La “guerra contro il
terrorismo” in Mali trova ampio sostegno tra i francesi, più a sinistra
che a destra. Parigi intensifica i bombardamenti e incassa il sostegno
dell’Onu e dei partner europei.
Il 63% dei francesi approva l'intervento dell'esercito in
Mali. A favore della nuova avventura militare di Parigi si dichiara il
77% degli elettori socialisti e il 63% di quelli dell'Ump, il partito di
centrodestra di Sarkozy. Ma, incredibilmente, anche il 68% di quelli
della coalizione di sinistra del Front de gauche capitanata da
Melenchon. E, stranamente, solo il 53% degli elettori del Fronte
nazionale, di estrema destra. E’ quanto emerge da un sondaggio che
mostra la trasversalità del sostegno popolare al governo di
centrosinistra dell’accoppiata Francois Hollande e Jean-Marc Ayrault.
Intanto durante la notte e la mattinata l’esercito francese ha
intensificato i bombardamenti nei territori del Mali centro-occidentale,
per arginare una possibile offensiva verso la capitale Bamako delle
milizie islamiche. Al quinto giorno dell’offensiva francese il
posizionamento dei gruppi islamici sul territorio maliano si starebbe
modificando. I combattenti di Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi),
Ansar Al Din e del Movimento per l’unità e il jihad in Africa
occidentale (Mujao) hanno spiegato la ritirata dalle grandi città
settentrionali – Gao, Timbuctù – come un “ripiego strategico” per
“passare all’offensiva sul fronte occidentale”. Uno scenario, quello
dell’avanzata dei jihadisti verso la regione meridionale sotto controllo
delle truppe governative, temuto dal debole governo di Bamako.
Il presidente François Hollande, in visita alla base navale di Abu
Dhabi (Emirati Arabi), ha annunciato un sostanziale potenziamento della
presenza militare di Parigi nel paese africano. Aggiungendo che il
dispiegamento di truppe continentali “dovrebbe prendere almeno una
settimana”. Esperti militari hanno sottolineato che una parte dei 700
soldati francesi di stanza ad Abu Dhabi potrebbe essere inviata sul
fronte maliano mentre una trentina di blindati e altri veicoli
dell’esercito francese partiti da Abidjan, in Costa D’avorio, sono in
viaggio verso Bamako. Presto i militari francesi impegnati nella
cosiddetta operazione ‘Serval’ (Gattopardo) dovrebbero passare da 550 a
circa 2500.
Da parte sua la Mauritania ha deciso ieri di
schierare le sue truppe al confine con i Mali, per impedire che le
milizie islamiche in ripiegamento dal paese possano entrare nel suo
territorio. E anche l’Algeria ha confermato la chiusura dei 2000
chilometri di frontiera col Mali autorizzando il sorvolo del suo
territorio da parte dell’aviazione francese, esprimendo “pieno sostegno e
solidarietà al paese fratello (…) nella lotta al terrorismo
internazionale e per un’uscita definitiva dalla crisi”. Dichiarazioni
altisonanti che secondo gli analisti coprono in realtà una posizione
assai più ambigua dell’ex colonia francese.
Scrive da Parigi
Anna Maria Merlo, corrispondente de Il manifesto: “I ribelli Tuareg
dell'Mnla (Movimento nazionale di liberazione dell'Azawad) hanno
affermato ieri di essere «pronti ad aiutare» la Francia nell'offensiva
nel nord del Mali. La notizia, se confermata e se avrà seguito, potrebbe
rappresentare una svolta per l'intervento francese. Anche se l'Mnla già
a dicembre si era impegnato a fermare le ostilità contro Bamako, ma poi
gli avvenimenti sono andati in tutt'altra direzione e gli Usa hanno già
speso 600 milioni di dollari per addestrare dei combattenti Tuareg, che
poi hanno disertato con il colpo di stato a Bamako del marzo 2012. (…)
La Francia ha coinvolto il Ciad, facendo di N'Djamena la principale base
delle retrovie, da dove partono i caccia. Dal Burkina Faso partono
invece gli elicotteri. Da Dakar, in Senegal, gli aerei spia. Coinvolto
anche il Niger, paese della regione che interessa soprattutto perché
qui Areva estrae l'uranio indispensabile per far funzionare le centrali
nucleari francesi. Con la ricerca di appoggi in Africa, la Francia sta
correndo il rischio di far entrare in forza nella regione delle sue ex
colonie dell'ovest la potenza regionale anglofona nigeriana, che ha
promesso 600 uomini per la Cedao, la forza africana che dovrebbe vedere
la luce, forse, con la prevista riunione di Addis Abeba del 25 gennaio”.
Dal Consiglio di sicurezza, riunito ieri a New York, è
arrivata “piena comprensione e un sostegno unanime” all’intervento
francese in Mali, ma gli esperti militari dell’Onu hanno nuovamente
espresso dubbi sulla capacità della forza africana che “non sarebbe
ancora pronta per la riconquista del nord del Mali”.
Nelle
ultime ore, Stati Uniti e Canada hanno avanzato la propria disponibilità
a fornire alla Francia sostegno logistico al trasporto aereo delle
truppe e ai servizi di intelligence. Dall’Unione Europea (UE) sono
arrivate dichiarazioni di apprezzamento per “l’azione coraggiosa delle
truppe francesi”. Londra per ora ha offerto un sostegno soltanto
logistico e lo stesso ha deciso Berlino; ma non è da escludere in futuro
un coinvolgimento sul terreno da parte di altri paesi europei mentre
Bruxelles sta accelerando il dispiegamento di 400 a 500 militari forniti
dall’UE per addestrare le truppe maliane.
L’apertura di un
nuovo fronte di combattimenti e raid aerei nella regione
centro-occidentale del paese, sia a Diabaly che, più a nord, a Douentza,
sta intanto causando gravi ripercussioni umanitarie e sanitarie.
Secondo il portavoce Onu, Eduardo del Buey gli sviluppi armati degli
ultimi giorni avrebbero causato almeno 30.000 sfollati, un numero che
però “potrebbe essere molto più alto”. Dall’inizio della crisi nel nord
del Mali, nel gennaio 2012, almeno 230.000 civili sono stati costretti
alla fuga, spostandosi verso altre regioni o varcando i confini con
Burkina Faso, Niger e Mauritania.
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