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31/01/2013

Aldo Giannuli - Una campagna elettorale diversa: carcere a vita per alcuni reati finanziari

Per certi versi, lo scandalo del Monte dei Paschi cade come il formaggio sui maccheroni, perché mette a nudo una serie di questioni di cui proprio non si fa cenno in questa sordida campagna elettorale. E partiamo proprio da una questione che mi è stata posta: si tratta del solito scandalo “ad orologeria” che in questo caso cerca di impedire la vittoria elettorale del Pd? Risposta:  “Ma certo! Che altro volete che sia?”. Che il Mps navigasse fra i guai di titoli obbligazionari basati sul nulla era cosa che si sapeva già da un bel po’, e già da maggio dell’anno scorso, i senatori Pancho Pardi ed Elio Lannutti dell’Italia dei Valori avevano chiesto il suo commissariamento. Che la crisi esploda in modo irreparabile proprio ora, a 30 giorni dal voto non sembra davvero una coincidenza casuale.

E si capisce anche che Alessandro Profumo, che di suo non è certo ostile al Pd, per salvarsi, abbia anticipato i tempi di qualcosa che stava per arrivare. Ora lui può prendere le distanze dalla gestione del passato e presentarsi come la persona corretta che svela le magagne dei predecessori. Questo, però, non significa che il Pd sia una vittima innocente. E cerchiamo di capire perché.

La gente si è fatta l’idea che il Mps sia “la banca del Pd” come se il Pd possedesse direttamente il pacchetto azionario di maggioranza e nominasse gli amministratori della banca. Le cose non stanno così o, per lo meno, non stanno in modo così semplice. Il Mps  ha come suo cuore una fondazione che è espressione del Comune di Siena e che fu istituita nel 1995, per separare la proprietà pubblica dalla gestione della banca. Come è noto, Siena ha da sempre amministrazioni locali rosse, nelle quali il Pci-Pd ha tutto in mano (negli anni migliori, il Pci da solo prendeva fra il 55 ed il 60% dei voti in città). Dunque, chi ha responsabilità  indiretta di controllo e nomina degli amministratori è il Pd locale, per il tramite degli enti locali e della Fondazione che li esprime.

Peraltro, il Mps è il terzo gruppo italiano avendo assorbito Antonveneta, pertanto a Siena  si è costituito un complesso centro di potere che associa il locale Pd ad una delle massonerie più importanti d’Italia ed anche a rilevanti pezzi di Opus Dei. Un gruppo di pressione che ha una sua autonomia dal Pd nazionale ed agisce come un gruppo di pressione a sé stante. Questo, però, non assolve il gruppo dirigente nazionale, perché bisogna tenere presente il ruolo del Mps come spina dorsale finanziaria del sistema organizzativo del Pci-Pd che va dagli enti locali tosco emiliani alla Lega delle Cooperative, all’Unipol ed allo stesso partito, tutti beneficiari della cornucopia senese. E l’ormai celebre “Allora siamo padroni di una banca? Facci sognare” detto da Fassino all’allora Ad dell’Unipol Giovanni Consorte, esprime abbastanza bene quale sia il complicato intreccio politico-finanziario che lega il Mps al Pd nazionale.

Certo, il Pd nazionale non ha il potere di disporre nomine e linee del Mps, ma non può essere ignaro di quel che succede a Siena. Insomma, a dirla in due parole molto semplici, conta troppo poco per decidere, ma abbastanza per sputtanarsi. E scusate il tono esplicito, ma il conflitto di interessi non c’è solo per Berlusconi che è insieme capo partito e padrone di Mediaset. Qui il problema è quello di tracciare un confine molto netto fra politica e finanza: i partiti facciano i partiti e le banche facciano le banche (pubbliche o private che siano). Anche perché, poi va a finire che non è il partito che dice alla banca quel che deve fare (che sarebbe sbagliato) ma la banca a dare la linea politica al partito (che è ancora più sbagliato).

Ed allora, la prima cosa di cui discutere è come realizzare questa separazione: l’espediente delle Fondazioni non ha risolto un accidenti, come il caso senese dimostra. E non servono reazioni scomposte come quella di Bersani che sbraita: “Li sbraniamoooo!!!”, anzi la cosa fa un po’ pena ed è anche contro producente.

Entriamo nel merito delle cose da fare e non caviamocela con la proposta di commissariamento, che può andar bene, ma, alla fine, risolve poco, perché non si tratta del solo Mps ma di una melma che avvolge tutto il sistema bancario internazionale.

Ed allora veniamo ai punti davvero decisivi:

a- Rapporto politica-finanza: garantire la separazione netta fra potere politico e finanza, il che non significa necessariamente che la finanza debba esse sempre e solo privata (anzi, sarebbe auspicabile un ritorno della finanza pubblica), ma separare nettamente gli interessi e non creare “centri di potere misto”. A questo proposito occorrerà studiare adeguate misure per le nomine dei responsabili, per garantire l’indipendenza del loro operato dal potere politico, ma anche per garantire forme di controllo efficace del loro operato;

b- Tornare alla separazione fra banche di raccolta e banche d’affari: l’inizio della serie ininterrotta di scandali bancari degli ultimi 10 anni (dal caso Enron a Parmalat, dalla Lehman Brothers a Dexia) in un modo o nell’altro è sempre riconducibile all’infausta decisione degli anni novanta di cancellare la separazione fra banche d’affari e banche di raccolta. Che ne dite se riconsideriamo questa norma che, tecnicamente, possiamo definire solo con una parola: criminogena;

c- Derivati: quello che ha fatto il gruppo dirigente del Mps è stata la stessa cosa che hanno fatto tutte le banche del mondo negli ultimi anni: nascondere i propri imbrogli nel tritacarne dei derivati che sono alla base del crack del 2007-2008 e che sono ripresi in piena forma, superando il volume pre-crisi. Credo che sia arrivato il momento di dire che non esistono derivati tossici e derivati non tossici, ma che i derivati, per definizione sono titoli tossici da mettere fuori legge. Non sarebbe il caso di iniziare una campagna internazionale in questo senso? Quantomeno si possono prendere decisioni limitative a livello nazionale;

d- Pene per i reati finanziari: che ne dite di inserire nella campagna elettorale la proposta di ripensare completamente i reati finanziari comminando pene dai 20 anni all’ergastolo in base alla gravità del fatto? Possibilmente con l’applicazione, ad essi, del 41 bis. O pensate che i reati finanziari siano meno pericolosi di quelli di terrorismo e mafia?

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