Gli interessi passivi sul debito pubblico italiano nel 2013 ammonteranno a 84 miliardi di euro. Ad affermarlo è la dott.ssa Maria Cannata, direttore generale per il Debito Pubblico del ministero dell'Economia e Finanza, intervistata stamattina a "L'economia prima di tutto" sul GR1. "La somma di 95 miliardi non è corretta - ha detto Cannata - quest'anno avremo 84 miliardi circa di spesa per interessi. Sulle dinamiche degli interessi da qui al 2015 non è facilissimo fare previsioni perché da un lato è logico attendersi un'ulteriore limatura dello spread, ma è anche vero che se l'economia riparte, i tassi generalmente tenderanno a crescere. Quindi non credo che ci si possa aspettare che i tassi nel medio periodo possano scendere".
Dobbiamo credere alla “virata” dei dirigenti del Ministero dell’Economia e Finanza? Vediamo come sono andate le cose in questi anni e come andranno nei prossimi. Per pagare gli interessi sui titoli del debito pubblico italiano – per l’84% in mano a banche, assicurazioni e fondi di investimento italiani e stranieri – si è passati dai 78 miliardi pagati dallo Stato nel 2011 agli 89 nel 2012: Sono poi le stesse proiezioni del Mef a dirci che si salirà ai 95miliardi nel 2013 e per arrivare a quota 99,808 nel 2015.
Le proiezioni – che la dott.ssa Cannata dovrebbe conoscere visto che vengono dal suo ministero – sono contenute nel bilancio 2013 della ragioneria dello Stato – e indicano quindi una regressione dell'Italia alla fase critica del 1992 quando gli interessi passivi a carico dello Stato raggiunsero quota 99 miliardi per poi crescere fino ai 116 miliardi del 1996 (grafico storico sugli interessi passivi sul debito italiano).
Insomma i dirigenti del Mef devono fare pace con il cervello o quantomeno mettere in ordine le loro proiezioni e le loro relazioni pubbliche quando queste entrano in così evidente contraddizione. L’unico dato certo è che 84 miliardi di euro (secondo la dott.ssa Cannata) o 95 miliardi di euro (secondo le previsioni del Mef) usciranno dalle casse pubbliche a tutto danno di sanità, servizi, pensioni etc. per finire nelle casse di banche e investitori privati. E’ questo l’anello della catena da spezzare. Prima si fa, meglio è.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento