A 38 anni, Alexis Tsipras è il leader di
Syriza, il movimento politico e sociale greco che si oppone al governo
conservatore e progetta di arrivare al potere per via democratica e
rompere con l'austerità come massimo principio della politica. Dopo
alcuni giorni dalla visita in Argentina, Tsipras ha accettato di mettere
a confronto le due situazioni (greca e argentina) con tutte le loro similitudini e
differenze.
L'Argentina continua ad essere tema di discussione in Grecia per la riduzione del debito, il default e la ristrutturazione?
Sì, parliamo di voi.
Del default o della ristrutturazione?
Di tutto.
E dopo questo viaggio in Argentina?
Siamo
molto più saggi. Abbiamo studiato nei dettagli il processo che è
avvenuto durante e dopo la crisi. Abbiamo visto similitudini e anche
differenze. Da parte del Fondo Monetario Internazionale le ricette sono
state le stesse in Grecia e in Argentina. Sono state le stesse in entrambi i Paesi le medicine che sono state somministrate, uguali e scadute. Hanno fallito. Ci hanno portato alla
catastrofe. Il paziente greco ricoverato in un letto europeo è in coma.
Tutti i tubi e i faraci lo legano al cuore dell'Europa. È una
situazione complessa. Se il paziente in coma muore, sembra che neanche
l'Eurozona possa sopravvivere. Per questo dico che abbiamo similitudini e
differenze tra l'Argentina del 2001 e la Grecia di oggi. Quello che è
interessante è come presentano l'esempio dell'Argentina in Europa.
Chi?
I
settori più legati al sistema finanziario. L'Argentina è l'esempio di
un Paese che ha detto no al sistema finanziario mondiale. I settori
finanziari dell'Europa distorcono quello che è successo qui. L'esempio
dà fastidio ai circoli finanziari. Per questo i centri ultraliberisti
stanno cercando non solo di distorcere le cose in termini ideologici ma
anche di mostrare una traiettoria storica differente. Cambiano i fatti.
Durante il nostro soggiorno in Argentina e negli incontri che abbiamo
avuto, c'è stata copertura da parte dei notiziari della televisione
greca. Allora mettevano un'immagine mia mentre mi incontravo con un
dirigente argentino e, in una parte dello schermo, mostravano esempi del
corralito argentino e la gente che batteva sulle saracinesche delle
banche.
Senza mettere le date di ogni cosa?
Senza
alcuna precisione. Il messaggio è chiaro: “Seguite la strada che vi
propone la sinistra greca e arriverete alla bancarotta come in
Argentina”.
È interessante per la Grecia l'esempio della ristrutturazione del debito con cancellazione?
Sì,
è chiaro, ma prima dobbiamo vedere cosa c'è di simile nei due Paesi e
nelle due contingenze storiche. La negoziazione che ha portato a termine
lo Stato argentino dopo la crisi è un esempio da studiare ed
esaminare. Nei prossimi anni sicuramente questo sarà un tema di studio
nelle facoltà di scienze economiche. Questo prova che quando c'è un
creditore e un debitore, entrambi si trovano in una situazione
difficile. Non uno solo. La negoziazione stessa lo dimostra. Ma vedo
altri punti positivi ben oltre la ristrutturazione del debito. Lo
sviluppo economico argentino successivo alla crisi ha resistito anche se
il Paese è rimasto fuori dai mercati del prestito. Ha resistito perché
contava su una base produttiva ampia ed esportatrice. Ha retto perché
partendo da un certo punto ha potuto rivitalizzare l'economia interna e
coprire le necessità del popolo. Nella sua seconda fase le esportazioni
sono state importanti e hanno garantito la crescita del Prodotto
Interno Lordo. Ma bisogna anche tener conto che quando l'Argentina ha
attraversato la fase di crescita alta, anche la crescita globale era
alta. E inoltre tutto è successo all'interno di una congiuntura
regionale sudamericana positiva. Noi in Grecia non abbiamo nessuno dei
due punti positivi. Né crescita globale né congiuntura regionale
favorevole.
Il peggiore dei mondi possibili.
Sí,
ma nel frattempo cerchiamo di fare di necessità virtù. Con quest'ottica
partecipiamo alla Zona Euro. La Grecia ha solo il 2,5 per cento del PIL
europeo ma al contempo è al centro dell'attenzione pubblica mondiale.
Questo non succede, è chiaro, per il fatto che tutti si preoccupino
delle sofferenze del popolo greco. C'è il timore di un effetto domino.
Cioè il timore è un vostro punto di forza.
