AGGIORNAMENTO ore 13.45
KERRY: DAGLI USA 75 MILIONI DI AIUTI ALL'ANP
Da Betlemme, dove ha incontrato questa mattina il presidente dell'ANP
Abbas, il segretario di Stato Kerry ha annunciato il trasferimento di
altri 75 milioni di dollari di aiuti al governo di Ramallah per la
creazione di nuovi posti di lavoro e la costruzione di scuole e
infrastrutture. Un modo per rilanciare il negoziato, secondo Washington.
di Emma Mancini
Gerusalemme, 6 novembre 2013, Nena News - Al dialogo non crede
più nessuno, leadership palestinese in testa. Oggi il segretario di
Stato statunitense, John Kerry, arriva a Betlemme: alle 11 una
manifestazione di protesta contro il negoziato in corso e l'approccio
americano attraverserà una città blindata.
A "contestare" Kerry ci ha provato anche il capo negoziatore palestinese, Saeb Erekat, senza successo.
Qualche giorno fa, sul tavolo del presidente dell'Autorità Palestinese
Abbas, Erekat ha appoggiato la sua lettera di dimissioni. A spingere il
capo negoziatore a lasciare sono state le forti proteste da parte
dell'opinione pubblica palestinese e di un'ala di Fatah, convinte che il
dialogo sia già giunto ad un punto morto. La liberazione di 26 prigionieri, alla fine di ottobre, non ha condotto ai risultati sperati:
nonostante si sia trattato di detenuti "storici", leader della
resistenza dietro le sbarre da oltre 20 anni, l'anelato sostegno del
popolo palestinese al negoziato non è arrivato.
Eppure le dimissioni di Erekat hanno avuto vita breve: respinte, o meglio ritirate. Troppo forti le pressioni americane.
Così, ieri Erekat ha incontrato nuovamente il capo negoziatore
israeliano, Livni. Il dialogo prosegue. O meglio, arranca. Il 31 ottobre
Israele ha annunciato la costruzione di 1.500 nuove unità abitative
nella colonia di Ramat Shlomo, a Gerusalemme Est. Ieri un prigioniero
palestinese malato di leucemia, Hassan Turabi, di soli 22 anni, è morto
per mancanza di cure da parte dell'amministrazione carceraria della
prigione di Megiddo.
E oggi è giunta la notizia della pianificata demolizione di centinaia
di appartamenti palestinesi a Gerusalemme Est, nell'area di Ras Hamis.
Nel target dei bulldozer del Comune di Gerusalemme sono finiti undici
palazzi, centinaia di famiglie che rischiano di restare senza un tetto sulla testa.
In un contesto simile, appare difficile che il segretario di Stato Usa
riesca nel suo proposito, ridare vigore al dialogo in corso. Kerry vedrà
Netanyahu a Gerusalemme, per poi raggiungere Abbas a Betlemme, in un
clima di drammatica tensione: durante l'incontro di ieri tra i team
di negoziatori, la parte palestinese ha accusato quella israeliana di
voler screditare la leadership di Ramallah, liberando prigionieri con una mano e costruendo colonie con l'altra.
Da parte sua, il premier Netanyahu è stato chiaro. Nessuno ha mai promesso il congelamento dell'espansione coloniale: "Israele
sta rispettando le condizioni poste all'inizio del negoziato con i
palestinesi - ha detto domenica Bibi - I palestinesi sapevano molto bene
che Israele avrebbe continuato a costruire durante i negoziati. Non ci siamo mai posti alcuna limitazione in merito".
L'ANP ha negato di aver mai accettato tali condizioni, ma poco importa.
Il processo di pace di oggi, come quello del 1993, non è un negoziato
tra parti uguali, con uguale potere contrattuale. Da una parte sta
Israele, Stato e forza occupante, dall'altra un'entità ibrida, priva di
controllo nel territorio di riferimento e guidata da una leadership
sempre più debole. In mezzo sta il popolo palestinese, costretto ad
assistere ad un dialogo imposto dagli Stati Uniti, il cui unico
risultato ad oggi è lasciare ulteriormente le mani libere alla
colonizzazione israeliana.
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