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02/05/2016

La forza e la debolezza nella piazza di Pisa contro Renzi

Il selfie-man Renzi sta cambiando velocemente mezzi di comunicazione. Da persona fisica che girava per le strade del paese scattando fotografie con gaudenti cittadini, a ologramma sugli schermi di convegni ai quali non può più intervenire direttamente, a causa delle contestazioni di piazza. Si è visto a Pisa venerdì 29 aprile, quando il guitto fiorentino ha disertato l’appuntamento per la festa dei 30 anni di Internet.

Il CNR di Pisa era una cittadella assediata, con oltre 200 tra carabinieri e poliziotti in tenuta antisommossa, decine i blindati, cecchini sui tetti dell’Istituto, elicotteri, droni che riprendevano a bassissima quota i manifestanti. Un apparato di sicurezza di questo genere rappresentava visivamente, più di qualsiasi commento, la debolezza di un esecutivo in grave difficoltà, per le ben note vicende di corruzione che stanno devastando governo e PD, in una spirale che evidentemente nasconde una crisi ben più profonda, sulla quale stanno iniziando a far leva mobilitazioni di piazza di qualità molto diversa rispetto ai canonici “controvertici” ai quali ci aveva abituato una sinistra “radicale” oramai evaporata.

Contro Renzi, Giannini e Inguscio sono scese in piazza realtà sociali, sindacali e politiche che raramente trovano nel nostro paese e nella nostra città un comune terreno, fatto di specifiche rivendicazioni, vertenze di lavoro, richieste di casa, reddito e sanità gratuita.

Il potenziale successo dell’iniziativa s’intuiva già dall’articolazione del percorso promosso in queste ultime settimane, ma andava verificato concretamente in piazza.

Alla luce del risultato possiamo dire che l’impegno è stato premiato dal risultato.

Il presidio di fronte al CNR, convocato insieme a uno sciopero regionale della Ricerca indetto dall’USB, ha visto la partecipazione di tanti lavoratori e lavoratrici degli Enti Pubblici di Ricerca, provenienti da tutta Italia, ai quali si sono aggiunti Vigili del fuoco, della pubblica amministrazione, dell’aeroporto, dei pensionati e del territorio (disoccupati, studenti, migranti).

Al presidio si è congiunto un corteo di oltre mille persone, rappresentative di uno spaccato sociale e del mondo del lavoro molto variegato. Erano presenti, infatti, i lavoratori della Piaggio e della Sole di Pontedera (dove è stato indetto uno sciopero dalle strutture USB costituitesi recentemente), i senza casa e i disoccupati dell’ASIA USB di Livorno, i comitati di quartiere che in questi mesi sono cresciuti nelle periferie pisane come risposta ad una crisi abitativa e sociale sempre più forte, gli studenti universitari di Exploit e dei Collettivi Autonomi Universitari, i lavoratori dell’Università, i comitati di cittadini truffati dalle banche e molti cittadini e lavoratori.

Possiamo dire che con la giornata di oggi Pisa si è messa in sintonia con un processo di ricomposizione che sta prendendo forma in alcune metropoli e città più colpite dalla crisi, grazie ad una soggettività organizzata che riesce a insediarsi tra gli stati popolari, del mondo del lavoro, tra migranti, disoccupati e senza case attraverso carovane, comitati di lotta, ma soprattutto un sindacalismo conflittuale che riesce a configurarsi sempre più come alternativa concreta al consociativismo di CGIL CISL UIL.

Questa è stata la forza che si è espressa nella piazza pisana contro Renzi, che nessuna campagna mediatica forcaiola potrà sminuire.

La crisi sistemica del capitalismo sta minando alla radice lo stato di torpore che ammorba da troppo tempo il nostro blocco sociale di riferimento. La strada da intraprendere è ora visibile e aperta. Si tratta di allargarla e percorrerla con determinazione, costruendo piattaforme sociali comuni, in grado di creare quella massa critica essenziale per fermare il rullo compressore del governo Renzi e delle politiche che esso veicola nel paese, provenienti dalle stanze della troika Europea attraverso diktat, trattati, spending review, pareggio di bilancio e patti di stabilità.

Questo riteniamo sia il compito principale delle avanguardie sociali, sindacali e politiche che si mettono nell’ottica di abbattere, e non di riformare, lo stato di cose presenti.

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