Il
punto è che se l'Europa continua così il principale Paese che penserà
di uscire dalla zona Euro sarà la Germania. Questo significa che un
Paese piccolo come la Grecia può essere una pietruzza capace di rompere
la gigantesca macchina del motore ultraliberista. Per questo abbiamo subito un attacco frontale a livello mondiale nelle ultime elezioni.
Vaticinavano che sarebbe arrivato il caos. Forse la finanza internazionale può uno scenario post neoliberista, ma non può accettarlo nel
nocciolo duro dell'Europa.
La chiave sembrerebbe la potenzialità di danno della Grecia.
Molte
volte ho paragonato la situazione della Grecia rispetto ai suoi soci
europei con altre epoche. È come la Guerra Fredda. I due schieramenti
possono premere il pulsante, ma anche se qualcuno lo facesse nessuno
vincerebbe. La catastrofe sarebbe per tutti.
Quale sarebbe questo pulsante?
Il
pulsante sarebbe l'esplosione dell'Euro. Ma il primo a perdere in
questa Guerra Fredda sarebbe il primo che fa un passo indietro. Per
questo noi ci prepariamo a un grande scontro. Abbiamo detto chiaramente
che una volta al governo romperemo i trattati di austerità. Continueremo
su questa strada anche se ci tagliano i prestiti. Non è una battuta. Lo
faremo. Ma abbiamo bisogno dell'appoggio popolare.
Il
movimento politico della sinistra greca suscita nel mondo progressista
ammirazione e preoccupazione. Ammirazione per la sua veloce crescita
negli ultimi anni. Preoccupazione che questa velocità possa non
essere sufficiente.
Il movimento
è iniziato in due piazze di Atene. Le chiameremo in questo modo: quella
di sopra e quella di sotto. La piazza di sotto è sempre stata
politicizzata, con assemblee tematiche, diverse conferenze.
Partecipavano molti giovani. Si praticava la democrazia diretta. Ma la
cosa importante è che queste manifestazioni sono state completamente
pacifiche con una grande partecipazione di massa, con moltissima gente.
E cosa succedeva nella piazza di sopra?
È
stata meno partecipativa. Per questo il sistema ha avuto più paura di
quella di sotto. Non era la stessa cosa che spaccare una banca o rompere
un bancomat. Rompere rafforzava il sistema. Invece l'atteggiamento
pacifico ha rappresentato un allarme. Bisogna tenere conto del fatto che
queste reazioni spontanee e di massa sono sfociate nella caduta di due
governi. Mentre invece, tornando al paragone tra le due piazze, le
banche e le piccole proprietà bruciate non hanno dato risultati
politici. È molto semplice: con gli incendi, il grande capitale trovava
un piccolo affare per piangere.
E ora?
Ora
c'è un riflusso del movimento, una relativa recessione politica. La
gente spera in cambiamenti politici rilevanti e ripone più speranza in
uno scontro politico con migliori risultati. Per questo nelle due
elezioni a maggio e a giugno non siamo riusciti a vincere. Anche questo
ha creato una forma di stanchezza. È duro vedere che non c'erano
risultati nemmeno nel senso di un cambiamento.
Qual è il cambiamento che desidera la coalizione di sinistra?
L'unica
via è abbattere il governo con mezzi democratici. Abbiamo una
responsabilità della quale siamo consapevoli: gran parte della
popolazione ha riposto le sue speranze nel progetto alternativo e
dobbiamo rafforzare questa meta. Ma questo è al contempo positivo e
negativo per noi. La gente si aspetta da noi moltissime cose.
Questo è l'aspetto positivo?
Sì.
E quello negativo è che riponga le sue speranze e si limiti ad
aspettare. Il rischio della passività non esiste solo quando uno è
all'opposizione. Anche in un futuro governo non potremo attuare scelte
veramente alternative senza partecipazione popolare.
Cosa fate per risolvere questo problema oggi?
La
prima cosa che facciamo è dirlo continuamente alla gente. E
continueremo come prima delle ultime elezioni, con le assemblee popolari
nei quartieri, nelle grandi città e sui posti di lavoro. Chiediamo
alla gente anche di partecipare agli scioperi e di far parte dei
movimenti operai e sindacali che si stanno muovendo. Al contempo stiamo
costruendo una grande rete sociale di solidarietà. La chiamiamo
solidarietà per tutti. Dentro la crisi, qualsiasi movimento sociale è
anche molto politico, ma vogliamo creare una coscienza sociale
collettiva. Non è filantropia, è coscienza sociale. Queste reti possono
essere il nucleo di una nuova organizzazione sociale di massa, che a sua
volta può essere il nucleo di grandi cambiamenti sociali.
