Sulla doppia pagina di analisi e commenti del Corriere di sabato 4 giugno si fronteggiano due lunghi articoli che guardano in opposte direzioni, come gli occhi di uno strabico. A destra (collocazione non casuale: non per ragioni ideologiche ma perché, aprendo il giornale, lo sguardo del lettore tende spesso a pendere da quel lato, per cui è più facile che vi si piazzino articoli che rispecchiano il punto di vista della testata) troviamo un velenoso attacco di Goffredo Buccini al sindaco di Napoli Luigi de Magistris. Lo si potrebbe definire un atto di “guerra preventiva”, nel senso che, paventando l’esordio di De Magistris sulla scena politica nazionale in veste di leader d’uno schieramento populista di sinistra radicale, il Corriere si porta avanti nel tentativo di screditare un possibile, fastidioso avversario per l’establishment.
Il pezzo in questione si riduce sostanzialmente a una sequela di invettive, delle quali non vale la pena di discutere. Assai più interessante l’intervento di Ernesto Galli della Loggia sulla pagina accanto. Considero Galli della Loggia, benché condivida poco o nulla delle sue idee politiche, uno dei collaboratori più lucidi e intelligenti del Corriere, e questo articolo lo conferma. Semplificando drasticamente, il discorso suona così: di fronte alla sfida dei movimenti populisti di destra, le reazioni dell’establishment politico europeo tradizionale (sia a livello dei singoli stati sia a livello dell’Unione) suonano deboli: sia perché nessuna retorica può nascondere problemi reali come la disuguaglianza crescente, le paure innescate dall’ondata migratoria e l’immiserimento di larghi settori di classe media, sia perché alle caste politiche burocratizzate mancano il carattere e l’impatto comunicativo dei loro avversari “antisistema”. Non a caso, scrive Della Loggia, nel campo democratico (di centrosinistra come di centrodestra) non esiste alcuna figura in grado di assumere il ruolo di leader carismatico (manca un “Cesare democratico”, recita il titolo del pezzo).
E allora? Allora, argomenta Della Loggia, sarebbe bene imparare dalla lezione che arriva dagli Stati Uniti, dove stiamo assistendo all’ascesa di un leader populista di sinistra come Bernie Sanders, capace di restituire voce e speranza ai milioni di americani massacrati dalla crisi, senza assumere i toni violenti e sgangherati del populismo di destra di Donald Trump (o dei suoi omologhi nostrani), restando cioè saldamente ancorato a una visione democratica della politica. Non a caso, i sondaggi lo danno nettamente vincente in un’ipotetica corsa contro Trump, laddove Hillary Clinton (che purtroppo sarà quasi sicuramente la candidata democratica) sembra incontrare molte più difficoltà, e questo sia perché è il corrispettivo Usa delle nostre élite burocratiche, politicamente corrette (e ugualmente compromesse con le lobby finanziarie, oserei aggiungere), sia perché usa argomenti cerebrali contro quelli viscerali di Trump (laddove Sanders, annota Della Loggia, mobilita cuore e speranza contro pancia e rabbia).
Discorso lucido e interessante si diceva. E tuttavia: dove pescare un Sanders in Europa? E ancora: Sanders è proprio quell’omino dolce e privo di velleità antisistema che Galli della Loggia descrive nel suo articolo? Dall’autobiografia del senatore del Vermont (appena tradotta da Jaca Book: ne parleranno, fra gli altri, Marco d’Eramo e Giacomo Marramao martedì 7 giugno alla Fondazione Basso di Roma) emerge un profilo diverso. È vero che Sanders è un pacifista convinto e un uomo che ha sempre evitato di usare parole violente contro i suoi avversari politici, ma è anche vero che, oltre ad essere un irriducibile e ostinato avversario dell’establishment politico ed economico del suo Paese, parla apertamente di “rivoluzione”. Certo non nel senso della presa del Palazzo d’Inverno, ma sicuramente nel senso di una radicale ridistribuzione della ricchezza e della sovversione delle regole di una democrazia che si è progressivamente mutata in oligarchia.
Per trovare qualcosa di analogo in Europa occorre guardare a Podemos in Spagna, o alla sinistra populista di Mélenchon in Francia. E l’Italia? Visto che il Movimento5Stelle ha dismesso ogni velleità antisistema, l’unico candidato potrebbe essere proprio De Magistris, se decidesse di fondare un movimento nazionale. Che ne pensa Galli della Loggia? Temo che, anche ammesso che non condivida l’acrimonia di Buccini nei confronti del personaggio, difficilmente riconoscerebbe in lui il Cesare democratico.
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