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18/01/2013

Mali. Anche l’Italia si rimette l’elmetto

Il governo uscente di Monti è disponibile ad alleviare la “solitudine” della Francia nella sua nuova guerra coloniale. Come in Libia o in Costa D'Avorio. Un silenzio assordante.


Il governo uscente di Mario Monti si dichiara pronto a fornire supporto logistico all'operazione militare in Mali ''attraverso collegamenti aerei anche per le forze francesi''.
Lo ha affermato il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola intervenendo alle commissioni congiunte Difesa ed Esteri al Senato. Il ministro ha precisato che, per ora, si tratterà di un supporto logistico e non “sul terreno'" e riguarderà i collegamenti aerei.

L'Italia si unisce così a Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti nel fornire sostegno alla nuova missione militare e coloniale francese in Africa. L’ultima volta , cosa che ben pochi ricordano, era stato il “colpo di stato” e l’intervento militare diretto francese in Costa D’Avorio contro il presidente uscente Gbagbo. La presidenza francese – allora di Sarkozy – aveva dichiarato che "l'intervento militare era stato richiesto dall'Onu per proteggere la popolazione" e che la missione della Francia "non è quella di deporre Gbagbo per via militare". In realtà l’operazione “Liocorne” aveva esattamente l’obiettivo che era stato poi raggiunto con la destituzione, l’arresto di Gbagbo grazie ai blindati, alle truppe francesi che sostennero le milizie del suo avversario Ouattara.

Il Ministro Di Paola afferma che quelle italiane "non saranno operazioni "boots on the ground", cioè non manderemo militari sul campo.

Ma i meno smemorati ricorderanno che queste erano anche le assicurazioni fatte per le operazioni prima dell'intervento ufficiale Nato in Libia. Il solitario impegno francese, scrivono i quotidiani francese e britannico Libération e Guardian nei propri editoriali, potrebbe avere presto bisogno di alleati. Come puntualmente verificato. Per Libération, i compiti di Parigi non sono solo militari. I francesi saranno presto costretti a convincere altri Paesi a occuparsi del conflitto in Mali.

Ma qualcuno adombra anche qualche dubbio sull’efficacia di questi nuovi interventi coloniali in Africa. Il Financial Times – ad esempio – si interroga su quanto avvenuto per la Libia, chiedendosi se l'abbattimento del regime di Gheddafi sia stata una mossa strategicamente utile, dubitando che sia valsa la pena di rovesciare Gheddafi visto quanto sta accadendo in Tripolitania e Cirenaica.

Il collasso del Mali – insiste il Financial Times – sarebbe conseguenza diretta della fine del regime libico, definito un regime “secolare” cioè non ostaggio delle componenti estreme dell’islam politico. Ma l'intervento militare francese in Mali si sta rivelando "molto difficile", ha detto il ministro della Difesa francese Jean-Ives Le Drian. "Sapevamo fin dall'inizio che si trattava di un'operazione molto difficile", ha detto, parlando di "1.200-1.300 terroristi nella zona". L'intervento sta "funzionando bene" nell'area orientale della zona di conflitto, mentre "é un po' più difficile all'ovest, dove abbiamo i gruppi più duri, i più fanatici, i meglio organizzati e i meglio armati". E la solitudine della Francia batte adesso cassa ai suoi alleati, gli europei soprattutto. Anche in questa occasione gli yankees si tengono in disparte, preferiscono bombardare con i droni la Somalia. La responsabilità di quanto sta accadendo in Africa stavolta è tutta sulle spalle della Francia e magari dell’Italia, lo “chiede l’Europa” insomma. Il silenzio su quanto sta accadendo è diventato assordante. A quando una prima manifestazione sotto l’ambasciata francese contro questa nuova avventura coloniale?

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