Ho sentito che la preoccupava il neonazismo in Grecia. Qual è il livello di radicamento popolare dei neonazi?
È
un fatto molto triste. Questo contesto politico è nato nell'ambito
della distruzione della coesione sociale della società, in combinazione
con il terrore e il timore. Allo stesso tempo con le difficoltà. In
questo contesto compaiono come capro espiatorio le grandi masse di
immigrati.
Di dove?
Negli
ultimi anni la Grecia è diventata una prigione per immigrati. In Europa
abbiamo Dublino II, il famoso trattato, che “protegge” i Paesi del nord
e del centro dell'Europa. Questo crea un ammasso di immigrati in
Italia, Spagna e Grecia. Nel nostro Paese gran parte della frontiera è
acqua. Sono isole. Ci sono grandi organizzazioni mafiose che portano
immigrati soprattutto attraverso la Turchia. La maggioranza, quando
arriva, ha già percorso migliaia e migliaia di chilometri. Vengono da
Paesi in guerra o da nazioni che hanno subito cambiamenti climatici
drammatici. Vendono quallo che possono ai mafiosi, che li trasportano in
barconi come sardine in scatola. Quando arrivano in Grecia li mettono
in centri. Dopo li lasciano liberi. Fanno quello che possono per
sopravvivere. Ma sono molto fragili di fronte alla manipolazione della
criminalità organizzata. Decine di persone vivono ammucchiate in piccoli
appartamenti. Ci sono posti ad Atene che sono già dei ghetti. In questi
posti ci sono grandi scontri. È all'interno di questa complessa
situazione che nasce l'ideologia della xenofobia e del fascismo. C'è una
base reale da dove escono queste idee.
La crisi in tutti i suoi aspetti.
Con
la crisi questo si moltiplica. È triste, perché il popolo greco non ha
un comportamento razzista. Non fa parte della sua tradizione. È un
popolo di immigrati. Come può essere razzista? Come un popolo che ha
organizzato la Resistenza antifascista può permettere che dal suo seno
nascano movimenti neonazi? Per questo c'è un uomo di 92 anni, Manolis
Glezos, che è stato un guerrigliero, che è andato al Parlamento greco a
dare lezioni di storia.
I popoli apprendono dalla storia?
La
Storia la scrivono i vincitori. Bisogna vedere se questa Storia è
quella vera. Noi vogliamo guardare alla memoria storica del nostro
popolo di generazione in generazione nella costruzione di una coscienza
sociale collettiva. La Grecia ha sofferto molto perché è un territorio
vitale. Nell'ultimo secolo abbiamo due esempi di battaglie eroiche.
Primo la resistenza nella Seconda Guerra Mondiale, quando il Fronte di
Liberazione Nazionale arrivò molto vicino al potere e l'invasione del
nostro Paese non lo permise. Il secondo esempio è la resistenza contro
la Dittatura dei Colonnelli, tra il ’67 e il ’74. Questo ha un peso
storico molto forte e continueremo ad andare avanti seguendo questo
faro.
Da chi vi sentite accompagnati in Europa?
L'Europa
sta attraversando una fase di transizione. Abbiamo affrontato la
mutazione della socialdemocrazia in una forza neoliberista pura. Lascia
un vuoto politico immenso perché rompe i suoi legami di tradizione con
fasce sociali importanti. Sono le fasce che hanno reso la
socialdemocrazia egemone. Syriza è nata in gran parte in questo vuoto
politico. Nel resto del sud dell'Europa avremo questa stessa
traiettoria, ma forse con passi più lenti. Per questo le nostre alleanze
europee cominciano con la sinistra della sinistra e finiscono con la
sinistra della socialdemocrazia. Gli alleati più forti nel continente
europeo sono i movimenti sociali e coloro che si convincono sempre di
più che l'austerità non è la strada giusta. Qui iniziano le nostre
alleanze.
In Grecia dev'essere una tentazione ispirarsi a figure classiche, no?
Mitologiche o reali?
Non so. A piacere del consumatore.
Scelgo
una figura mitologica, allora: Ercole. Quando gli dei lo punirono, uno
dei compiti di Ercole era pulire la merda. Passò mesi e mesi
togliendola. Finì il suo lavoro. Allora gli affidarono un altro
incarico: doveva tagliare la testa dell'Idra. Il problema è che quando
tagliava una testa ne uscivano altre due. Qesto succede anche con
il sistema finanziario internazionale. Dobbiamo pulire la merda e
affrontare l'Idra. Per questo vogliamo costruire una grande forza
politica: perché non sarà facile.
Nessun commento:
Posta un commento