato ieri pomeriggio apre la strada al decreto che
Clini sta preparando in queste ore, una vera e propria roadmap per
affrontare l’emergenza. Il Clini-pensiero su come gestire la monnezza
alla romana era in buona parte già inserito nel “piano per Roma”,
presentato nei mesi scorsi come la carta vincente e rimasto lettera
morta. La chiave si chiama “ciclo industriale”, ovvero quell’insieme di
impiantistica che punta, alla fine, alla produzione di energia dai
rifiuti. Una soluzione antitetica alla regola del riciclo, riuso e
riduzione, alla base dell’idea – che prevale oggi in Europa – del
perseguimento dell’obiettivo rifiuti zero. Già dall’anticipazione del
ministro dell’ambiente di ieri è chiara l’impostazione del decreto in
preparazione: ”Il provvedimento – ha spiegato Corrado Clini – si baserà
su raccolta differenziata e recupero di materia ed energia ma punterà anche sul trattamento meccanico biologico, sul recupero della frazione organica
e sulla produzione di compost di qualità, utilizzando in via
prioritaria gli impianti che esistono nel Lazio e completando le
procedure di autorizzazione di quelli da oltre un anno sono sotto esame
delle amministrazioni competenti”. Il trucco c’è e si vede pure:
differenziata e recupero di energia sono concetti che non possono,
seriamente, convivere. Sono modelli contrapposti: l’industria degli
inceneritori – perché di questo si parla quando si inserisce la parola
energia – ha bisogno di grandi quantità di rifiuti da bruciare, dato che
si tratta di impianti poco competitivi. Una raccolta
differenziata seria e moderna – il porta a porta, con un recupero del
materiale – sottrae la materia prima a questo tipo di impianti. Non
solo: gli inceneritori hanno bisogno di forti finanziamenti – l’impianto
di Cerroni a Malagrotta è fermo da più di un anno, perché non
conveniente dal punto di vista economico – e quindi sottrarranno
risorse, già scarse, alla politica dei rifiuti zero. Lo stesso
“trattamento meccanico biologico” è poi finalizzato alla produzione del
Cdr, il combustibile da rifiuti che alimenta gli inceneritori.
C’è di più. Quello che Clini sta proponendo in queste ore è sostanzialmente la riscrittura del piano regionale dei rifiuti
approvato dalla Regione Lazio un anno fa. Il problema vero in questo
momento è come trattare più di quattromila tonnellate di monnezza che
Roma produce ogni giorno, chiudendo Malagrotta, sito arrivato ad un
passo dal rischio implosione. Con una aggravante che in un anno e mezzo
di gestione commissariale (prima Pecoraro, poi Sottile) non solo non è
stata risolta, ma neanche affrontata seriamente: che fare con le mille
tonnellate di tal quale che oggi finiscono a Malagrotta illegalmente,
ponendo l’Italia a rischio di una multa comunitaria stratosferica, oltre
a contaminare aria, acqua e suolo? E non solo a Roma, ma anche a Latina, a Colleferro, a Guidonia,
in buona parte del Lazio. Gli impianti promessi dal ministro
dell’ambiente richiedono anni per essere realizzati – e sarebbe una
sciagura – mentre appare difficile far partire una differenziata vera in
pochi giorni a Roma, che oggi vanta il triste record di peggiore
capitale europea, con un misero 26%. Dunque? Qual è la carta segreta di
Clini?
L’emergenza va spostata in provincia, allontanandola dagli occhi dell’opinione pubblica durante la campagna elettorale. In un’intervista a Repubblica di qualche giorno
fa Corrado Clini ha preannunciato l’invio della monnezza romana verso
Latina, Viterbo e forse altri siti laziali. I gestori sono nomi noti:
Manlio Cerroni, patron indiscusso. I fratelli Colucci, soci del
monopolista romano in Ecoambiente, a Latina. E poi il gruppo Grossi,
proprietario dell’Indeco, altro gestore del sito di Borgo Montello, a
pochi chilometri dalla capitale pontina. Sarà portato lì il tal quale?
No, assicura Clini, tutti i rifiuti verranno trattati. Non dice dove,
non dice come. Gli impianti laziali avrebbero la potenzialità di farlo –
“lavorano al 55%”, spiega il ministro -, ma fino ad oggi hanno
funzionato al minimo, perché l’interesse era – e ancora è – la
discarica, vera gallina dalle uova d’oro. E realizzarne di nuovi
costerebbe tempo e denaro, che nessuno ha. Rimane il mistero. La vera
partita è appena iniziata.
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