Sono bastate poco più di quarantotto ore per la retromarcia, ingranata mentre i comitati cittadini stavano preparando la battaglia finale contro la scelta di Sottile: ”Saranno riconsiderate le autorizzazioni rilasciate dal prefetto Goffredo Sottile per gli impianti di smaltimento di Malagrotta e Monti dell’Ortaccio, e comunque – ha spiegato il ministro – deve essere evitato il conferimento in discarica di rifiuti non trattati”. Il nodo centrale era proprio la caratteristica tipicamente romana di mandare in discarica il tal quale, la monnezza così come usciva dai cassonetti un po’ fetidi sparsi nella città. Una violazione aperta delle norme in vigore da una decina d’anni – evitate grazie ad un regime di emergenza continua che ha caratterizzato il Lazio da vent’anni a questa parte – che è costata una pesante procedura d’infrazione in via di definizione.
L’annuncio arrivato ieri pomeriggio apre la strada al decreto che Clini sta preparando in queste ore, una vera e propria roadmap per affrontare l’emergenza. Il Clini-pensiero su come gestire la monnezza alla romana era in buona parte già inserito nel “piano per Roma”, presentato nei mesi scorsi come la carta vincente e rimasto lettera morta. La chiave si chiama “ciclo industriale”, ovvero quell’insieme di impiantistica che punta, alla fine, alla produzione di energia dai rifiuti. Una soluzione antitetica alla regola del riciclo, riuso e riduzione, alla base dell’idea – che prevale oggi in Europa – del perseguimento dell’obiettivo rifiuti zero. Già dall’anticipazione del ministro dell’ambiente di ieri è chiara l’impostazione del decreto in preparazione: ”Il provvedimento – ha spiegato Corrado Clini – si baserà su raccolta differenziata e recupero di materia ed energia ma punterà anche sul trattamento meccanico biologico, sul recupero della frazione organica e sulla produzione di compost di qualità, utilizzando in via prioritaria gli impianti che esistono nel Lazio e completando le procedure di autorizzazione di quelli da oltre un anno sono sotto esame delle amministrazioni competenti”. Il trucco c’è e si vede pure: differenziata e recupero di energia sono concetti che non possono, seriamente, convivere. Sono modelli contrapposti: l’industria degli inceneritori – perché di questo si parla quando si inserisce la parola energia – ha bisogno di grandi quantità di rifiuti da bruciare, dato che si tratta di impianti poco competitivi. Una raccolta differenziata seria e moderna – il porta a porta, con un recupero del materiale – sottrae la materia prima a questo tipo di impianti. Non solo: gli inceneritori hanno bisogno di forti finanziamenti – l’impianto di Cerroni a Malagrotta è fermo da più di un anno, perché non conveniente dal punto di vista economico – e quindi sottrarranno risorse, già scarse, alla politica dei rifiuti zero. Lo stesso “trattamento meccanico biologico” è poi finalizzato alla produzione del Cdr, il combustibile da rifiuti che alimenta gli inceneritori.
L’emergenza va spostata in provincia, allontanandola dagli occhi dell’opinione pubblica durante la campagna elettorale. In un’intervista a Repubblica di qualche giorno fa Corrado Clini ha preannunciato l’invio della monnezza romana verso Latina, Viterbo e forse altri siti laziali. I gestori sono nomi noti: Manlio Cerroni, patron indiscusso. I fratelli Colucci, soci del monopolista romano in Ecoambiente, a Latina. E poi il gruppo Grossi, proprietario dell’Indeco, altro gestore del sito di Borgo Montello, a pochi chilometri dalla capitale pontina. Sarà portato lì il tal quale? No, assicura Clini, tutti i rifiuti verranno trattati. Non dice dove, non dice come. Gli impianti laziali avrebbero la potenzialità di farlo – “lavorano al 55%”, spiega il ministro -, ma fino ad oggi hanno funzionato al minimo, perché l’interesse era – e ancora è – la discarica, vera gallina dalle uova d’oro. E realizzarne di nuovi costerebbe tempo e denaro, che nessuno ha. Rimane il mistero. La vera partita è appena iniziata.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento