Nonostante le ripetute emissioni di liquidità,
l’economia reale non si è ripresa, che si fa? Risposta: una nuova e più
abbondante emissione di liquidità, a interessi zero e sempre alle
banche. L’Unità europea è palesemente fallita, l’Euro è
una camicia di forza e i paesi europei, politicamente, vanno ognuno per
proprio conto, che si fa? Risposta: ci vuole più Europa. La guerra al terrorismo islamico
non dà nessun risultato dopo 15 anni, che si fa? Risposta: le stesse
cose di prima, nello stesso modo di sempre. Potremmo continuare a lungo,
ma ci sembrano tre esempi sufficienti a dimostrare che siamo in
presenza di una vera e propria incapacità delle classi dirigenti di riconoscere i dati di fatto e modificare i comportamenti. Cosa,
per la verità, non nuova nella Storia, ma questa volta, probabilmente,
più sfacciata, sino a giungere a livelli di assoluta stupidità, come nel
caso della lotta al terrorismo islamico, dove c’è una vera e propria
gara a chi la fa fesseria più clamorosa.
Si tratta di un comportamento collettivo
ed istituzionalizzato che non può essere spiegato come semplice
stupidità individuale o come frutto di una qualche macchinazione di cui
ci sfuggono le ragioni, ma che certamente è ordita da un potere
nascosto. La spiegazione è insieme più semplice e più complessa ed è la
risultante di una singolare congiuntura storica in cui si intrecciano vari fattori,
in primo luogo (ma non solo) di natura socio-istituzionale. Modificare
una prassi richiede a volte un cambiamento nei rapporti di forza
ovviamente sgraditi a chi, nel cambio, ci perde.
E’ il caso dello scontro con lo jhiadismo:
con la fine della Guerra Fredda, i servizi di informazione e sicurezza
temettero un secco ridimensionamento del proprio peso nei sistemi di
potere occidentali (salvo che per il tema della guerra economica), per
cui, la comparsa della nuova “minaccia globale” giunse provvidenziale a
salvare bilanci e peso istituzionale che, anzi, crebbe. Nella guerra
fredda il potere politico non abdicò mai al suo ruolo di direzione,
mentre contro il terrorismo islamista, anche a causa dell’assenza di uno
stato con una base territoriale da colpire, decise di dare delega piena
ai servizi (tanto militari quanto di polizia) che esercitano tuttora la
direzione incondizionata dello scontro. Per di più, le caratteristiche
del conflitto, determinano un sostanziale monopolio dell’informazione ai
servizi che raccontano ai governi quel che gli pare (come è emerso
nello scontro fra Obama ed il Pentagono
nei mesi scorsi). E quando anche questo non bastasse, i servizi hanno
altri mezzi per convincere l’eventuale politico riottoso ma con qualche
scheletro nell’armadio.
Ancora di più si accentuano le resistenze al cambiamento se la rettifica dovesse investire il modello stesso del sistema, ed è il caso della crisi economica:
riconoscere che la liquidità non risolve nulla e che occorre
ridimensionare ruolo e peso della finanza, rimettendo al centro
l’economia reale, implicherebbe un ridimensionamento del potere di
banche e società finanziarie che, ovviamente, non vogliono saperne ed
hanno una forza di pressione sul sistema politico in grado di bloccare
cambiamenti anche più modesti (basti ricordare che fine ha fatto il
progetto di riforma della finanza promosso da Obama nel 2009). E
dell’Europa non c’è bisogno di dire: mettere in discussione l’ardita
architettura del potere che regge la Ue e la Bce significherebbe mandare
a spasso la legione di parassiti che alberga nei palazzi di Strasburgo,
Bruxelles e Francoforte: le migliaia e migliaia di eurocrati
nullafacenti, dediti ad un ipernormativismo ossessivo ed inconcludente
oppure a tiranneggiare l’economia europea in nome del Dio-Euro.
Queste ragioni, riconducibili agli
assetti di potere esistenti hanno ricevuto sostegno dalla vulgata
creatasi dopo la fine dell’Urss. Usa e neo liberisti vari hanno
celebrato la sconfitta del campo rivale come la conferma della
sostanziale giustezza delle proprie idee e come la delegittimazione di
qualsiasi modello alternativo a quello capitalistico-liberal-liberista.
Di qui l’idea di un modello unico cui conformare tutto il mondo e la
delegittimazione di ogni critica al sistema. Il risultato è stato il
“pensiero unico” che ha inaridito ogni dibattito politico ed economico,
eliminando così ogni possibile alternativa anche solo teorica. I neo
liberisti sono gli stalinisti del capitalismo: quelli avevano il partito
unico, questi il pensiero unico, il metodo è sempre lo stesso.
Questa decadenza culturale ha avuto gli
effetti più evidenti nelle scienze economiche, dove è stata battuta ogni
prospettiva macro economica (di per sé non necessaria ed anzi dannosa,
data per scontata la capacità di autoregolazione del mercato), ma ancora
di più nelle scienze storiche, dove hanno spazio solo i
cantori del sistema (un nome per tutti: Niall Ferguson). A questo hanno
validamente contribuito anche la maggioranza degli storici, anche di
sinistra, che si sono limitati a ripetere i discorsi di sempre, senza
avere il coraggio di misurarsi con i problemi storici del presente. E
questo ha eclissato la storia dal dibattito politico, se non per
noiosissime celebrazioni o manipolazioni opportunistiche.
Ma chi non sa guardare indietro, non sa
guardare avanti e questa assenza di dimensione prospettica ha finito
con il confluire e rafforzare l’azzeramento di ogni capacità
previsionale. Non esiste più il lungo periodo, una previsione a tre anni
è il massimo che ci si può attendere. Trenta anni fa la Thatcher decretò
“there is no alternative”, non c’è alternativa, appunto: si
decretò la fine delle ideologie, cui fece seguito la fine dei valori,
quindi la fine delle opzioni culturali. Ora sono finite le idee ed il
risultato è un ceto politico omogeneo, dove non ha senso scegliere.
A questo poi occorre anche aggiungere le peculiarità psicologiche dell’epoca presente:
la spiccata tendenza all’iper individualismo che azzera ogni noi,
immaginando la società come una semplice sommatoria di io (“La società
non esiste” disse una volta la Thatcher), il narcisismo esasperato che
induce ad una sostanziale incapacità di riconoscere i propri errori e,
dunque, correggerli, l’ossessione sicuritaria che produce uno stato
ansioso permanente eccetera. Ma di questo parleremo in una prossima
occasione.
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